L’assassinio di Haniyeh a Teheran ci dice due cose.
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Daniele Perra)
L’assassinio di Haniyeh a Teheran ci dice due cose.
1) L’Iran ha gravi problemi sul piano della sicurezza interna. A questo punto non si può trattare solamente di infiltrazioni sioniste, di cooptazione di membri delle minoranze (curdi, azeri, balochi, in particolare) in ben determinati gruppi terroristi, o del MeK. È assai probabile, in questo caso specifico, che la “posizione” della Guida politica di Hamas sia stata venduta da rappresentanti delle stesse Forze di Sicurezza (è solo una ipotesi). Di sicuro, la Repubblica Islamica, questa volta, non potrà limitarsi all’atto dimostrativo come risposta.
2) L’assassinio di Haniyeh significa in primo luogo che non si vuole trovare alcuna via d’uscita diplomatica alla crisi. Nelle scorse settimane la Cina stava lavorando per la riappacificazione nazionale palestinese, trovando un accordo di massima tra Hamas e Fatah. A ciò si aggiunga che, storicamente, l’ala politica di Hamas è sempre stata quella più disposta al compromesso con Tel Aviv, a differenza dell’intransigente ala militare che, spesso e volentieri (anche per ovvi motivi di sicurezza), opera in autonomia quasi totale. A questo proposito, non è da escludere che lo stesso Haniyeh sia stato informato dell’operazione “Tempesta di al-Aqsa” del 7 ottobre quando la decisione di passare all’azione era già stata presa (ciò non significa che non fosse comunque a conoscenza dei suoi preparativi).
Appare dunque evidente che vi sia una chiara volontà a condurre questa guerra verso un punto di non ritorno.
#TGP #Israele #Iran #Haniyeh
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