La terra desolata dei giovani: tra passioni e speranze
di GAZZETTA FILOSOFICA (Paola Laviola)
Nel poema The Waste Land di T.S. Eliot, la figura della Sibilla di Cuma emerge come un simbolo potente di conoscenza e potere profetico. Questa profetessa, imprigionata in un corpo che ha perso vitalità, rappresenta la ricerca di risposte in un mondo desolato, in cui i giovani si trovano a fronteggiare incertezze e domande esistenziali sul futuro e sull’amore. Quando le certezze si dissolvono, l’appeal di figure come la Sibilla diventa forte, poiché in esse si cerca una guida, un orientamento in un contesto disorientante.
In questo scenario, la crescente richiesta di supporto psicologico da parte dei giovani rivela una società che, nel tentativo di affrontare il malessere giovanile, ha trasformato psicologi e psichiatri in tecnici della sofferenza. La nostra epoca è diventata a tutti gli effetti un’epoca di passioni tristi, un concetto filosofico elaborato tempo fa da Spinoza e ripreso più recentemente da Umberto Galimberti e dai pensatori contemporanei Miguel Benasayag e Gérard Schmit. Ma in cosa consisterebbe un’epoca di passioni tristi? E perché pare sia soprattutto nei giovani che questa sofferenza venga percepita con maggiore intensità? Galimberti, nei suoi scritti, afferma:
« I giovani stanno male, piuttosto male. Credo però che non stiano male solo per ragioni psicologiche. L’adolescenza è da sempre un periodo di inquietudine, oscillazioni d’umore, momenti di disperazione alternati a eccessivo entusiasmo e trasgressione… Un’età instabile, insomma. Ma oggi penso che i giovani soffrano anche per una ragione culturale. Se il malessere psicologico è sempre presente, esso è aggravato da una realtà culturale in cui il futuro non è più una promessa. »
La sofferenza dei giovani è un tema sempre più ricorrente e discusso, ma spesso non viene analizzato in profondità. In questo senso, Umberto Galimberti si è fatto portavoce della condizione giovanile, lanciando appelli affinché la società inizi a prestare attenzione a una generazione che vive in uno stato confusionario, di perdizione. Dopo la pandemia, la richiesta di supporto psicologico è aumentata vertiginosamente, riflettendo una sempre più crescente sensazione di malessere. Questa emergenza sanitaria ha amplificato il grido d’aiuto che i giovani, già da tempo, lanciavano nel vuoto.
È questa, dunque, la cosiddetta “epoca delle passioni tristi”: un’era in cui le emozioni negative tendono a prevalere su tutto. Questo stato mentale emerge quando ci percepiamo impotenti di fronte alle circostanze, sopraffatti dagli eventi o privi di controllo su di essi. Il termine, coniato da Benasayag e Schmit nel libro L’epoca delle passioni tristi (Feltrinelli, 2004), si riferisce a emozioni e stati d’animo che indeboliscono la nostra capacità di agire, di vivere pienamente e di costruire un senso di realizzazione. Al contrario, invece, le “passioni attive” o “gioiose” aumentano la nostra capacità di agire con autonomia, consapevolezza e forza interiore.
Come affermato precedentemente, pare siano i giovani a subire maggiormente la gravosità di quest’epoca, poiché vivono in un contesto storico e culturale che sembra alimentare questa negatività, amplificando ansia, insicurezza e un profondo senso di impotenza. La crisi economica, i cambiamenti climatici, l’instabilità politica e l’iperconnessione digitale creano un ambiente in cui i giovani – ma non solo – faticano a trovare punti di riferimento solidi per costruire il proprio futuro. Questo porta a un’esperienza di alienazione, in cui il futuro appare incerto o addirittura minaccioso.
