La Ue va in guerra e l’Italia è in prima fila
DA LA FIONDA (Di Federico Giusti)
Le dichiarazioni di Borrel sulla scia del documento Ue denominato la Bussola Europea. Ormai la Ue si sta preparando alla guerra.
“La guerra è intorno a noi, all’orizzonte”. I venti di guerra trovano i propri cantori nei leaders europei come Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la sicurezza al forum Nueva Economia per il quale “Una guerra convenzionale ad alta intensità in Europa non è più una fantasia”.
Sul ruolo di guerra della Ue non abbiamo mai nutrito dubbi di sorta, almeno a partire dai Balcani nel 1999; allora le sinistre parlavano di Europa di pace e le spinte al conflitto sotto l’egida Onu e Nato erano assai forti, diremmo preponderanti.
Borrel ricorda che “l’ombrello protettivo americano non sarà necessariamente presente in futuro”, da qui la prospettiva di un esercito europeo autonomo e capace di intervenire ovunque lo richieda la salvaguardia degli interessi economici, finanziari e militari. Gli ordini Usa ai suoi vassalli europei sono chiari: organizzatevi, in accordo con la Nato, ma aumentate le spese e gli investimenti militari.
A ragione anni fa scrivevamo che il documento programmatico denominato Bussola Europea rappresentava una svolta nelle relazioni internazionali individuando alcune priorità nella politica economica e militare Ue, tra le quali la costruzione di un esercito comunitario in collaborazione con la Nato ma anche capace di intervenire autonomamente; a distanza di pochi anni quegli obiettivi sono stati ulteriormente rafforzati e da tempo sono ormai imperanti nelle scelte politico economiche.
Il sostegno della Ue alla guerra Nato in Ucraina rappresenta la svolta di questo nuovo corso fino al progetto di escludere la spesa militare dei singoli paesi dai vincoli di spesa imposti da Maastricht.
Non ci sembra che la Unione Europea abbia garantito “70 anni di pace”; quanto avvenuto nei Balcani e la chiusura delle frontiere, la strage di migliaia di migranti nel Mediterraneo, il sostegno ad Israele e all’intervento in Libia sono ormai fatti consegnati alla storia che smentiscono luoghi comuni e ricostruzioni antistoriche.
Le guerre sanguinose che hanno coinvolto negli ultimi 30 anni la UE smentiscono quella idea di Europa di pace con la quale giustificarono la nascita della alleanza politica nel vecchio continente. La UE non ha portato alcuna pace e oggi si prepara esplicitamente alla guerra, dopo avere contribuito all’allargamento della Nato nell’est e nord, dopo avere avviato un cospicuo piano di riarmo.
Per anni in realtà la spesa militare è stata ridotta, alcuni paesi hanno eliminato la leva obbligatoria affidando la difesa a militari di professione impiegati sotto l’egida Onu e Nato in varie missioni che solo uno stolto potrebbe definire umanitarie.
Sono tuttavia cambiati gli scenari internazionali e anche i rapporti di forza, gli Usa hanno contribuito, con l’assenso e l’aiuto europeo, a costruire delle potenze militari regionali come la Turchia per non parlare di paesi in altri continenti particolarmente attivi nell’acquisto di armi. E queste potenze oggi giocano un ruolo nevralgico che impensierisce i blocchi economici del vecchio continente.
La NATO, l’ombrello nucleare a stelle e strisce, era sufficiente, al di là della potenza coloniale francese che agiva in autonomia nel continente africano, a garantire all’Europa una tranquillità ripagata con le servitù militari e la cieca obbedienza agli Usa; oggi gli scenari sono decisamente cambiati.
L’ampliamento della NATO ha aperto nuovi scenari e il desiderio Ue di inserirsi negli scenari di guerra è sempre più forte pensando che una presenza militare faccia da volano all’inserimento delle proprie multinazionali.
La guerra oggi viene giudicata imminente e la corsa agli armamenti è già iniziata con vasti investimenti nelle tecnologie militari e in quelle dual use in collaborazione con Israele e gli stessi Usa.
La guerra in Ucraina ha indebolito la Ue economicamente, industrialmente e politicamente, per uscire dall’impasse il ricorso alla guerra e alla militarizzazione parrebbero la sola strada percorribile anche attraverso la crescente presenza delle forze armate nelle scuole, delle imprese di armi e delle fondazioni ad esse legate negli atenei e nella ricerca.
Un grande piano di riarmo sta avvenendo in Germania, in Italia Fincantieri è all’avanguardia nella guerra marina.
Fincantieri da tempo giudica il mercato sottomarino emergente e degno di grandi investimenti: potrebbe fruttare 400 miliardi di dollari entro il 2030. Un quarto di questo, ha previsto, proverrà dalla difesa, che ha descritto come il mercato “a breve termine”. A medio termine, il mercato del petrolio, del gas e dell’energia, che secondo le sue previsioni sarà più grande del mercato militare. E in prospettiva, l’azienda vede un mercato in crescita nell’acquacoltura.
