La nuova dottrina nucleare russa contro le mosse (belliciste) NATO
di L’ANTIDIPLOMATICO (Fabrizio Poggi)
Ancora nuove forniture di armi e materiali militari alla junta nazista di Kiev da parte di USA e UE, mentre si parla, ovviamente, di «ricerca del dialogo» con Mosca e di «volontà di pace» euroatlantica. Tra il summit militar-banditesco alla base yankee di Ramstein, in Germania e il “forum economico” di Cernobbio tra ladroni mondiali, è stato tutto uno sbracciarsi per correre in aiuto alla «martoriata Ucraina» che, per bocca del nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij, come un automa, chiede ancora armi e armi e armi, per «finire la guerra in autunno»: ca va sans dire, con Kiev “vittoriosa” sulla Russia.
«Abbiamo bisogno della determinazione dei partner e anche dei mezzi per fermare il terrorismo aereo russo… E abbiamo bisogno di forti decisioni a lungo termine da parte dei partner per avvicinare la pace giusta che cerchiamo». “Lungo termine”: gioco di parole per chiedere armi a lunga gittata, il nullaosta per le quali è già stato accordato dai briganti in uscita Stoltenberg e Borrell, ma negato, per ora, da Washington.
E nessuno vuol fare la figura dello spilorcio nei confronti della “amata” Ucraina: Berlino e Varsavia litigano su chi manda più armi. Dopo i 250 milioni di dollari dagli USA (munizionamento per lanciarazzi multipli “HIMARS”, proiettili d’artiglieria da 155 e 105 mm, sistemi anticarro “Javelin” e “AT-4”, blindati “Bradley” e “M113” e anche motovedette), il Canada, rifugio sin dal 1945 dei peggiori banditi banderisti, elargisce 80.000 motori per razzi “CRV-7” e 1.300 testate, portando così a 3,3 miliardi di dollari gli aiuti a Kiev dal 2022. Londra invierà 650 razzi LMM “Martlet” antiaerei a guida laser e velocità 1,5 Mach, per 213 milioni di dollari. Berlino annuncia la consegna di 6 obici semoventi “Panzerhaubitz 2000” quest’anno e altri 6 l’anno prossimo, per una somma di 150 milioni di euro. Germania, Danimarca e Olanda insieme mandano a Kiev 77 carri “Leopard 1A5”. La Commissione europea destina a Kiev 40 milioni di euro in “aiuti umanitari” per l’inverno imminente.
Insomma: da un lato, i nazigolpisti chiedono guerra a oltranza – e, per farla, occorrono sempre più armi e nuova chair à canon da rastrellare tra gli ucraini rifugiati all’estero – «fino alla vittoria»; dall’altro, i loro sponsor yankee chiedono che siano gli “alleati” a sobbarcarsi il peso e la responsabilità di alimentare la guerra; dall’altra ancora, i fedeli europeisti sono ben contenti di addossare alle proprie classi inferiori il peso delle relative spese militari.
Ma, nei popoli, si deve instillare la “verità” che sia Mosca a «non volere la pace», mentre Washington e Bruxelles anelano alla “liberazione dell’Ucraina dall’occupante totalitario”.
Ecco però che il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov dichiara che il suo paese sarebbe pronto a tornare ai “principi di Istanbul” per la regolazione del conflitto. Quali erano quei principi? «Il non ingresso dell’Ucraina nella NATO, la conservazione del suo status di Paese fuori dai blocchi, insieme alla enumerazione delle garanzie per la sicurezza dell’Ucraina… quei principi rimangono in forze» ha detto Lavrov, aggiungendo che Mosca è disposta a tornare ad essi; naturalmente, tenendo conto delle condizioni venutesi a creare dopo il marzo 2022.
Alla luce delle ripetute esternazioni euro-atlantiche-majdaniste, c’è quantomeno da dubitare che qualcuno, a ovest, risponda con qualche segnale positivo che non siano le ormai stantie omelie sulla “pace” secondo le “formule Zelenskij” che, presentate in salse diverse, non significano altro che escalation a tutti i costi, pur con la simulata “melina” di un occidente che, come osserva Mikhail Rostovskij su Moskovskij Komsomolets, fa mostra di non decidersi a varcare il Rubicone della guerra aperta. Battono il passo di fronte all’ennesima “linea rossa”: dopo l’invasione della regione di Kursk, dicono tra di loro gonfiando il petto, non c’è stata alcuna risposta russa particolarmente terribile, né per noi, né per Kiev; dunque, perché non varcarne ancora una, più avanzata e più bellicista?
Così, anche alla luce delle «nuove realtà» citate da Lavrov, Mosca mette mano alla revisione della propria dottrina nucleare, come accennato dallo stesso Lavrov già a fine agosto.
