L’anno scorso, gli scienziati della Monash University hanno creato il “DishBrain”, un chip informatico semi-biologico con circa 800.000 cellule cerebrali umane e di topo coltivate in laboratorio nei suoi elettrodi. Dimostrando una sorta di senzienza, ha imparato a giocare a Pong in cinque minuti. La ricerca – intrapresa in collaborazione con la startup Cortical Labs di Melbourne – ha ora ottenuto una sovvenzione di 407.000 dollari dal programma australiano National Intelligence and Security Discovery Research Grants.
Il DishBrain è un chip creato dalla Monash University in Australia e dalla società biotecnologica australiana Cortical Labs. Contiene 800.000 cellule cerebrali umane e di topo coltivate in laboratorio. Questo sistema è stato in grado di imparare da solo a giocare al classico videogioco Atari Pong del 1972 in soli cinque minuti.
Il DishBrain è un mix di neuroni estratti da topi embrionali e neuroni umani cresciuti da cellule staminali. Queste cellule sono coltivate su un array elettrico e il sistema è un’installazione in vitro per la stimolazione elettrofisiologica e la registrazione. Gli scienziati sono riusciti ad addestrare una popolazione di cellule cerebrali a giocare a Pong, fornendo stimolazione e feedback.
L’array di microelettrodi al centro del DishBrain era in grado di leggere l’attività delle cellule cerebrali e di stimolarle con segnali elettrici, così il team di ricerca ha creato una versione di Pong in cui le cellule cerebrali venivano alimentate con uno stimolo elettrico in movimento che rappresentava il lato dello “schermo” in cui si trovava la palla e la distanza dalla racchetta. Hanno permesso alle cellule cerebrali di agire sulla racchetta, spostandola a destra e a sinistra.
Dopo di che, i ricercatori hanno messo a punto un sistema di ricompensa molto elementare, sfruttando il fatto che i piccoli gruppi di cellule cerebrali tendono a cercare di ridurre al minimo l’imprevedibilità del loro ambiente. Quindi, se la paletta avesse colpito la palla, le cellule avrebbero ricevuto uno stimolo piacevole e prevedibile. Ma se la palla veniva mancata, le cellule ricevevano quattro secondi di stimolo totalmente imprevedibile.
Secondo il Chief Scientific Officer di Cortical Labs, Brett Kagan, questo è un’ampia prova che le reti di neuroni coltivate, se fornite di stimolazione e feedback, sono in grado di apprendere e sono “senzienti” (lo mettiamo tra virgolette perché nel contesto in cui viene usato può essere capito come un sinonimo di “capaci di funzionare”). Al momento del rilascio alla comunità scientifica, i fondatori hanno detto che con ulteriori perfezionamenti, il DishBrain potrebbe essere utilizzato per indagare sui meccanismi dell’intelligenza, studiare gli effetti dei farmaci sui neuroni o sviluppare intelligenza artificiale migliore basata su una sintesi di componenti biologici e ingegnerizzati.
Tanto impressionanti che, appunto, la ricerca – intrapresa in collaborazione con la startup Cortical Labs di Melbourne – ha ora ottenuto una sovvenzione di 407.000 dollari dal programma australiano National Intelligence and Security Discovery Research Grants.
Questi chip programmabili, che fondono l’informatica biologica con l’intelligenza artificiale, “in futuro potrebbero superare le prestazioni dell’hardware esistente, basato esclusivamente sul silicio”, afferma il professore associato Adeel Razi, responsabile del progetto.
Un’immagine al microscopio elettronico a scansione di neuroni DishBrain che crescono su un array di elettrodi (fonte Cortical Labs)
A chi scrive la cosa fa sorgere più domande e dubbi che certezze non solo di natura etica ma anche sulla plasticità del sistema. Un sistema così flessibile è molto sensibile a il contesto. Come si può garantire che non impari, come i viventi, cose sbagliate o che magari non diventi “addicted” a qualcosa?
Da un punto di vista più sistematico provo ad elencare alcune delle domande che affiorano da questo annuncio. Le implicazioni etiche dell’utilizzo di DishBrain riguardano principalmente la sperimentazione su cellule cerebrali umane e animali, la creazione di entità semi-viventi e semi-meccaniche e il futuro dell’apprendimento automatico.
Si discute tantissimo sull’uso egli animali nella sperimentazione. Qui abbiamo una vera e propria sorgente animale: dovremmo poter chiarire , senza possibilità di equivoci, se il tipo di sorgente animale (topi embrionali o cellule staminali umane) influisca sull’etica della ricerca e dell’utilizzo di DishBrain. Questo elemento si connette strettamente al tema dell’origine delle cellule: quanto l’origine, specie quelle umane, delle cellule utilizzate ha uno statuto etico (provengono, solo per fare un esempio, da donatori consenzienti? Che tipo di consenso informato è stato richiesto?).
Un problema non secondario riguarda quello che potremmo definire il paradosso della nave di Teseo. Il paradosso della nave di Teseo è un esperimento mentale che riguarda la persistenza dell’identità originaria di un’entità le cui parti cambiano nel tempo. Questo paradosso è riportato da Plutarco ed è formulato su la nave con cui Teseo e i giovani di Atene tornarono da Creta: la nave aveva trenta remi e veniva conservata dagli Ateniesi, che sostituivano le vecchie assi man mano che marcivano, mettendo al loro posto legno nuovo e più resistente. Di conseguenza, la nave divenne un esempio tra i filosofi per la questione logica riguardante le cose che mutano. Il paradosso solleva interrogativi sulla natura dell’identità e del cambiamento:
– Se tutte le parti originali della nave di Teseo vengono sostituite, la nave rimane la stessa entità?
– A quale punto, se mai, la nave smette di essere la nave originale di Teseo e diventa qualcosa di diverso?
Il paradosso della nave di Teseo è uno dei grandi classici nell’ambito della filosofia e continua a stimolare dibattiti e riflessioni sulla natura dell’identità e del cambiamento e che qui possiamo non solo utilizzare per interrogarci sulle qualità del chip nel divenire delle cellule che sono fuse al suo interno con l’elettronica ma anche per farci domande più radicali sulle dimensioni e complessità del chip: se la dimensione e la complessità del DishBrain influenzano la sua natura e, di conseguenza, il suo status etico: un sistema più grande o più complesso ha maggiori implicazioni etiche? Qual’è la soglia di questo passaggio da macchina a vivente (se mai ci fosse)?
Un’immagine al microscopio di neuroni all’interno di DishBrain, con cellule evidenziate da marcatori fluorescenti (fonte Cortical Labs)
Continuando in questa direzione non possiamo non chiederci che cosa significhi la creazione di entità semi-viventi e semi-meccaniche. L’etica e la bioetica già si è interrogata sulle chimere biologiche, ora come dobbiamo capire la creazione di entità che sono a metà tra il vivente e il meccanico, e se ciò solleva problemi etici sulla loro natura e sui diritti che queste entità potrebbero avere?.
Chiaramente tutto questo influenzerà anche le AI e il machine learning. Quale sarà il futuro dell’apprendimento automatico. L’utilizzo di DishBrain e tecnologie simili potrebbe portare a un futuro in cui l’intelligenza artificiale è basata su componenti biologici, quali potrebbero essere le implicazioni etiche di tale sviluppo?
Insomma, in un momento in cui abbiamo più dubbi che certezze, una spinta così forte nella ricerca, con una matrice legata alla sicurezza nazionale e al mondo militare, che quindi non sempre garantisce un accesso aperto ai risultati, ci fa pensare e, ad essere onesti, anche preoccupare.
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