La guerra tra Israele e Iran e i possibili sviluppi strategici – AGGIORNATO
di ANALISI DIFESA (Gianandrea Gaiani)

(Aggiornato alle ore 23,55)
Mentre pubblichiamo questo articolo, alle ore 16 del 15 giugno, una nuova ondata di missili iraniani si sta abbattendo su Israele dopo gli attacchi nel cuore di Teheran, dove sono state avvertite numerose esplosioni.
Nella mattina di oggi, per la seconda giornata consecutiva il 14 giugno l’Iran ha risposto con una pioggia di missili agli attacchi israeliani che hanno preso di mira installazioni militari e legate al programma nucleare. Uno scambio di colpi che nelle scorse ore ha provocato 8 morti, 150 feriti (forse 200) e 35 dispersi tra i civili secondo le fonti israeliane (l’agenzia di soccorso Magen David Adom – MDA). che ovviamente non fanno cenno a perdite militari umane e materiali.
Numerose le esplosioni a Tel Aviv, Haifa, Gerusalemme e presso installazioni militari a conferma che i missili balistici iraniani continuano a perforare i diversi livelli della difesa aerea israeliana. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha parlato di “mattina triste e difficile”, esprimendo cordoglio alle famiglie colpite.
La sera del 14 giugno oltre 40 missili balistici sono stati lanciati dall’Iran verso l’area di Haifa e la Galilea. Secondo Channel 12, diversi missili non sono stati intercettati e hanno colpito. La televisione iraniana ha riferito di oltre 100 missili lanciati la sera del 14 giugno contro Israele.
Più tardi l’IDF ha rilasciato un comunicato in cui parlava di 70 missili e decine di droni lanciati dall’Iran. La TV siriana ha riferito invece di decine di missili lanciati dall’Iran caduti in Siria, conferma indiretta che molte intercettazioni avvengono nello spazio aereo di Damasco: del resto l’IDF ha fatto sapere che l’aviazione israeliana ha intercettato dozzine di missili, anche al di fuori dello spazio aereo israeliano, vale a dire nei cieli di Siria e Giordania.
Secondo fonti militari, i missili usati da Teheran non sono manovrabili né ipersonici, smentendo le rivendicazioni iraniane sull’impiego del missile guidato “Haj Qassem”. Resta però il fatto che fin dagli attacchi iraniani dell’aprile 2024 un numero crescente di ordigni iraniani colpisce i bersagli in Israele, dove le autorità sono sempre molte attente nel non rivelare dettagli su obiettivi colpiti e perdite subite.
Anche le milizie yemenite Houthi hanno rivendicato il lancio di due missili balistici ipersonici Palestine 2 su Tel Aviv, in coordinamento con gli alleati iraniani. Lo riporta la stampa israeliana, secondo la quale alle Israel Defense Forces non risultano tuttavia lanci di missili dallo Yemen nelle ultime 24 ore.
Si è trattato di “un’operazione militare contro obiettivi sensibili del nemico israeliano” nel centro di Israele, si legge in un comunicato stampa della milizia yemenita. Secondo le IDF l’Iran aveva lanciato circa 200 missili balistici e da crociera contro Israele in diverse salve La maggior parte dei missili è stata intercettata dalle difese aeree e solo 22 avrebbero secondo colpito il territorio israeliano secondo l’IDF che in precedenza aveva affermato che circa il 25%, meno di 50, non è stato intercettato consentendo agli iraniani di colpire aree disabitate senza causare danni a infrastrutture critiche.
Un “piccolo numero” di missili è riuscito a superare le difese aeree, afferma l’IDF, e ha causato vittime e danni, anche in aree residenziali di Tel Aviv, Ramat Gan e Rishon Lezion, nel centro di Israele. Nell’impatto dei missili tre israeliani sono rimasti uccisi e circa 70 sono rimasti feriti. Diversi droni lanciati contro Israele durante la notte del 13 sono stati abbattuti anche dall’Aeronautica e dalla Marina israeliane. Questo dopo che 100 droni lanciati dall’Iran venerdì sono stati intercettati.
Come di consueto si tratta di dati non al momento verificabili Israele non riferisce né i danni né le perdite subite mentre lo stato maggiore iraniano ha minacciato di usare 2.000 missili nei suoi prossimi attacchi contro Israele.
