In Nuova Caledonia è scoppiata una violenta rivolta per l’indipendenza dalla Francia
di L’INDIPENDENTE (Monica Cillerai)
Scontri, strutture pubbliche ed esercizi commerciali incendiati, saccheggi, blocchi stradali; la Nuova Caledonia, soprattutto l’area della Grande Nouméa è da due giorni teatro di violente proteste contro la riforma costituzionale francese, che mira a modificare le regole elettorali della colonia nel mar Pacifico, con il fine – secondo le accuse di chi protesta – di mettere in minoranza la popolazione autoctona dell’isola e poter così sopire le spinte indipendentiste. Durante gli scontri avvenuti all’alba del 15 maggio tre giovani, tutti dell’etnia indigena Kanak, sono rimasti uccisi, almeno uno a causa di colpi di arma da fuoco. Centinaia i feriti, circa 140 gli arresti. Anche un centinaio di agenti di polizia e gendarmi sono rimasti feriti. La controversa riforma costituzionale è stata approvata questa notte dall’Assemblea nazionale francese con 351 voti a favore e 153 contrari, alimentando ancora di più la rabbia degli indipendentisti e di coloro che temono un ritorno del colonialismo, anche se in salsa democratica.
«Siamo in uno stato di guerra civile», ha scritto Sonia Backès, presidente della Provincia Sud dell’arcipelago, chiedendo la dichiarazione dello stato di emergenza e l’invio dell’esercito in una lettera indirizzata al presidente francese Emmanuel Macron. «Senza un intervento massiccio e urgente da parte dello Stato, perderemo il controllo della Nuova Caledonia (…) Siamo in una situazione che definirei insurrezionale», ha dichiarato l’Alto Commissario Louis Le Franc. Le immagini che circolano sui social network mostrano grossi incendi, uno dei quali ha devastato una delle principali fabbriche della città e un supermercato, e un denso fumo nero su Nouméa. Un complesso sportivo nel quartiere Magenta è stato completamente distrutto dalle fiamme, così come anche alcune scuole ed altri edifici pubblici. Saccheggi di supermercati anche nelle città di Dumbéa e Le Mont-Dore. La polizia denuncia di essere stata ataccata con armi da fuoco. Molti giovani hanno occupato strade e rotatorie confrontandosi con le forze dell’ordine, mentre i detenuti del penitenziario di Nouméa hanno tentato due evasioni in tre giorni. In risposta, il presidente Emmanuel Macron ha convocato una riunione d’urgenza del Consiglio di Difesa e Sicurezza Nazionale, che questa mattina ha stabilito l’imposizione del coprifuoco dalle 18.00 alle 6.00, che sarà prolungato «per tutto il tempo necessario»; il divieto di raduni in tutta l’area della Grande Noumea e la vendita di alcolici in tutto l’arcipelago. L’Alto Commissario invita «la popolazione a rimanere nelle proprie case per le prossime ore». Anche le scuole e i collegi sono stati chiusi, così come i voli commerciali dell’aeroporto de La Tontouta.
Questa esplosione di violenza arriva in un momento in cui l’arcipelago è scosso da settimane da manifestazioni organizzate dal movimento pro-indipendenza contro la riforma costituzionale ora approvata dell’Assemblea nazionale. L’intenzione del governo è lo “scongelamento” delle liste elettorali “speciali” istituite dopo gli accordi di Nouméa del 1998. Dagli accordi di Nouméa, la Nuova Caledonia ha non una ma due liste elettorali: la lista generale, che dà diritto a partecipare alle elezioni nazionali (presidenziali e legislative); e la lista speciale, che dà diritto a votare alle elezioni provinciali. Per essere inseriti nella lista speciale, più ristretta rispetto a quella generale, bisognava soddisfare un certo numero di condizioni stabilite nel 1998: all’epoca, in particolare, bisognava aver vissuto in Nuova Caledonia per almeno dieci anni. Le liste speciali – come richiedeva gran parte della popolazione autoctona – rimasero “congelate” a quel tempo, per limitare l’influenza dei numerosi francesi che venivano a vivere sull’isola.
La Nuova Caledonia infatti, colonia penale e successivamente colonia di popolamento situata nell’Oceano Pacifico a più di 15mila chilometri da Parigi, ha visto una massiccia immigrazione incoraggiata dalla Francia che ha reso i kanak minoritari nel loro paese: oggi costituiscono solo circa il 40% della popolazione. Il governo francese, così come i “lealisti”, vogliono lo scongelamento delle liste, permettendo in concreto ad altre 25.000 persone – principalmente francesi – su una popolazione di 270mila di iscriversi alle liste elettorali. Gli indipendentisti kanak chiedono che la proposta venga ritirata. Nel passato si sono svolti tre referendum per l’indipendenza dell’isola e tutte le volte hanno vinto i no, anche se l’ultimo – nel 2021 – è stato boicottato da tutte le organizzazioni indipendentiste e kanakensi che non ne hanno riconosciuto la legittimità. Per loro, solo le attuali disposizioni, che congelano l’elettorato ai nativi e ai residenti arrivati prima dell’accordo di decolonizzazione di Nouméa del 1998, possono proteggerli dalla “ricolonizzazione”. Il movimento pro-indipendenza infatti accusa Parigi di star forzando la questione per ridurre ulteriormente il peso della popolazione indigena dei Kanak.
L’opposizione ha anche criticato la decisione di nominare la presidente della Provincia del Sud, Sonia Backès, non indipendentista, come segretario di Stato nel 2022, e la nomina di un altro lealista eletto a La Caillou, Nicolas Metzdorf, come relatore del progetto di legge costituzionale.
Alla rabbia per questa riforma si aggiunge la rabbia sociale in un arcipelago dove oltre il 25% dei giovani è disoccupato e dove la crisi del nichel – la principale risorsa economica della Nuova Caledonia – desta le maggiori preoccupazioni. Lo dimostra la messa fuori servizio, pochi mesi fa, di uno dei tre maggiori impianti del settore, KNS, in seguito al crollo generale dei prezzi e alla fulminea ascesa dei concorrenti indonesiani. Le tensioni sembrano quindi destinate a continuare.
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