“Siamo molto attenti alla crescita delle capacità subacquee, perché crediamo che il nostro Paese [l’Italia] dovrà occuparsi del Mar Mediterraneo”, ha dichiarato Pierroberto Folgiero, AD di Fincantieri. Nelle acque intorno all’Italia, ha osservato, “ci sarà sempre più congestione… per l’immigrazione, per i sottomarini russi, per i cavi, per i fondali marini, per l’estrazione dei fondali marini”.
Molte delle stesse tecnologie che verrebbero utilizzate per l’industria del petrolio e del gas potrebbero avere anche applicazioni per la difesa. Per esempio, Folgiero ha detto che l’azienda è “concentrata” sullo sviluppo di un concetto di “nave madre” specifico per le operazioni subacquee. Questa piattaforma funzionerebbe con veicoli a comando remoto, che sarebbero utili per l’industria del petrolio e del gas – o per lo sminamento di un corpo idrico.
In Medio Oriente, a febbraio l’azienda ha annunciato una nuova partnership con EDGE Group, il campione nazionale degli Emirati Arabi Uniti. In base all’accordo EDGE detiene il 51% della joint venture; l’azienda emiratina assumerà la guida delle vendite per i Paesi non appartenenti alla NATO. Al di là del Golfo, per Fincantieri il rapporto con Abu Dhabi rappresenta una “porta” verso l’Africa subsahariana che dovrebbe aprire dei mercati, ha detto Folgiero.
Nel Sud Est asiatico il 28 marzo l’azienda ha firmato un contratto da 1,18 miliardi di euro (1,27 miliardi di dollari) con l’Indonesia per la fornitura di due Multipurpose Offshore Patrol V
Il gigante italiano della cantieristica navale Fincantieri crede che il futuro sia sott’acqua – e sta lavorando per posizionarsi in modo da trarre vantaggio dai mercati della difesa e commerciali che emergeranno. “Il sottomarino sarà ciò che lo spazio è stato 40 anni fa”, ha detto l’Amministratore Delegato dell’azienda a Breaking Defense durante una recente visita a Washington – il che significa che, sebbene sia relativamente agli inizi, ci sarà un grande impulso per le tecnologie a doppio uso, uno sviluppo che Fincantieri vuole anticipare.
Il fatto che l’azienda italiana abbia una storia di costruzione navale sia nel settore della difesa che in quello commerciale la posiziona bene per muoversi in questa direzione, ma il modo più semplice per guadagnare trazione potrebbe essere quello delle fusioni e delle acquisizioni. Recenti rapporti hanno affermato che Fincantieri sta cercando di acquistare l’unità sottomarina Whitehead Alenia Sistemi Subacquei (Wass) di Leonardo.
Interrogato su queste notizie, Folgiero ha evitato di entrare nei dettagli, ma ha riconosciuto che l’azienda si sta guardando intorno. L’azienda sta cercando di raggiungere accordi con altre aziende operanti nel settore, concentrandosi sulle aree dove ci sono maggiori opportunità di sviluppo e vendita, cioè Medio Oriente e Sud Est asiatico.
L’Italia si troverà al centro dell’evoluzione della guerra sottomarina, con e senza equipaggio. Storicamente la Penisola ha una lunga tradizione sommergibilistica, che risale agli albori dell’esplorazione sottomarina, con il prime mezzo, il Delfino, costruito nel 1890 ed entrato in servizio nel 1896.
L’Italia quindi ha sviluppato anche una notevolissima conoscenza nell’uso dei mezzi d’incursione sottomarina, prima con la X MAS e quindi con il Consubin.
Attualmente l’Italia ha otto sommergibili in servizio, tutti a propulsione convenzionale, da attacco. Si tratta di quattro della classe Todaro, S212, costruiti in collaborazione con la Germania, e quattro classe Nazario Sauro, più vecchi, due dei quali saranno dismessi e sostituiti con mezzi più moderni.
L’Italia è circondata da una rete di gasdotti sottomarini dalla Tunisia, dalla Libia e dall’Albania. Quindi è al centro di una fitta rete di cavi sottomarini per telecomunicazioni. L’ambito d’azione della Marina Militare è quello del “Mediterraneo allargato”, sino a comprendere il Mar Rosso, la parte d’Atlantico nei pressi del Nord Africa e dell’Europa, e il Mar Nero. e questo raggio d’azione non globale facilita lo sviluppo di mezzi specializzati.
Tra l’altro Fincantieri si è accordata con SAIPEM per lo sviluppo di droni sottomarini per il controllo di gasdotti ed oleodotti. Uno strumento necessario per la sicurezza energetica…..
Gli scenari economici e militari sono sempre più intrecciati e chi pensa che possa esistere una tecnologia neutra e a fini di pace farebbe bene a ricredersi e senza perdere altro tempo
Bibliografia
https://scenarieconomici.it/la-germania-piazza-un-mega-ordine-di-armi-da-7-miliardi-di-euro
https://www.patriagroup.com/products-and-services/protected-mobility-and-defence-systems/vehicles
https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/strategic-compass
FONTE: https://www.lafionda.org/2024/04/13/la-ue-va-alla-guerra-e-litalia-e-in-prima-fila/
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