La forza di un esercito è spesso costituita dal timore che di esso hanno i suoi nemici, che ne hanno talmente tanto timore da non osare affrontarlo – o essere pronti ritirarsi alle prime difficoltà. Su questo fattore l’occidente ha poggiato per almeno un secolo, ed in particolare gli Stati Uniti ed Israele ne hanno consapevolmente fatto un’arma propagandistica efficacissima.
Un’arma che però, per quanto riguarda gli USA, è uscita assai logorata da un anno e mezzo di guerra in Ucraina, e per quanto riguarda Israele è andata in pezzi in 24 ore. Ma la cosa peggiore, per l’occidente e per questi due paesi in particolare, è che loro leadership politiche (ed in parte anche quelle militari) sono talmente impregnate da quest’idea di superiorità, che finiscono col crederci anche quando viene smentita dai fatti. Il che, inevitabilmente, porta a commettere errori tali che, in guerra, possono rivelarsi esiziali.
Se guardiamo a ciò che sta accadendo in Palestina, al di là del massacro a distanza operato dall’aviazione israeliana su Gaza (le cui conseguenze politiche è comunque illusorio pensare non abbiano riflessi sull’azione militare), sembrerebbe di assistere esattamente ad un caso tipico di accecamento da eccesso di autostima.
Come si evince dalle mappe [1], l’operazione di terra portata avanti dall’IDF – ormai da giorni – mostra chiaramente il disegno strategico israeliano. Per un verso, circondare completamente Gaza City ed i sobborghi, a nord, e per un altro tagliare in due il territorio della Striscia, poco sopra il corso del Wadi Gaza.
La prima cosa che salta agli occhi è che sinora le forze israeliane si sono spinte in aree non abitate, avvicinandosi alla grande conurbazione urbana di Gaza City ma senza impegnarla. Questo, ovviamente, ha reso più facile l’avanzata, poiché le forze corazzate hanno gioco (relativamente) facile su terreno scoperto. Relativamente perché poi vediamo che, anche solo per queste avanzate d’assaggio, stanno pagando pesantemente pegno. Se guardiamo ad esempio la linea di penetrazione est-ovest, quella che punta a tagliare in due la Striscia, e che attraversa un territorio praticamente scoperto, risulta evidente che dopo alcuni giorni le forze dell’IDF sono avanzate solo di circa 4 chilometri, senza ancora essere arrivate al mare. Tenendo conto che, appunto, ciò avviene su un terreno pianeggiante, scarsamente urbanizzato, e soprattutto dove non c’è né un esercito schierato a difesa, né tantomeno linee difensive strutturate.
Risulta pertanto quasi incredibile la lentezza con procede questa direttrice di penetrazione.
Ma, per quanto riguarda appunto questo settore, quello che risulta quanto meno poco chiaro è il vantaggio che ne deriverebbe, mentre ne risultano invece evidenti i rischi. Come già visto precedentemente [2], tagliare la Strisca lungo l’asse est-ovest, chiudendo le due autostrade nord-sud (la Salah ed-Din, già raggiunta, e la al Rashid sulla costa), non sarà di alcun ostacolo alle formazioni combattenti palestinesi, che si muovono attraverso tunnel sotterranei, ma semmai alla fuga dei civili da Gaza City, quando cominceranno i combattimenti in città. Il che si risolverà peraltro in un nuovo problema -politico e militare – proprio per l’IDF. Al contrario, espone le forze israeliane schierate lungo questa direttrice ad essere attaccate da ambo i lati, sia da sud che da nord.
Per quanto riguarda l’altro settore caldo, ovvero il tentativo di circondare Gaza City, anche qui emergono un paio di perplessità. Innanzi tutto, come si vede dalle mappe, le forze israeliane si sono spinte abbastanza in avanti soprattutto lungo la costa, segno che effettivamente intendono chiudere completamente il cerchio intorno alla città. Ma, ovviamente, come prima cosa c’è da chiedersi quale sia il senso di allungare l’accerchiamento dalla parte della linea di costa; è evidente che, con la marina israeliana a presidio, di certo il mare non è una possibile via di fuga. Come insegnano i russi in Ucraina, per chiudere il nemico in un calderone non è necessario accerchiarlo totalmente; se poi uno dei lati è una barriera insormontabile, a che pro presidiarla con le proprie truppe?
