Il liberalismo estremo di Javier Milei in rapporto a quello italiano
da LA FIONDA (Andrea Lombardi)
L’estremo liberalismo di Javier Milei, chiamato anche anarco capitalismo, è riconducibile dal punto di vista accademico alla teoria di Robert Nozick dello stato minimo.
Il progetto di Nozick consisteva nella creazione di una forma statuale in cui non esistesse il welfare e il bene pubblico, ma solamente uno “stato” capace di garantire protezione e sicurezza ai propri cittadini.
Da quando è stato eletto il presidente argentino ha promosso politiche di liberalizzazione totale, tagli al welfare continui e smantellamento della pubblica amministrazione.
Il “decreto motosega” del gennaio 2024 prevede, infatti, la privatizzazione di alcune aziende pubbliche, l’eliminazione del tetto degli affitti, la cancellazione di alcune norme che proteggono il consumatore dall’inflazione sui beni essenziali e soprattutto la limitazione del diritto allo sciopero. Analizzando la situazione sono le medesime politiche proposte in campagna elettorale dai liberali nostrani, che il governo Meloni continua a portare avanti (si veda infatti l’abolizione del reddito di cittadinanza). L’obiettivo del neopresidente Milei è quello di creare una casta di persone agiate, che versano in condizioni sociali di totale ricchezza, a discapito dei ceti sociali meno abbienti, costituiti per esempio dai figli di lavoratori a cui Milei ha fatto perdere il lavoro con le proprie politiche di privatizzazione. Guardare al presidente argentino come un qualcosa di estremo rispetto alla nostra destra di governo è un errore.
L’obiettivo di Milei, da lui stesso dichiarato, è lo smantellamento del settore pubblico a favore dei privati e delle grandi multinazionali. L’idea di “inefficienza” del settore pubblico è al centro di qualsiasi campagna elettorale portata avanti dalla destra italiana e dal centro sinistra liberista costituito dal partito democratico; è un’idea che nasce con l’antipolitica di Silvio Berlusconi al potere dopo lo scandalo di mani pulite degli anni ’90. Di Berlusconi si ricordano in particolare le numerose critiche all’apparato burocratico del nostro paese che non ci permetteva di essere “competitivi sul mercato”, e i commenti parecchio offensivi riguardo i dipendenti pubblici accusati di inefficienza e scarsa produttività.
La cosa che deve far riflettere è che coloro che si professano padri del liberalismo, piuttosto che rendere competitivo il settore pubblico per esempio con riforme tecnologiche, hanno preferito smantellarlo a favore del settore privato. Il liberalismo, secondo la dottrina di Adam Smith e seconda la concezione di John Locke, si basa sulla libera competizione e la libertà individuale. Come si concilia ciò col finanziare il settore privato a discapito del settore pubblico?
La libera competizione viene meno e anche la libertà di scelta che secondo i principi liberali è fondamentale. Che libertà di scelta ha una persona che non appartiene ai ceti sociali più ricchi con un settore privato inaccessibile e un settore pubblico smantellato e ridotto all’osso?
Si sta rischiando, da 20 anni a questa parte, di assomigliare sempre di più al modello americano, in cui le famiglie si indebitano a vita per far studiare i propri figli, e la sanità è un lusso per pochi.
Le destre che si professano liberali all’interno del contesto globale sono sempre più aggressive e grazie alle proprie tesi populiste riescono ad acquisire sempre più consensi.
Nel nostro paese, la destra di governo sta dimostrando significative carenze nella gestione amministrativa e una selezione discutibile dei ministri, molti dei quali sembrano inadeguati per i ruoli che ricoprono. Questa situazione sta avendo un impatto particolarmente negativo sui ceti sociali più deboli.
Uno degli esempi più evidenti di questa dinamica è rappresentato dai continui tagli al diritto allo studio. Tali tagli mirano a ridurre le opportunità educative per i figli delle famiglie della classe lavoratrice, aumentando così le disuguaglianze sociali ed economiche.
Con una formazione meno accessibile e di minore qualità, i giovani provenienti dalle classi lavoratrici avranno maggiori difficoltà a trovare lavori ben remunerati e stabili e ciò perpetua il ciclo della povertà e limita la mobilità sociale, consolidando le disuguaglianze esistenti.
In Argentina, la situazione politica ed economica sotto la leadership di Javier Milei presenta molte somiglianze con quella del nostro paese. Entrambi i contesti vedono una destra di governo attuare politiche che stanno aggravando le condizioni dei ceti sociali più deboli.
Tuttavia, i media tradizionali, sia in Argentina che nel nostro paese, tendono a rappresentare la situazione argentina come estrema e unica, non riconoscendo le analogie con le nostre difficoltà interne.
È cruciale riconoscere queste analogie per promuovere un dibattito pubblico informato e cercare soluzioni che proteggano i diritti e le opportunità per tutti i cittadini, indipendentemente dal loro background economico. E soprattutto risulta fondamentale per il futuro tenere a mente che la destra liberale, che sia europea o sudamericana, promuove sempre le stesse politiche, costituite da classismo e odio verso i deboli.
Commenti recenti