C’è un risultato veramente notevole, un vero record tra i tanti millantati ma fasulli che il governo Meloni potrebbe vantare per l’anno appena concluso, il 2023, che però non viene molto utilizzato nella retorica governativa. Si tratta dello spettacolare andamento della borsa italiana. L’anno scorso i titoli azionari sono saliti del 28%, un andamento veramente unico, anche a livello internazionale. Gli azionisti possono brindare a una annata da incorniciare. Nulla di male naturalmente, la salute della borsa dovrebbe segnalare, di solito, la salute dell’economia. Ma qui cominciano i problemi.

Qualcuno si potrebbe chiedere per quale strana alchimia mentre l’economia reale cresce di un misero 0,7% la borsa aumenta di 27 volte tanto. In definitiva l’andamento della borsa, e cioè della ricchezza finanziaria, dovrebbe essere in linea con quello della crescita della ricchezza reale. Il fatto che nel 2023 le due grandezze si siano mosse in maniera del tutto divergente, è una specie di rebus. Un enigma poi non così tanto misterioso nell’epoca del capitalismo finanziario, cioè quando la finanza stradomina l’economia reale, creando illusioni, vere o false, di ricchezza.

 

Per sbrogliare la matassa, conviene guardare agli indici settoriali della borsa, per capire quali siano stati i settori responsabili di questo miracolo italiano. Dai dati di Borsa Italiana risulta che tutti i macro indici settoriali si siano mossi in terreno ampiamente positivo, per usare il linguaggio borsistico. Sono ben quattro gli indici che hanno superato un incremento del 30%: l’indice delle materie prime, dei settori finanziari, dei settori produttivi e infine anche l’indice dei beni voluttuari. Anzi quest’ultimo ha avuto la crescita più brillante, ben il 44% di aumento in un anno. Diciamo che se vi è crisi economica, questa non è per tutti. C’è un solo un settore che ha segnato una decrescita, e anche pesante. Peggio di tutti ha fatto il settore immobiliare con una riduzione del 30%. In questo caso siamo di fronte a qualcosa che appare giustificato: la gente non compra più case semplicemente perché con i redditi fermi e tassi in aumento molti non sono più in grado di pagare le rate del mutuo.

Ma che cosa ha generato questa inedita crescita dei listini? Qui ci aiuta la teoria economica. Intanto c’è un movimento generale che sposta la ricchezza dalle obbligazioni alle azioni quando l’inflazione cresce. L’aumento dei prezzi, e del tasso di interesse, riduce il valore capitale delle obbligazioni e gli operatori, prevedendo questo, si muovono verso le azioni. Poi c’è un fattore più specifico del contesto italiano. Il prezzo delle azioni si muove, insegna ancora la teoria, sulla base dei profitti e delle aspettative di profitto. Ora è un fatto ben documentato che con salari fermi e prezzi in aumento i profitti delle imprese siano in Italia al massimo. Da questo punto di vista, la crescita dei listini dei bancari, degli assicurativi ma anche degli industriali non stupisce. Con profitti record, anche i titoli volano.

Se prendiamo Stellantis, in un anno le azioni sono passate da 13 euro a 21 euro con un aumento quindi del 60%. In un contesto ampiamente problematico di transizione dell’automotive è un risultato che pochi potevano immaginare. Ancor meglio ha fatto UniCredit, passando da 13 a 25 euro, sempre in un anno. In definitiva, si può pensare che la borsa italiana abbia capitalizzato gli spettacolari profitti di guerra portati a casa dalle imprese a spese sia dei consumatori come pure dei lavoratori. Gli extraprofitti sono stati intascati da quel 20% di Italiani che possiede titoli azionari: tutti gli altri possono stare a guardare.

 

Si poteva mettere il guinzaglio a questa borsa scatenata, oppure dobbiamo accettare le regole del capitalismo finanziario che guarda solo agli interessi degli azionisti? Sicuramente si, andando a ridurre almeno gli extraprofitti. Ma su questo versante la politica è stata veramente debole, quella dei super tecnici ma ancor peggio ha fatto quella dei politici. Per esempio, la promessa tassazione degli extraprofitti bancari si è risolta in uno spettacolo comico ma anche amaro per i contribuenti. Con Meloni e Salvini partiti, lancia in resta, dichiarando che lo Stato avrebbe intascato parecchi miliardi, il risultato è stato zero, ed anzi a tutto vantaggio delle banche. Credo che raramente la politica sia stata presa in giro, e con essa tutti i cittadini, in maniera così completa e plateale.

Ritorniamo allora al punto di partenza. Adesso è chiaro perché la Meloni non rivendichi, ma anzi probabilmente provi un grande imbarazzo, per il boom di borsa targato 2023. Uno dei punti salienti del programma della destra sociale è sempre l’attacco alle rendite finanziarie. Una volta al governo, invece è accaduto esattamente l’opposto e sotto la Meloni la borsa non è mai andata così bene. La destra sociale ha perso completamente la sua bussola identitaria, andando ad ingrassare, per così dire, le rendite dei capitalisti. Il governo di destra ha fatto quello che fanno tutti i governi conservatori: ha regalato parecchi miliardi agli amici azionisti.

E nel 2024 il miracolo si potrà ripetere? Gli operatori finanziari, intervistati, dicono che per l’anno nuovo non si sa come andranno le cose. Difficile che si possa ripetere il miracolo del 2023. Furbescamente si tengono coperti e sperano in altra inflazione e altra tolleranza della politica. Che la finanza cresca quando l’economia arranca non è una novità ma uno dei difetti fondamentali del capitalismo, sempre più monopolistico, di oggi. Alla politica il compito di porvi rimedio. Su questo anche la destra sociale ha mostrato una rara incapacità. Naturalmente quella imprenditoriale o parassitaria brinda, come in una delle scene finali del bel film di Paolo Virzì, Il capitale umano.