Dunque, se lasciano il tempo che trovano “suggerimenti” come quello del politologo Sergej Aksënov su Svobodnaja Pressa, di ripetere su Zelenskij il raid missilistico con cui fu centrato, nell’aprile 1996, l’allora ras ceceno Džokhar Dudaev, è però da valutare con attenzione il dibattito attorno ai nuovi principi sull’impiego di armi atomiche, al vaglio in Russia.
«La Russia cambierà la propria dottrina nucleare sulla base dell’analisi degli ultimi conflitti e delle mosse occidentali relative all’operazione speciale» in Ucraina, ha dichiarato il 1 settembre alla TASS il vice Ministro degli esteri russo Sergej Rjabkov, ribadendo che «il lavoro è in fase avanzata e c’è una chiara predisposizione ad apportare correzioni» ai principi ora in vigore.
Secondo Rjabkov, la situazione internazionale è gravemente inasprita dalle azioni USA e dei loro alleati, e Mosca analizza in permanenza in che misura i propri documenti sulla deterrenza nucleare rispondano a tali sfide.
In effetti, osserva il politologo Sergej Karaganov, ancora su Moskovskij Komsomolets, l’attuale dottrina nucleare russa «è da molto tempo invecchiata», essendo sostanzialmente il «prodotto delle condizioni degli anni ’80», anche se rivista dopo il 2000. Karaganov si dice comunque contrario all’impiego di armi nucleari, anche in forma “limitata”, nel conflitto in Ucraina. Al tempo stesso, afferma, c’è uno scenario per cui la Russia potrebbe comunque premere il pulsante rosso: «Nel teatro ucraino, ci destreggiamo tranquillamente con le armi convenzionali. Ma se la NATO ci attacca con truppe regolari, si potrebbero dover colpire i centri decisionali o, ad esempio, la base di Ramstein. Certo, questo comporterebbe un conflitto globale. L’Occidente non lo capisce. Sono governati da una generazione senza freni che, dai tempi del Viet Nam, non ha combattuto seriamente contro nessuno».
Il 4 settembre lo stesso Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia potrebbe apportare modifiche alla propria dottrina nucleare, ragionando sulla possibilità di abbassare la soglia per l’impiego di tali armi e riferendosi, in particolare, alla messa a punto di dispositivi nucleari a bassissima potenza.
In base ai “Principi della politica russa di dissuasione nucleare del 2020”, sottolinea la TASS, l’uso di armi nucleari da parte della Russia è possibile se il nemico utilizza queste o altri tipi di armi di distruzione di massa contro la Russia e i suoi alleati, se ci sono indicazioni veritiere sul lancio di missili balistici contro la Russia e i suoi alleati, se il nemico colpisce strutture destinate alle azioni di risposta da parte delle forze nucleari russe, ma anche in caso di aggressione con l’uso di armi convenzionali, quando a esser minacciata è l’esistenza stessa dello Stato.
Su Argumenty i Fakty, anche l’esperto militare Viktor Litovkin, concordando con le dichiarazioni del Ministero degli esteri, secondo cui la necessità dell’aggiornamento della dottrina sia da ricercare nelle azioni occidentali in relazione all’operazione speciale, afferma che, però, da ciò non consegue che contro l’Ucraina possa esser lanciato un attacco nucleare: «Credo che non lo faremo in ogni caso, perché si tratta di un popolo fratello… La questione verte principalmente su potenziali avversari tra coloro che possiedono armi nucleari. Se ad attaccare è la NATO, che ha in arsenale armi nucleari americane, britanniche e francesi, abbiamo tutto il diritto di lanciare un attacco nucleare, sia contro la parte europea della NATO, che su quella d’oltreoceano … Indubbiamente, dobbiamo metterli in guardia sulle possibili conseguenze» delle loro azioni.
Era stato Sergej Lavrov, poco più di una settimana fa, a ricordare la «mentalità dei pianificatori americani, dei geostrateghi» yankee, i quali pensano di potersene rimanere tranquilli al di là dell’Oceano e che, in caso di una nuova guerra mondiale, sarà comunque l’Europa la prima a subirne le conseguenze. Non da ora, quei “geostrateghi”, per cercare di assuefare le masse alla possibilità della guerra da essi voluta, stanno facendo circolare l’idea malsana che si possa ricorrere anche all’arma atomica e che in ciò non ci sia nulla di particolarmente terribile.
Sono loro che, alla maniera dello shakespeariano duca di Gloucester, sono sempre pronti «a muovere guerre e non mai a promuovere la pace», a smungere «le vostre borse d’uomini liberi con gravosi balzelli» da bavosi e cinici guerrafondai.
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