Numero da prendere con le molle ma forse credibile considerato che lo US Central Command valutava nel 2023 in circa 3mila il numero di missili balistici iraniani, in parte utilizzati negli scontri degli ultimi 20 mesi o ceduti a milizie alleate (come gli Houthi) anche se non si può escludere che la produzione sia stata potenziata, secondo fonti occidentali anche per rifornire la Russia impegnata nella guerra in Ucraina, così come non si può escludere che Israele sia davvero riuscito a distruggere un gran numero di rampe, missili balistici e un deposito sotterraneo nella regione di Kermanshah, nell’Iran Occidentale. Ieri l’IDF aveva reso noto su X di aver continuato a colpire “decine di postazioni di lancio di missili superficie-superficie” in Iran.
L’agenzia di stampa Sabreen ha riferito ieri che un grande incendio è scoppiato dopo “scontri aerei” sopra la città di Kermanshah.
Poco prima di lanciare gli attacchi missilistici, nella serata del 14 giugno, il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane aveva avvertito che gli attacchi contro Israele diventeranno “più pesanti ed estesi” se Israele continuerà a colpire l’Iran.
Sul fronte opposto le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato di aver attaccato gli uffici del Ministero della Difesa a Teheran e la sede centrale dell’Organizzazione per l’Innovazione e la Ricerca sulla Difesa (SPND), oltre ad altri obiettivi “legati al progetto di armi nucleari del regime iraniano”.
Nella notte, oltre 70 caccia israeliani hanno lanciato un attacco significativo contro obiettivi a Teheran e il cuore del regime. “La strada per Teheran è stata spianata“, ha dichiarato un portavoce dell’IDF.
I media iraniani come Press TV e l’agenzia di stampa Tasnim hanno anche riportato un incendio nella raffineria di Shahran, vicino a Teheran, anch’essa colpita ma fonti citate dall’agenzia Mehr hanno negato più tardi che la raffineria sia stata danneggiata dagli ultimi attacchi israeliani precisando che l’incendio scoppiato nell’area ha interessato un deposito di carburante nelle vicinanze che ha una capacità di stoccaggio di 260 milioni di litri, suddivisa in 11 tanker e che fornisce fino a 7 milioni di litri di carburante al giorno alla regione della capitale.
Ieri l’agenzia iraniana Fars, vicina ai Guardiani della Rivoluzione, ha reso noto che un drone israeliano ha colpito una raffineria strategica nella città portuale di Kangan, nel sud dell’Iran, provocando una potente esplosione e un vasto incendio. E’ stata colpita la sezione 14 del giacimento di gas South Pars, uno dei più importanti impianti energetici del Paese. Anche l’agenzia Tasnim ha confermato l’attacco, parlando di un’esplosione violenta e di un incendio in corso. Il sito si trova nella provincia costiera di Bushehr.
Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato che l’IDF “colpirà i siti e continuerà a spellare il serpente iraniano a Teheran e ovunque, privandolo delle capacità nucleari e dei sistemi d’arma”. Inoltre l’IDF ha invitato i civili iraniani ad allontanarsi dalle aree “vicine alle installazioni militari“.
“Teheran brucia” aveva detto ieri Katz annunciando di aver colpito il ministero della Difesa, il quartier generale del programma nucleare iraniano, laboratori e impianti petroliferi situati nei pressi della capitale.
Avichay Adraee, portavoce di lingua araba delle Israel Defence Forces, in un comunicato su X ha “chiesto l’evacuazione immediata di tutti coloro che si trovano attualmente nelle vicinanze o all’interno di installazioni militari in Iran“, aggiungendo che “le loro vite sono in pericolo”.
Da quando Israele ha lanciato la sua vasta offensiva contro l’Iran, la notte tra il 12 e il 13 giugno, più di 100 persone sono morte in Iran a causa degli attacchi, tra cui una decina di alti ufficiali e 9 scienziati nucleari che lavorano ai progetti di arricchimento dell’uranio del Paese.
Le immagini satellitari scattate la mattina del 14 giugno da Maxar Technologies rivelano danni a diversi edifici nel sito nucleare iraniano di Natanz (nella foto sotto) a seguito degli attacchi israeliani., come riporta la BBC. L’immagine mostra gravi danni a tre edifici e segni di bruciature intorno ad altre due strutture, una delle quali sembra essere una sottostazione elettrica.
Ieri il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, ha detto al Consiglio di sicurezza dell’Onu che “la parte in superficie dell’impianto pilota di arricchimento del combustibile, dove l’Iran produceva uranio arricchito fino al 60% di U-235, è stata distrutta”.
