Niger nel caos, Francia ed ECOWAS minacciano l’intervento militare
DA CESI | CENTRO STUDI INTERNAZIONALI (di Alessandro Di Martino)
Il 30 luglio, la capitale Niamey è stata teatro di una vasta manifestazione a favore del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (CNSP), la giunta militare che il 26 luglio scorso ha destituito il Presidente Mohamed Bazoum attraverso un golpe . Nel corso della marcia, alcune centinaia di manifestanti hanno assaltato l’Ambasciata francese , causando danneggiamenti, provocando il panico nel personale diplomatico e domandando il ritiro completo delle truppe transalpine dal Paese. Parallelamente, alcuni dei cittadini hanno inneggiato al Presidente Putin, sventolando bandiere russe e chiedendo il supporto di Mosca nella gestione della crisi.
Tuttavia, non tutta la popolazione civile nigerina sostiene i golpisti , appartenenti alle Forze Armate e alla Guardia Presidenziale e guidati dal Generale Abdourahmane Tchiani. Infatti, mentre nella capitale si inneggiava al CNSP, a Tahoua, nell’ovest del Paese, si registravano manifestazioni in supporto di Bazoum. La polarizzazione della società rispecchia pienamente la divisione istituzioni militari, riunite attorno alla giunta, e istituzioni civili, che supportano il Presidente democraticamente eletto.
Tale situazione espone il Paese ad alti rischi di guerra civile e arretramento democratico. Per questa ragione, una intensa e febbrile attività diplomatica è in corso per scongiurare il deterioramento della crisi. Ad esempio, il Presidente ciadiano Idris Deby è volato a Niamey per assumere la guida delle negoziazioni tra Bazoum e Tchiani, mentre cresce l’apprensione di Francia ed ECOWAS (Economic Community of Western Africa States).
La Francia è particolarmente interessata all’evoluzione degli eventi in Niger , in virtù della presenza di un contingente militare di circa 1500 uomini e del controllo delle miniere di uranio nel nord, dalle quali viene estratto il 30% dell’approvvigionamento di Parigi. Per questo motivo, il Presidente Macron ha deciso di mostrare fermezza contro i golpisti, promettendo di intervenire duramente qualora dovessero verificarsi degli attacchi contro cittadini o interessi francesi nel Paese.
Un’altra reazione intransigente è arrivata dall’ ECOWAS , di cui Niamey fa parte, che il 30 luglio si è riunita ad Abuja per discutere della crisi nigerina. L’organizzazione regionale ha imposto dure sanzioni, tra cui la sospensione di tutte le transazioni commerciali e la chiusura delle frontiere. Inoltre, l’ECOWAS ha concesso alla giunta militare un ultimatum di una settimana per restituire il potere a Bazoum . In caso contrario, l’organizzazione valuterà forme più muscolari di intervento per ristabilire lo status quo ante.
Il potenziale vuoto lasciato dall’Occidente potrebbe essere colmato dalla Russia che, come già fatto nei vicini Mali e Burkina Faso, potrebbe affidarsi al Wagner Group come strumento per aumentare la propria influenza nel Paese. Nonostante il Ministro degli Esteri russo Lavrov si sia unito all’unanime condanna del golpe, auspicando la liberazione del Presidente Bazoum e il conseguente ripristino dell’ordine costituzionale , è possibile che queste siano dichiarazioni di circostanza e che la Russia abbia già iniziato a lavorare per rafforzare i legami con la giunta militare nigerina tramite il Wagner Group. Infatti, il suo capo, Yevgeny Prigozhin, ha accolto con favore quanto accaduto in Niger e ha assicurato la disponibilità dei mercenari ad intervenire in supporto della giunta militare per ristabilire l’ordine nel Paese.
In conclusione, i recenti sviluppi del golpe in Niger lasciano presagire che le negoziazioni tra golpisti ed autorità civili potrebbero essere molto complicate , soprattutto a causa delle posizioni oltranziste dei militari. Questi ultimi, infatti, hanno dimostrato di non essere intimoriti dalle minacce francesi e, anzi, hanno disposto il blocco dell’export uranifero e aurifero verso Parigi. In questo contesto, un eventuale scivolamento del Niger nell’orbita russa o cinese, comprometterebbe ulteriormente gli interessi occidentali nel Sahel (lotta al terrorismo jihadista, contrasto alla criminalità organizzata e al flusso migratorio illegale) e ne indebolirebbe drammaticamente il ruolo, soprattutto dopo la perdita di influenza in Mali e Burkina Faso dopo i rispettivi colpi di Stato militari.
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