La Corte Costituzionale assesta un brutto colpo alla secessione dei ricchi
da ROARS (Gianfranco Viesti)
Le vicende della “secessione dei ricchi” sono un apologo della lotta per il potere, da condurre al riparo dagli occhi dei cittadini. Le decisioni della Corte Costituzionale hanno dichiarato incostituzionali quasi tutti i punti più importanti della legge 86/2024 sull’autonomia differenziata; hanno riportato al centro di tutto il processo decisionale il Parlamento.
Soprattutto la Corte ha sottolineato come quel processo “non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico”. Un colpo durissimo a chi da anni cerca di acquisire quanto più potere (e soldi) possibile, togliendolo al Parlamento e consegnandolo ai piccoli premier regionali. Con la minima discussione pubblica.
Nel novembre 2017 il Consiglio Regionale del Veneto aveva chiesto di diventare uno stato sovrano, acquisendo pieni poteri in tutte le politiche pubbliche e trattenendo i 9/10 delle tasse. Una secessione. E invece di contestare pubblicamente questa assurda pretesa il governo Gentiloni, grazie all’azione dei democratici Bonaccini e Bressa, firmava nel febbraio 2018 una pre-intesa con tre regioni. Senza alcuna discussione nel paese; tre giorni prima delle elezioni politiche.
Nel 2019 la ministra Stefani predisponeva un completo testo di intesa su tutte le materie con le tre regioni che è arrivato fino al Consiglio dei Ministri. Senza che né allora né oggi ne fossero resi pubblici i termini.
In questa legislatura le forze di maggioranza approvano una legge. Ma essa tace sul punto più importante: quali funzioni possano essere trasferite, e come questa cessione “debba essere giustificata in relazione alla singola regione” (come chiede, invece, la Corte). Tutto il potere è nelle mani della Premier; ora la Corte l’ha restituito al Parlamento. Intanto Calderoli tratta, in assoluto segreto, con ministeri e regioni per soddisfare il prima possibile i desiderata di Zaia e Fontana su materie importanti come la protezione civile.
Nel novembre 2017 il Consiglio Regionale del Veneto aveva chiesto di diventare uno stato sovrano, acquisendo pieni poteri in tutte le politiche pubbliche e trattenendo i 9/10 delle tasse. Una secessione. E invece di contestare pubblicamente questa assurda pretesa il governo Gentiloni, grazie all’azione dei democratici Bonaccini e Bressa, firmava nel febbraio 2018 una pre-intesa con tre regioni. Senza alcuna discussione nel paese; tre giorni prima delle elezioni politiche.
Nel 2019 la ministra Stefani predisponeva un completo testo di intesa su tutte le materie con le tre regioni che è arrivato fino al Consiglio dei Ministri. Senza che né allora né oggi ne fossero resi pubblici i termini.
In questa legislatura le forze di maggioranza approvano una legge. Ma essa tace sul punto più importante: quali funzioni possano essere trasferite, e come questa cessione “debba essere giustificata in relazione alla singola regione” (come chiede, invece, la Corte). Tutto il potere è nelle mani della Premier; ora la Corte l’ha restituito al Parlamento. Intanto Calderoli tratta, in assoluto segreto, con ministeri e regioni per soddisfare il prima possibile i desiderata di Zaia e Fontana su materie importanti come la protezione civile.
Si fa un gran parlare dei LEP, una cortina di fumo per nascondere le vere questioni, a partire da quante risorse rimangono alle regioni “differenziate”: la Corte ha censurato che questa possa essere deciso, come invece previsto, con decreto del governo. Calderoli chiede a Cassese, divenuto nel frattempo il più scatenato sostenitore dell’autonomia differenziata, di presiedere una commissione apposita; Cassese a sua volta nomina una sottocommissione che tira fuori il cilindro dal cappello: al Sud servono meno soldi per gli stessi servizi perché la vita costa meno (si veda Il Fatto del 20 settembre). I conti li farebbe, in gran segreto, la Commissione fabbisogni standard, presieduta ora da una consulente di Zaia.
Ma mentre si chiacchiera dei LEP, il governo Meloni-Giorgetti-Fitto taglia l’anno scorso, con uno dei commi della legge di bilancio, l’80% del fondo che finanzia le infrastrutture necessarie proprio per erogarli; e con una tabella del recente Piano di medio termine ci informa che uno dei pochissimi LEP già esistenti non c’è più: mentre tutti i comuni italiani dovrebbero avere un posto in asilo nido ogni 3 bambini piccoli, le regioni possono fermarsi a uno su sei.
L’auspicio è che dopo la sentenza della Corte diventi più difficile procedere così. Inutile farsi illusioni. Per Calderoli e Zaia è la battaglia della vita: padroni in casa nostra, con i nostri soldi; insisteranno. In ogni caso la strada si fa più impervia, benchè il Ministro azzardi che “non cambia nulla. Noi ci stiamo confrontando con alcune regioni sulle materie non LEP. Quando arriveremo alle intese vedrete che conterranno le prescrizioni della Corte. Altrimenti si andrà avanti a legislazione vigente”.
La Corte ha chiaramente invitato il Parlamento a “colmare i vuoti” ora creati nella 86, e ha ribadito la sua competenza anche sulle leggi di differenziazione. La trattativa sulle Intese dovrebbe fermarsi all’istante; il Parlamento riscrivere la legge, assunto il suo diritto-dovere di decidere se e quali funzioni dare alle regioni, con quali motivazioni, con quali meccanismi finanziari. In attesa di capire che sarà del referendum.
In realtà bisognerebbe andare ben oltre la sacrosanta opposizione all’autonomia differenziata. Il Parlamento dovrebbe occuparsi di come funziona male l’Italia di oggi. Della mancanza delle leggi-quadro sulle materie di competenza concorrente, a cominciare dalla sanità; dei continui conflitti Stato-Regioni; della mancata attuazione di quasi tutte le norme sul finanziamento di regioni e comuni (da sistemare, come promesso con il PNRR, entro il 2026). Accogliendo l’invito della Corte “a operare in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. Potrebbe essere un tema interessante di discussione programmatica per le forze di opposizione.
FONTE: https://www.roars.it/la-corte-costituzionale-assesta-un-brutto-colpo-alla-secessione-dei-ricchi/
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