Chi ha vinto e chi ha perso dal referendum
di GABRIELE GERMANI (Canale Telegram)
Chi ha vinto e chi ha perso dal referendum?
Ha vinto il governo, ma forse ha anche vinto l’opposizione al neoliberismo.
Seppur tardivamente una parte significativa del paese, sparsa in varie forze dalle più moderate alle più radicali, ha finalmente recuperato la ragione che era volata sulla Luna.
Abbiamo capito che la narrativa neoliberista del lavoro precario che fa bene ai lavoratori è una bufala; dall’altra che puoi avere tutte le ragioni, ma se le mani le tieni in tasca sei inutile.
Questo è il ruolo dei partiti di massa: inserire un gruppo politico in una serie di relazioni e cercare di rendere appetibili al grande pubblico dei contenuti altrimenti di nicchia.
L’alternativa è la costruzione di un partito populista che comunque richiede una fase favorevole. Il problema è che questo partito è per sua natura destinato a deludere gli elettori.
È un ciclo elementare: A promette un cambiamento drastico e ottiene poco per limiti strutturali e spesso interni.
Perché?
A per avere successo deve avere una politica populista, dal basso, promettere tutto e il contrario: cresce, esplode e poi?
Poi c’è la normale amministrazione, la burocrazia, le leggi, le coalizioni, le istituzioni internazionali, ecc
Per resistere ti servirebbe una classe dirigente, che non hai, altrimenti saresti già istituzionale.
Ti servirebbe anche una bussola: non una roba universale, ma due tre paletti servono.
Ma se hai una bussola non puoi promettere tutto e il contrario di tutto.
Da un lato esiste la possibilità di fare come altri hanno fatto per rompere la gabbia, dall’altro bisogna preparare il gruppo a una serie di passaggi intermedi e lunghi.
Nei paesi a capitalismo avanzato non basta vincere le elezioni, devi egemonizzare la società (almeno una parte).
Quindi ti serve un momento populista, una bussola e una classe dirigente (saper dosare il coinvolgimento di queste due nel primo).
I partiti che normalizzano il dissenso, permettono di spostare in avanti il terreno dello scontro se ben usati. Così B può godere di un clima più favorevole sul tema X, anche se A che promette mari e monti, non li rispetta.
La buona notizia è che un’alternativa post-liberista (non anti- badate bene), seppur moderata, potrebbe coagularsi.
Se vogliono continuare a campare di rendita devono almeno fingere di essere interessati ai lavoratori o a Gaza e questo in finale aiuterà chi è interessato a spostare la società (sempre che sappia cogliere le occasioni invece di discettare sul sesso degli angeli).
Dobbiamo rassegnarci? No.
In Spagna arriva Podemos e l’esperienza catalana (al di là di cosa ne pensiamo) dopo un governo Zapatero che (non proprio ottimale in termini dei diritti dei lavoratori) aveva spostato la società.
Ora hanno un governo che riduce la settimana lavorativa, trova una qualche convivenza con le comunità locali e (nei limiti dell’Occidente) prende posizione sulla questione palestinese.
Certo, non è la rivoluzione permanente e i partiti di sinistra populista o autonomista devono interrogarsi sul perché sono stati cooptati o sconfitti.
Una soluzione gramsciana per l’Europa non sembra ancora a portata di mano, ma ci sono andati più vicini e hanno segnato punti significativi.
Sappiamo fin dove ha funzionato e dove non ha funzionato.
Capisco che è meno appassionante di stare in una piazza semivuota, dove tutti si conoscono, a cazzeggiare del più e del meno, capisco che è un processo lento, pieno di merda e denso di incomprensioni, ma allo stato attuale: tertium non datur.
Fonte: https://t.me/gabgerm/2697
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