UE: lo stoccaggio di gas non è sufficiente per eliminare i rischi dell’inverno 2023-24
DA LA FIONDA (Di Fabrizio Russo)
Negli ultimi dodici mesi la domanda di gas nell’Unione Europea è diminuita tra il 10% e il 15%, ciononostante i prezzi del gas in Europa sono oggi più alti rispetto a quando i lavoratori della Chevron avevano iniziato a scioperare a settembre.
L’Unione Europea ha comunque accumulato quantità record di gas naturale nei suoi impianti di stoccaggio e lo ha fatto prima del previsto: gli impianti di stoccaggio dell’UE sono pieni quasi ai livelli di capacità.
La notizia del riempimento anticipato delle caverne di stoccaggio è stata diffusa per la prima volta in agosto da Bruxelles con comprensibile orgoglio. A metà agosto lo stoccaggio era pieno al 90%, un livello che originariamente era stato fissato come obiettivo da raggiungere entro novembre.
Bisogna inoltre sottolineare che i produttori di energia europei (ed i relativi fornitori) non si sono fermati solo a quel punto: all’inizio di ottobre lo stoccaggio di gas nell’UE era già pieno quasi al 100%.
Un quadro idilliaco quindi! Che dovrebbe risultare particolarmente rassicurante e, specie se prendiamo la comunicazione veicolata dai media mainstream, in effetti lo è in tutto e per tutto.
C’è solo un piccolo problema: tutti questi traguardi/obiettivi, raggiunti con indubbio successo, potrebbero non essere ancora sufficienti per garantire l’approvvigionamento di gas invernale. Dopo una simile (quasi “scandalosa”!) affermazione è ovviamente doveroso fare seguire il razionale che porta a simili forti conclusioni.
Partiamo però dalle argomentazioni più “soft”. L’anno scorso, i paesi europei hanno vissuto un inverno più mite del solito per gran parte della stagione in cui si riscalda artificialmente. Insomma, è stata una gradita manifestazione del cambiamento climatico date le preoccupazioni sulla sufficienza dello stoccaggio di gas. Alla fine, gran parte del gas acquistato a prezzi esorbitanti durante l’estate è rimasto inutilizzato nei depositi a causa delle “favorevoli” condizioni meteorologiche.
Nonostante l’inverno mite e lo stoccaggio completo, i governi europei hanno però comunque imposto misure di austerità energetica ai grandi consumatori. Quest’anno, verosimilmente, l’iter non sarà diverso: lo stoccaggio sarà anche pieno fino all’orlo ma verranno adottate, comunque, analoghe iniziative di risparmio energetico, comprese quelle obbligatorie, quali ad esempio quelle recentemente votate in Germania. Questo non solo per “spingere” la transizione energetica: il motivo di base è un altro.
Perché una cosa che spesso i commentatori dimenticano quando parlano dello stoccaggio del gas europeo è che questo non copre il 100% dei consumi!
Secondo la stessa UE, la capacità di stoccaggio del gas naturale nell’Unione Europea copre circa un terzo della domanda. C’è spazio per immagazzinare fino a 100 miliardi di metri cubi di gas naturale nel blocco, ovvero il 33% di ciò che consuma: ben lungi dall’essere sufficiente se parliamo di sicurezza dell’approvvigionamento.
Poiché lo stoccaggio può coprire solo un terzo del consumo europeo – o forse un po’ di più se assumiamo che le misure di austerità energetica funzioneranno quest’anno altrettanto bene come l’anno scorso – i paesi europei dovranno continuare a importare gas naturale liquefatto durante l’inverno. A meno che, ovviamente, l’Europa non sia nuovamente fortunata con il cambiamento climatico e goda di un altro inverno insolitamente caldo.
I funzionari europei si sono impegnati lo scorso anno per trovare modi per migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento di gas. C’è stato l’accordo per l’acquisto congiunto del gas, che sembra funzionare così bene che Bruxelles sta pensando di renderlo un appuntamento fisso nella vita dell’UE. Si parlava di acquistare più gas dall’Azerbaigian, ma dopo gli ultimi eventi nel Nagorno-Karabakh l’idea è naufragata.