Le difese aeree sono entrate in azione nella città di Bandar Abbas, sulla costa meridionale dell’Iran, a causa di “una nuova ondata di attacchi israeliani”. Lo riporta l’emittente iraniana Press Tv. Il 14 giugno la rappresentanza iraniana l’ONU ha reso noto un bilancio delle vittime degli attacchi israeliani di 78 morti e oltre 320 feriti, salito il giorno dopo secondo il ministero della Sanità ad almeno 128 i morti tra cui 40 donne e circa 900 feriti.
Funzionari israeliani e statunitensi hanno dichiarato alla CNN che le operazioni contro l’Iran dureranno “settimane, non giorni” e procedono con l’approvazione implicita degli Stati Uniti. Approvazione ma non coinvolgimento, secondo quanto riportato da Axios “Israele ha chiesto agli Usa di unirsi alla guerra e ha esortato l’amministrazione Trump a partecipare alla guerra con l’Iran per eliminare il suo programma nucleare”,
Lo ha scritto su X il giornalista Barak Ravid di Axios, aggiungendo che “un funzionario statunitense mi ha detto che al momento l’amministrazione non sta prendendo in considerazione una simile iniziativa”.
Ieri l’IDF ha annunciato di aver eliminato oltre 20 alti comandanti appartenenti alle forze militari e di sicurezza iraniane dall’inizio dell’operazione Rising Lion.
Oggi le Guardie Rivoluzionarie hanno dichiarato in un comunicato che 7 comandanti di alto rango della loro forza aerospaziale sono stati uccisi, insieme al comandante in capo delle forze Amirali Hajizadehm, morto venerdì. Nel comunicato si legge che tra i comandanti figurano Mahmoud Bagheri, Davoud Sheikhan, Mohammad-Bagher Taherpour, Mansour Safarpour, Masoud Tayyeb, Khosro Hassani e Javad Jarsara. La morte di Hajizadeh è stata annunciata venerdì.
Le IDF hanno condotto nella notte tra sabato e domenica una serie di raid mirati in Yemen, nel tentativo di colpire Muhammad Abd al Karim al Ghamari, capo di Stato Maggiore delle milizie Houthi. Lo ha confermato oggi una fonte militare israeliana al quotidiano “Jerusalem Post”. “Presto sapremo se l’operazione ha avuto successo”, ha dichiarato una fonte israeliana citata dal giornale. I bombardamenti sull’obiettivo in Yemen sono avvenuti in parallelo ad altre operazioni condotte dall’aeronautica israeliana contro postazioni iraniane a Teheran.
L’Iran ha attivato le difese aeree nella città portuale di Bandar Abbas e in sei altre regioni: Hormozgan, Kermanshah, Lorestan, Qom, Azerbaigian orientale e Khuzestan, secondo quanto riferito dai media iraniani.
Nel primo pomeriggio del 15 giugno l’Aeronautica Israeliana ha detto di aver intercettato circa 20 droni che sono stati lanciati dall’Iran in appena un’ora mentre in un nuovo bilancio aggiornato l’IDF ha riferito di aver attaccato in meno di tre giorni più di 170 obiettivi e oltre 720 infrastrutture militari.
In serata l’aeronautica israeliana ha affermato di aver attaccato e distrutto siti di produzione di missili terra-terra, siti radar e lanciamissili terra-aria intorno a Teheran. Il portavoce dell’IDF ha affermato che l’attacco è stato effettuato sotto la direzione della Direzione dell’Intelligence.
Secondo un bilancio redatto dall’organizzazione Human Rights, gli attacchi israeliani in Iran hanno causato almeno 406 morti e 654 feriti. In seguito agli attacchi missilistici iraniani, particolarmente intensi intorno ad Haifa e nel nord di Israele l’Autorità’ israeliana per l’aviazione civile ha annunciato la chiusura totale dello spazio aereo nazionale e di tutti gli aeroporti, in risposta all’attacco in corso.
L’IDF ha ribadito che “la difesa non è ermetica”, ammettendo di fatto che Israele si conferma ancora ina volta vulnerabile nonostante i diversi avanzati sistemi dio difesa aerea adottati. Alle 20 l’annuncio dell’imminente arrivo di una nuova ondata di missili balistici iraniani.
Gli attacchi israeliani in Iran hanno causato almeno 406 morti e 654 feriti, e riportato dall’Associated Press. L’organizzazione, che ha sede a Washington, ha verificato le notizie locali con una rete di fonti che ha sviluppato nel paese. Il governo iraniano non ha fornito dati complessivi sulle vittime causate da tre giorni di attacchi in tutto il territorio. Spesso sono le autorità locali a fornire dati parziali.