Benasayag e Schmit sostengono che i giovani si trovano immersi in un mondo privo di punti di riferimento stabili. L’incertezza globale genera un senso di confusione e frustrazione, e schiaccia le nuove generazioni sotto il peso di aspettative il più delle volte irrealizzabili. La crisi personale si riflette così in una crisi culturale più ampia. «La condizione di chi soffre oggi,» scrivono i due psichiatri, «ricorda quella di una barca che, uscita dal porto, si ritrova nel mezzo di una tempesta, senza la certezza che esista un porto d’arrivo». Questo vuoto descrive la condizione di molti giovani: privi di un approdo sicuro, costretti a navigare in un mare di incertezze, senza una direzione chiara.
Uno dei segnali più evidenti di questa crisi è il crescente ricorso alla psicologia. Ricerche recenti hanno mostrato un aumento significativo di ansia, depressione e sentimenti di impotenza tra le nuove generazioni. Come spiegano Benasayag e Schmit, «il futuro non era altro che una metafora di una promessa messianica». Oggi, invece, i giovani, intrappolati in un presente che vacilla su più fronti, faticano a immaginare un futuro positivo. Le pressioni sociali e le aspettative di successo li spingono verso una dimensione virtuale, lontana da una realtà che sembra non offrire risposte o sicurezze.
Il crollo delle figure di riferimento e dei valori tradizionali ha aggravato questa situazione. Molti giovani affrontano da soli le loro difficoltà, senza una guida morale o istituzionale a cui appoggiarsi. Non è solo l’assenza di una figura d’autorità a mancare, ma anche la possibilità di sperare in un futuro migliore. «La società moderna sembra aver perso la capacità di ascoltare e accogliere le esigenze delle nuove generazioni, abbandonandole a se stesse in un mare di incertezze» scrivono Benasayag e Schmit. E allora qual è la soluzione migliore?
In questo contesto, l’ascolto diventa un elemento fondamentale. Benasayag e Schmit ci ricordano che la crisi giovanile è, a tutti gli effetti, anche una crisi culturale e sociale. «In questa onnipotenza virtuale, la società sembra abbandonare la sfera del pensiero,» affermano gli specialisti, evidenziando come l’iperconnessione digitale abbia acuito il senso di isolamento tra i giovani. La capacità di ascoltare e riflettere è essenziale per trasformare le passioni tristi in passioni attive, suggeriva Spinoza. L’ascolto non è mai un processo unidirezionale. I giovani traggono beneficio dall’attenzione degli adulti, ma anche gli adulti possono imparare dalle esperienze e dalle prospettive dei giovani. Questo scambio reciproco arricchisce entrambe le parti e promuove un apprendimento collettivo, indispensabile per affrontare le sfide del nostro tempo.
In definitiva, l’ascolto rappresenta un’opportunità per ricostruire il rapporto tra generazioni e gettare le basi per un futuro più luminoso. La crisi di significato e di speranza che affligge i giovani può essere superata solo attraverso un autentico dialogo, un ascolto attento e partecipato. Offrendo ai giovani la possibilità di ritrovare il senso della loro esistenza, possiamo aiutarli a diventare protagonisti attivi del proprio destino.
«I will show you fear in a handful of dust» scriveva di T.S. Eliot, racchiudendo perfettamente in poche parole la condizione delle ultime generazioni. La polvere, simbolo di desolazione e impotenza, riflette le paure e le ansie che si annidano nella loro esistenza. In un’epoca in cui il futuro appare privo di promesse e certezze, la mancanza di punti di riferimento e di supporto porta i giovani a sentirsi intrappolati in un mare di dubbi, amplificando così le passioni tristi. Come suggerisce Eliot, è proprio in questa polvere che si cela la paura, un timore che affligge una generazione costretta a navigare in un mondo sempre più distante e inospitale.
Tuttavia, solo attraverso un ascolto sincero e una guida attenta possiamo aiutarli a rivedere le stelle, riscoprendo insieme il significato di un futuro migliore. Solo così potremo trasformare le passioni tristi in un’infinità di possibilità e rinascite, costruendo una società in cui ogni giovane possa trovare il proprio posto e brillare.
Fonte: https://www.gazzettafilosofica.net/2024-1/ottobre/la-terra-desolata-dei-giovani-passioni-e-speranze/
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