L’unico risultato prevedibile è che si allunga la catena logistica, e si assottiglia la cintura di forze impegnate nell’accerchiamento. Come si è detto più volte, con riferimento al conflitto russo-ucraino, qualunque dottrina militare insegna che la difesa è sempre assai più facile dell’attacco, e che per assicurare a questo buone possibilità di successo si dovrebbe mantenere un vantaggio numerico di almeno 4:1. In questo caso, invece, avendo evidentemente fin troppa fiducia nelle proprie capacità, Israele ha schierato due divisioni, cioè circa 20.000 uomini, che andranno ad affrontare circa 40/50.000 combattenti palestinesi. Trovandosi quindi già di partenza in inferiorità numerica, spalmare le proprie unità su una linea di fronte più lunga del necessario non ha molto senso. Last but not least, i reparti che andranno a coprire il lato ovest dell’accerchiamento si troveranno con il mare alle spalle, e quindi – in caso di necessità – non potranno arretrare, ma saranno costretti a ripiegare sempre lungo la costa, o in direzione nord o in direzione sud.
Un altro aspetto che, sotto il profilo tattico, si presenta sottovalutato, è per l’appunto il chiaro disegno di procedere ad una operazione di search and destroy all’interno dell’agglomerato urbano di Gaza. Questa è ovviamente la precondizione per tentare di conseguire l’obiettivo conclamato, ovvero la distruzione della forza combattente della resistenza, e della sua intera infrastruttura logistica. Al di là del fatto che tale operazione (che l’IDF stesso riconosce potrebbe richiedere mesi) si presenta assai complicata di per sé, in quanto si tratta di entrare in una città ostile, parzialmente distrutta, in condizioni di inferiorità numerica, e col nemico che (proprio in virtù dell’accerchiamento totale) non ha altra scelta che combattere sino alla morte, lo stato maggiore israeliano sembra aver rimosso un dato ben preciso. Le formazioni armate palestinesi, come hanno dimostrato il 7 ottobre, non solo hanno una vasta rete di tunnel sotterranei con cui spostarsi ed in cui rifugiarsi, ma questa rete (in larga misura sconosciuta all’IDF) si estende ben oltre il territorio della Striscia stessa. In occasione dell’attacco del 7 u.s., infatti, le unità palestinesi hanno utilizzato tunnel che arrivavano addirittura oltre la barriera di recinzione che racchiude il territorio della Striscia, per cui è ragionevole presumere che siano perfettamente in grado di aggirare le prime linee israeliane, per colpirle alle spalle (cosa che peraltro sta già accadendo). In pratica, un ottimo esempio di esfiltrazione [3] attiva.
Un po’ come è accaduto per la NATO in Ucraina, che ha spinto gli ucraini ad adottare tattiche pensate per un esercito di ben altra natura, e soprattutto per un conflitto di ben altra natura, sembrerebbe che l’IDF stia approcciando l’invasione di Gaza secondo uno schema teorico, che non tiene conto di sin troppe variabili, e che pertanto rischia di rendere estremamente difficile – ed ancor più oneroso – il conseguimento degli obiettivi prefissati.
E tutto questo avendo comunque il problema di difendere il paese da una serie di possibili nuovi fronti, la cui minaccia potrebbe divenire più concreta proprio nel caso in cui l’invasione di Gaza si prolungasse, e che quindi le forze armate israeliane si trovassero in una condizione di crescente difficoltà.
Vedremo nei prossimi giorni come si svilupperà l’avanzata delle forze israeliane, nonché quale sarà la risposta della resistenza palestinese, e dei suoi numerosi alleati nell’area. E continueremo ad analizzare gli accadimenti, cercando sempre di ricondurli al quadro strategico generale.
1 – Le mappe si di fonti diverse, ma relative alla situazione dello stesso momento (02/11/23), però mostrano una notevole discrepanza rispetto all’avanzata israeliana immediatamente a sud-est di Gaza City. Impossibile sapere al momento quale delle due sia la più precisa.
2 – Cfr. “Una guerra che può riservare sorprese”, canale Telegram di Giubbe Rosse
3 – Per esfiltrazione si intende l’azione di farsi superare dalle forze nemiche in avanzata, in modo tale da ritrovarsi alle spalle di queste. In questo caso, il medesimo risultato si otterrebbe non attraverso la mimetizzazione ed il posizionamento statico dei reparti da esfiltrare, ma appunto attraverso tunnel che consentono di superare le linee nemiche.
FONTE:https://giubberosse.news/2023/11/02/ancora-sul-dispiegamento-tattico-israeliano/
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