In tarda serata l’agenzia di stampa iraniana Tasnim ha confermato che il capo del dipartimento di intelligence delle Guardie Rivoluzionarie, Mohammad Kazemi, e altri due ufficiali sono stati uccisi a Teheran dalle incursioni israeliane. Per sottrarsi alle uccisioni mirate compiute dagli israeliani secondo Iran International, che cita due fonti informate, la Guida Suprema, Ali Khamenei, “è stato trasferito in un bunker sotterraneo a Levizan, a nord-est di Teheran, poche ore dopo l’inizio degli attacchi israeliani su Teheran venerdì mattina”. Secondo il rapporto tutti i familiari di Khamenei, incluso il figlio Mojtaba, sarebbero con lui.
Il rischio di coinvolgimento dell’Occidente
Alla CNN un funzionario statunitense ha detto che “l’amministrazione Trump è fermamente convinta che la situazione possa essere risolta continuando i negoziati con gli Stati Uniti” aggiungendo che gli Stati Uniti non hanno intenzione di ordinare a Israele di fare altro che difendersi.
Interessante il linguaggio utilizzato con un’espressione che sottintende il concetto di “difesa preventiva” così caro a tanti a Washington e che riprende concetti datati ma periodicamente rilanciati. Sono almeno 30 anni che statunitensi e israeliani lanciano l’allarme per la bomba atomica che l’Iran potrebbe possedere “in pochi mesi” ed evocano e compiono attacchi al programma nucleare, non necessariamente cinetici come il cyber-attack StuxNet che nel 2010 sembra abbia paralizzato le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.
L’ambiguità, se non l’imbarazzo, di Trump e della sua amministrazione sono evidenti. Prima si è dissociato dagli attacchi alla vigilia di un nuovo round di negozia tra USA e Iran sul programma nucleare di Teheran.
Poi ha difeso la decisione di Benjamin Netanyahu negando un ruolo militare americano nell’operazione. Successivamente Trump ha plaudito ai raid israeliani e alla eliminazione dei vertici militari iraniani auspicando che inducano l’Iran ad accettare la rinuncia al nucleare. Infine è emerso che lo US Central Command statunitense, responsabile per l’area mediorientale, avrebbe fornito supporto di intelligence, aerei radar e da rifornimento in volo ai velivoli da combattimento israeliani. Elementi che lasciano aperto il dubbio se Trump nell’attacco all’Iran sia alleato di Israele valutando che un Iran indebolito accetterà un negoziato, oppure se sia “ostaggio” delle decisioni israeliane.
Il rischio è che il risultato possa essere opposto a quanto auspicato da Washington. Cioè che l’Iran non si fidi più degli Stati Uniti e dell’Occidente (come la Russia dopo gli accordi di Minsk per la guerra in Donbass), rifiuti di negoziare sotto attacco israeliano e persegua direttamente l’acquisizione di armi nucleari per garantirsi una deterrenza che la metta al riparo da ogni minaccia.
Esattamente lo stesso percorso intrapreso a suo tempo dalla Corea del Nord oggi “inattaccabile” grazie alle sue 30 o più testate nucleari. Con la differenza che l’Iran non è isolato come lo era la Corea del Nord e tra i suoi amici e alleati vi sono almeno due potenze nucleari, Russia e Cina.
Araghchi ha espresso gratitudine alla Russia per la posizione assunta nei confronti delle azioni militari israeliane contro l’Iran. Lo ha riferito il ministero degli Esteri iraniano in una nota diffusa oggi, dopo un colloquio telefonico tra Araghchi e il suo omologo russo, Sergej Lavrov.
“Araghchi ha ringraziato la Russia e gli altri Paesi che hanno condannato le azioni ostili di Israele e ha messo in guardia sui rischi che tali aggressioni possano destabilizzare l’intera regione e farla precipitare in una profonda crisi”, si legge nella dichiarazione. Nel corso della conversazione, il capo della diplomazia iraniana ha sottolineato che i raid israeliani contro il territorio della Repubblica islamica rappresentano un serio pericolo per l’intero Medio Oriente e ha ribadito che Teheran risponderà in modo deciso a qualsiasi ulteriore attacco.
La Cina “condanna con fermezza la violazione da parte di Israele della sovranità, della sicurezza e dell’integrità territoriale dell’Iran, si oppone con fermezza ai brutali attacchi contro funzionari iraniani e vittime civili e sostiene l’Iran nella salvaguardia della propria sovranità nazionale, nella difesa dei propri diritti e interessi legittimi e nella sicurezza della vita delle persone”, ha reso noto il ministro degli Esteri Wang Yi, in una telefonata con Araghchi. “L’attacco agli impianti nucleari” di Teheran ha creato “un precedente pericoloso e potrebbe avere conseguenze catastrofiche” ha aggiunto il ministro cinese.