Nel frattempo, come sopra accennato, la domanda di gas nell’Unione Europea è diminuita tra il 10% e il 15% negli ultimi 12 mesi grazie agli sforzi del governo e ai prezzi. Secondo John Kemp della Reuters ci sono poche possibilità di una ripresa della domanda, dato che anche quest’anno è rimasta contenuta, nonostante una maggiore sicurezza dell’offerta.
Quanto sia vulnerabile l’offerta di gas in Europa è stato recentemente dimostrato dai movimenti dei prezzi nel contesto della controversia sindacale nei progetti Gorgon e Wheatstone LNG della Chevron in Australia. L’Europa non è un grande acquirente di GNL australiano, ma l’Australia è il più grande esportatore mondiale e qualsiasi interruzione della fornitura australiana interrompe l’offerta globale, creando effetti a cascata!
Così, quando i lavoratori dei progetti Chevron iniziarono a scioperare, i prezzi del gas in Europa aumentarono del 13% in un solo giorno. In tutta onestà, non sono ancora lontani dal punto in cui si trovavano nell’estate del 2022, ma un aumento giornaliero dei prezzi del 13% è ancora considerevole.
È interessante notare che i prezzi sono attualmente più alti rispetto a quando i lavoratori della Chevron hanno iniziato a scioperare a settembre. Poi, il primo giorno di sciopero, il prezzo TTF di riferimento in Europa è salito a 34,50 euro per megawattora. Negli ultimi giorni, il contratto TTF con consegna di gennaio, secondo Reuters, veniva scambiato intorno ai 38 euro per MWh, mentre il contratto con consegna a gennaio veniva scambiato intorno ai 44 euro.
Questo è il prezzo da pagare per fare affidamento su un mercato globale del gas naturale liquefatto che, come abbiamo visto l’anno scorso, può facilmente trasformarsi in un mercato dei venditori (che impongono quindi il prezzo), qualunque siano i piani degli acquirenti, compreso un efficacie (… ma non in tutte le situazioni …) cartello di compratori. Con conseguenze paradossali per le campagne di riduzione dell’inquinamento di cui proprio l’Europa è uno dei primi promotori: l’anno scorso, l’Europa ha infatti escluso dal mercato i paesi più poveri, spingendoli nuovamente al carbone. Tuttavia, anche se questo potrebbe essere dubbio dal punto di vista della lotta al cambiamento climatico, era la cosa più naturale da fare per gli europei: garantirsi l’approvvigionamento energetico.
Quest’anno, l’Europa sembra accontentarsi della consapevolezza che le sue caverne di stoccaggio del gas sono piene e, con prelievi stagionali medi inferiori a 600 TWh, le possibilità di una carenza sono scarse. Naturalmente, c’è anche il minor consumo di energia da parte degli utenti industriali, che può essere positivo per i livelli di stoccaggio del gas ma è negativo dal punto di vista della crescita economica, ma non attira molta attenzione, almeno da parte dei funzionari europei.
In un articolo di settembre riguardante la riduzione del consumo di gas industriale, Kemp della Reuters ha spiegato la situazione in modo molto semplice. Notando la significativa riduzione dei consumi, che ha rafforzato la sicurezza dell’approvvigionamento per i mesi invernali, ha continuato scrivendo che “la regione (l’Europa) ha pagato un prezzo elevato in termini di riduzione dell’attività manifatturiera, che potrebbe portare a una deindustrializzazione permanente a meno che i prezzi del gas non vengano ridotti in modo significativo. entro i prossimi due anni”. Se da un lato ci si può rallegrare relativamente ad un orizzonte congiunturale di breve, dall’altro si intravedono lacrime amare per quanto riguarda l’orizzonte “strutturale” di medio-lungo termine. Attendiamo quindi, vigili e curiosi, di vedere come si svolgeranno gli eventi nei prossimi mesi, con un occhio al cielo (clima) ed uno agli schermi che riportano i grafici del prezzo del gas e le curve future dei relativi prezzi.
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