L’Iran fa inoltre parte della Shangai Cooperation Organization (con India, Cina, Russia e altre nazioni) e difficilmente Mosca e Pechino potrebbero accettare un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti negli attacchi all’Iran.
Tema di cui hanno parlato anche Trump e Vladimir Putin la sera del 14 giugno. “Il Presidente Putin mi ha chiamato stamattina per farmi gli auguri di buon compleanno con grande gentilezza, ma soprattutto per parlare dell’Iran, un Paese che conosce molto bene. Abbiamo parlato a lungo. Molto meno tempo è stato dedicato a parlare di Russia/Ucraina, ma questo sarà per la prossima settimana. Sta portando avanti gli scambi di prigionieri programmati: un gran numero di prigionieri viene scambiato immediatamente da entrambe le parti. La chiamata è durata circa un’ora. Lui, come me, ritiene che questa guerra tra Israele e Iran debba finire, e a cui ho spiegato che anche la sua guerra dovrebbe finire” ha scritto Trump su Truth Social.
Del resto se gli iraniani valutassero che alcune nazioni occidentali sostengono militarmente Israele negli attacchi i rischi di rappresagli contro le basi americane, francesi e britanniche nel Golfo aumenterebbero anche se Teheran non ha alcun interesse ad avere tensioni con i paesi arabi che ospitano tali basi, che peraltro hanno tutti condannato l’attacco israeliano.
Gli Stati Uniti possono contare su oltre 50mila militari nella regione dislocati in 19 siti in Kuwait, Bahrain, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar. La Gran Bretagna ha una base navale a Manama, in Bahrein, e una aerea a Muscat, in Oman: il primo ministro britannico Keir Sturmer ha annunciato ieri l’invio di mezzi militari, compresi aerei da combattimento, in Medio Oriente, al fine di “fornire sostegno in tutta la regione”.
La Francia schiera aerei e navi in due basi negli Emirati Arabi Uniti, dove in base a un accordo intergovernativo firmato nel 2008 i francesi possono schierarvi fino a 700 militari e civili.
Di fronte alla cautela di molte nazioni europee, che chiedono una rapida de-escalation (preoccupati forse anche dall’aumento del prezzo di petrolio e gas che potrebbe diventare shock energetico con l’apertura delle Borse la mattina del 16 giugno), il presidente francese Emmanuel Macron è riuscito a inanellare l’ennesima “defaite” difendendo “il diritto di Israele a proteggersi” affermando che l’Iran ha continuato il programma nucleare, arricchendo quasi fino a una fase critica sufficiente per la produzione di armi nucleari.
“È vergognoso, Israele prende di mira impianti nucleari pacifici, bombarda case e uccide iraniani a sangue freddo in chiara violazione del diritto internazionale. Eppure (il presidente francese Emmanuel Macron ora decide di attaccare il programma nucleare iraniano in queste circostanze” ha detto la sera del 14 giugno il portavoce del ministero degli Esteri iraniano. “Questa quantità di ipocrisia è sconcertante”, ha aggiunto in un messaggio su X.
Teheran si è detta disposta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare, purché non implichi la rinuncia ai propri diritti sovrani, come ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, intervenendo davanti a un gruppo di diplomatici stranieri. “Siamo pronti a qualsiasi intesa che miri a garantire che l’Iran non possegga armi nucleari” ma ha escluso che Teheran possa accettare condizioni considerate lesive della propria sovranità tecnologica: “Non accetteremo nessun accordo che privi l’Iran dei suoi diritti nucleari”, ha ribadito.
“Il regime israeliano non conosce limiti nella violazione del diritto internazionale. Non solo sono stati uccisi bambini e donne innocenti in Palestina, ma a Gaza sono stati violati i diritti umani e tutte le norme internazionali. Questa volta il regime ha superato una nuova linea rossa nel diritto internazionale, con l’attacco a impianti nucleari, vietato in qualsiasi circostanza”, ha detto Araghchi, riferendosi alle raccomandazioni dell’AIEA di evitare attacchi a siti atomici onde evitare il rischio di fuga radioattiva.
“Purtroppo, ciò è stato accolto con indifferenza dal Consiglio di sicurezza” dell’Onu, “ringrazio i Paesi che hanno condannato questa aggressione, ma ci sono stati Paesi che si definiscono civili in Europa che hanno condannato l’Iran invece di condannare Israele“, ha aggiunto Araghchi, che ha denunciato apertamente il coinvolgimento degli Stati Uniti negli attacchi israeliani, definendoli come un’aggressione condotta con il sostegno americano.
“Abbiamo prove concrete che le forze americane nella regione hanno supportato gli attacchi israeliani. Abbiamo monitorato attentamente e raccolto numerose evidenze di come gli Stati Uniti abbiano aiutato il regime israeliano. L’America è partner di questi attacchi e deve assumersi la propria responsabilità”.
Araghchi ha quindi esortato gli Stati Uniti a prendere una posizione chiara e pubblica, sottolineando che le comunicazioni private non sono sufficienti per giustificare o negare tali accuse.
Il ministro ha aggiunto che Israele “ha sempre cercato di impedire i negoziati” tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare iraniano ed è “abbastanza chiaro che non vuole alcun accordo. Oggi avremmo dovuto presentare il nostro piano per un accordo con gli Stati Uniti”, ha ricordato Araghchi, facendo riferimento al sesto round di colloqui programmato in Oman e cancellato da Teheran dopo l’attacco israeliano.
Il vero obiettivo è il cambio di regime a Teheran?
Il Times of Israel riporta oggi le dichiarazioni di un funzionario secondo cui “eliminare la guida suprema iraniana, Alì Khamenei, è per Israele una possibilità”. L’assassinio dell’Ayatollah Ali Khamenei, non è “off limits”, scrive il giornale israeliano che cita il WSJ ma è evidente che un conto è eliminare i leader di milizie quali Hamas, Houthi o Hezbollah e un conto è uccidere un capo di stato riconosciuto, azione che in ogni contesto verrebbe considerata puro terrorismo.
Dopo le anticipazioni dei media americani, ieri anche da Teheran è arrivata la conferma della morte in ospedale dell”alto consigliere dell’Ayatollah Ali Khamenei, Ali Shamkhani, per le ferite riportate nei primi attacchi aerei israeliani.
Shamkhani è stato per un decennio il più alto funzionario iraniano per la sicurezza nazionale e aveva rappresentato l’Iran nei colloqui di riavvicinamento con l’Arabia Saudita, facilitati dalla Cina.
Il portavoce delle IDF, il generale di Brigata Effie Defrin, ha detto ieri che Israele ha colpito oltre 150 obiettivi e oltre 400 componenti diversi nell’Operazione Rising Lion ma non ha rivelato se Khamenei sia uno degli obiettivi degli attacchi israeliani, quando gli è stato chiesto da un giornalista.
Secondo la testata iraniana “Nour news”, nel corso degli attacchi sarebbe stato ucciso anche Khosro Hasani, vicecomandante dell’intelligence dell’aeronautica delle Guardie rivoluzionarie islamiche.
“L’obiettivo di Israele è il cambiamento di regime” ha detto Shahram Akbarzadeh, analista di origine iraniana, direttore del Forum per gli studi sul Medio Oriente all’Alfred Deakin Institute, in Australia, intervistato dall’agenzia di stampa italiana Dire.
Lo dimostra anche l’appello rivolto dal primo ministro Benjamin Netanyahu al “coraggioso popolo dell’Iran” in cui il premier (ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza), si è proposto come alleato dei cittadini desiderosi di libertà contro il governo degli ayatollah emerso dalla rivoluzione del 1979. “È giunto il momento per il popolo iraniano di unirsi attorno alla sua bandiera e alla sua eredità storica, battendosi per la propria libertà dal regime malvagio e oppressivo”, ha detto Netanyahu. “Il regime islamico, che vi ha oppresso per quasi 50 anni, minaccia di distruggere il nostro Paese”.
Akbarzadeh valuta che “ci sono molte possibilità di un allargamento all’intera regione e di un coinvolgimento americano. Israele punta sul fatto che, una volta cominciato un conflitto, gli Stati Uniti sono tenuti a rispettare il loro impegno verso la sicurezza del loro alleato”.
Abbattuti gli F-35?
Che l’operazione contro l’Iran risulti prioritaria nello sforzo bellico israeliano è confermato anche ufficialmente dall’IDF che ieri ha reso noto che Gaza è diventata un fronte secondario nella guerra. La decisione è legata anche ai rischi di escalation. La Israeli Air Force (IAF) ha reso noto che la sua operazione contro l’Iran sta “procedendo secondo i piani” e finora tutto sta “funzionando bene” spiegando di poter ora sorvolare Teheran con i suoi jet da combattimento, risultato definito “significativo”.
Tuttavia l’IAF invita gli israeliani a prepararsi a un’ulteriore escalation improvvisa dicendosi impegnata a contrastare i tentativi dell’Iran di lanciare massicci attacchi con missili balistici. Con il passare del tempo, la capacità dell’Iran di lanciare missili contro Israele diminuirà gradualmente, ha assicurato ‘Aeronautica Israeliana.
L’Iran ieri ha annunciato di aver abbattuto un terzo aereo da combattimento israeliano F-35 nell’Ovest dell’Iran e di averne catturato il pilota. Lo si legge sul Teheran Times. Ieri sera le forze iraniane avevano riferito dell’abbattimento di altri due F-35 e della cattura della pilota di uno dei due velivoli oltre ad aver abbattuto “un gran numero di micro veicoli aerei”.
La notizia era stata smentita da Israele ma con una nota ufficiale, lo stato maggiore Difesa iraniano ha affermato che si tratta della “prima volta al mondo che due aerei da combattimento di quinta generazione F-35 vengono abbattuti”.
I due velivoli, secondo Teheran, avrebbero preso parte ai raid israeliani di ieri contro obiettivi strategici in Iran, tra cui centri di comando militari, impianti nucleari e abitazioni civili. Il comunicato aggiunge che il destino dei piloti sarebbe “al momento ignoto” e che sono in corso indagini. Molti i dubbi.
Una delle foto pubblicate mostra un velivolo distrutto con l’ugello del motore ancora incandescente, ma gli analisti hanno notato incongruenze. Secondo l’esperto di sicurezza Lion Udler, ex comandante di un’unità speciale antiterrorismo dell’IDF, si tratterebbe con tutta probabilità di una fake-news. “Il regime iraniano è disperato nel portare risultati al proprio pubblico esaltato e ha diffuso la notizia dell’abbattimento di un F-35I israeliano con una foto generata o manipolata con intelligenza artificiale”, scrive su Telegram.
“I veri F-35I portano la stella di David ben visibile nella parte anteriore della fusoliera, non nella zona posteriore come si vede nella foto. Nessun jet è stato abbattuto”, ha concluso Udler.
Valutazioni
In assenza di improbabili sviluppi terrestri, le operazioni in atto potrebbero risolversi in una guerra d’attrito in cui il primo che finisce i missili balistici o quelli da difesa aerea allenta la presa sull’avversario.
Proprio il timore che Israele necessiti presto (e pretenda) ampie forniture di Patriot e altri sistemi di difesa contro i missili balistici e i droni iraniani preoccupa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che già da tempo vede le sue truppe soffrire forti carenze di armi e munizioni, incluso il settore della difesa aerea.
Sul piano politico la pretesa di Israele e degli Stati Uniti di colpire l’Iran per indurlo a rinunciare all’atomica appare ben poco credibile lasciando intuire che il vero obiettivo sia far cadere il regime degli ayatollah.
Non si spiega in modo diverso il fatto che Israele abbia attaccato Natanz e gli altri centri di rice4ca nucleari col via libera o il nulla osta degli Stati Uniti mentre i negoziati tra USA e Iran erano in corso. La narrazione di Tel Aviv e Washington (con le solite ricadute sui media “allineati” in Italia ed in Europa) ricorda da vicino quella degli Stati Uniti di George W. Bush junior circa le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein alla vigilia dell’invasione dell’Iraq.
Forse è il caso di ricordare che le pretese di “regime -change” nell’Afghanistan dei Talebani, nell’Iraq di Saddam GHussein e nella Libia di Muammar Gheddafi non si sono rivelate dei grandi successi.
Anche l’evocazione israeliana dell’attacco all’Iran per prevenire la distruzione di Israele ricorda la “guerra preventiva” statunitense con qualche limite in più. Non è certo che l’Iran possa disporre presto di 9 armi atomiche (Israele lo annuncia con toni drammatici da decenni) ma è certo che Israele ne schieri almeno 200 con missili balistici Jericho in grado di raggiungere i 10 mila chilometri di distanza nella versione a raggio più esteso. (Jericho IV, intercontinentale tri-stadio). Altre armi nucleari con potenziale più limitato sarebbero imbarcate sui sottomarini israeliani.
L’Iran invece non possiede missili balistici intercontinentali e la sua nutrita forza balistica ha un raggio d’azione che raggiunge al massimo i 2.000 chilometri di distanza, sufficienti a raggiungere Israele e il Mediterraneo sud orientale (vedi la mappa del CSIS qui sopra) ma non il cuore dell’Europa., anche se sono allo studio vettori con raggio d’azione più esteso.
Con buona pace dell’ambasciatore israeliano a Roma Jonathan Peled, che ha sottolineato come Israele stia rimuovendo la minaccia iraniana non solo per la sua sicurezza ma anche per quella dell’Europa poiché oltre al programma nucleare, “l’Iran ha accelerato anche il suo programma di missili balistici: ne ha centinaia che possono raggiungere anche Roma, Parigi, Londra”, ha spiegato l’ambasciatore sottolineando che “un’altra cosa che dovrebbe preoccupare gli europei è l’alleanza tra l’Iran e la Russia”.
Insomma Israele combatte per noi, come l’Ucraina.
Vale la pena ricordare che un accordo sul nucleare iraniano ritenuto da tutti (tranne Israele) soddisfacente, era già stato raggiunto e firmato nel luglio 2015 (Joint Comprehensive Plan of Action – JCPOA) ma venne denunciato nel 2018 proprio dalla prima amministrazione Trump, su pressione del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, con l’imposizione di nuove sanzioni e l’esclusione dell’Iran dai circuiti finanziari internazionali. Non c’è da stupirsi se dal 2019 l’Iran ha ripreso progressivamente ad arricchire l’uranio.
Più fonti israeliane, incluso Netanyahu, hanno dichiarato che il rapporto dell’Agenzia Internazionale sull’energia atomica che evidenziava le resistenze iraniane a consentire le ispezioni dell’AIEA hanno indotto Israele ad attaccare gli impianti atomici perché l’Iran potrebbe produrre 9 bombe nucleari utilizzando il materiale fissile arricchito di cui dispone.
Ma Israele, che non ha mai reso noto di essere una potenza nucleare, non ha mai aderito al Trattato per la non proliferazione atomica e non ha mai accolto un solo ispettore dell’AIEA nei suoi centri nucleari militari con quale faccia può muovere guerra all’Iran?
La sua ampia deterrenza nucleare non aiuta lo Stato ebraico a vincere contro Hamas ma gli offre la garanzia di non poter perdere una guerra e il proprio territorio.
Stupefacente poi rilevare che raid aerei contro siti che contengono uranio arricchito, quindi in grado di sviluppare un grave incidente radioattivo, non abbiamo portato a dure critiche a Israele, redarguito solo da una blanda lamentela di Grossi all’ONU.
Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, si tratta già di un passo avanti rispetto a quando politica e media in Italia ed Europa condannavano i russi per i supposti bombardamenti sulla centrale atomica Energodar nella regione di Zaporizhia, quando in realtà la centrale era in mano ai russi e a bombardarla erano gli ucraini.
Tornando al conflitto Iran-Israele appare difficile credere che il mondo di oggi possa tollerale ancora l’arroganza con cui la più grande potenza nucleare del mondo (Stati Uniti) e la più grande potenza nucleare “clandestina” (Israele) muovono guerra all’Iran che dell’arma nucleare potrebbe avere bisogno a scopo deterrente, considerato che tra i suoi vicini anche Russia e Pakistan sono potenze nucleari.
Il rischio è che i raid contro i suoi impianti atomici rafforzino la convinzione degli stati maggiori iraniani che la “bomba” è necessaria.
Se l’Iran raggiungesse lo status di potenza nucleare con Israele si potrebbe creare un equilibrio simile a quello instauratosi tra India e Pakistan, che a volte si confrontano in scaramucce o battaglie ma tengono sempre sotto controllo l’escalation. Anche la Corea del Nord, da quando ha la bomba, non viene più minacciata di attacco dagli Stati Uniti.
Inoltre, in un’epoca di multipolarismo, non è più accettabile che da decenni USA e Israele violino confini, sovranità, leggi nazionali diritto internazionale uccidendo ovunque chiunque considerino un loro nemico, anche potenziale.
Continuare ad esercitare questo ruolo carico di arroganza rischia di portare USA e Israele (e tutto l’Occidente se si accoderà in modo acritico) a trovarsi isolati da un mondo che cambia e in cui stiamo rimanendo indietro fino a diventare il fanalino di coda.
Una riflessione che dovrebbe riguardare soprattutto noi europei. Siamo già l’area industrializzata che paga i costi più alti per l’energia (anche a causa delle scelte suicide assunte circa la guerra in Ucraina), e l’attacco israeliano all’Iran sta già portando a una brusca impennata dei prezzi di gas e petrolio.
Se Teheran per rappresaglia chiudesse lo Stretto di Hormuz, sarebbe l’Europa la prima a pagare un prezzo elevatissimo in termini economici. Che rappresenterebbe probabilmente il colpo di grazie alla nostra agonizzante industria.
Foto: IDF, FARS, IRNA, Tasnim, CSIS, Institute for the Study of the War e Casa Bianca
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