José Antonio Kast, ecco idee e programmi del nuovo presidente del Cile
da TERMOMETRO GEOPOLITICO (Marco Orioles)

José Antonio Kast ha vinto le elezioni presidenziali in Cile, segnando un netto spostamento a destra del paese motivato da preoccupazioni su sicurezza e immigrazione. Tutti i dettagli.
José Antonio Kast, conservatore di estrema destra, ha conquistato la presidenza del Cile con una vittoria netta al ballottaggio, ottenendo oltre il 58% dei voti contro Jeannette Jara, candidata della coalizione di sinistra.
Si tratta del più marcato spostamento a destra nella politica cilena dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet nel 1990.
Le elezioni si sono svolte in un contesto di crescente insicurezza e malcontento che ha spalancato la strada a questo cambiamento, con una campagna elettorale dominata dai temi della criminalità e dell’immigrazione.
Profilo di Kast
A 59 anni, padre di nove figli e cattolico praticante, Kast incarna una figura controversa con radici profonde nel conservatorismo cileno.
Figlio di immigrati tedeschi – il padre Michael fu membro del Partito Nazista e combatté nell’esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale, come rivela il New York Times – ha legami familiari con la dittatura: il fratello Miguel fu ministro sotto Pinochet. Kast ha espresso ammirazione per il generale, lodandone le politiche economiche pur condannando le violazioni dei diritti umani.
La sua traiettoria politica inizia da studente alla Pontificia Università Cattolica, dove sostenne la continuazione del regime nel plebiscito del 1988.
Eletto deputato nel 2001, si distinse – come ricorda NPR – per posizioni ultra-conservatrici: fondò un fronte parlamentare “per la vita”, opponendosi all’aborto anche in caso di stupro, al matrimonio gay e alla pillola del giorno dopo.
Nel 2016 abbandonò il partito conservatore tradizionale per creare il Partito Repubblicano, basato su difesa della vita dal concepimento, valori familiari e libero mercato.
Dopo due tentativi falliti di correre per la presidenza, Kast ha imparato a moderare il messaggio, evitando temi divisivi e concentrandosi su sicurezza e immigrazione, ispirandosi a figure come Giorgia Meloni, con cui secondo il New York Times mostra affinità ideologiche. D’altronde, sottolinea ancora il Nyt, Kast è un ammiratore di Trump e Orbán, ha partecipato a summit conservatori internazionali e studiato misure anti-gang in El Salvador.
Critici citati da Reuters lo accusano di nascondere posizioni estreme per attrarre consensi moderati, mentre i sostenitori, intervistati dal Financial Times, lo vedono come il segnale di un ritorno a un’epoca di ordine e tranquillità.
Il programma elettorale
La piattaforma di Kast si è concentrata soprattutto su sicurezza e immigrazione, promettendo un “governo di emergenza” per ristabilire l’ordine.
Come scrive la BBC, ha proposto un muro al confine nord con Perù e Bolivia – con recinzioni elettriche e trincee – sul modello trumpiano, oltre a centri di detenzione e deportazioni di massa per i circa 330.000 migranti irregolari. Come riporta il Guardian, ha lanciato un ultimatum: partire entro l’11 marzo, data del suo insediamento, o subire espulsioni forzate.
Contro la criminalità, il neo-presidente prevede prigioni di massima sicurezza, potenziamento delle forze dell’ordine e pene più severe, inclusa una polizia speciale per espulsioni rapide ispirata secondo Reuters all’ICE statunitense. Ha spesso legato il crimine organizzato all’immigrazione, nonostante i dati contrari citati dalla BBC.
Sul piano economico, Kast abbraccia il neoliberismo: tagli alla spesa, deregolamentazione e riduzione delle tasse per favorire la crescita, misure che a detta del Financial Times hanno già rallegrato gli investitori.
Come sottolinea NPR, da candidato ha evitato temi sociali controversi, pur mantenendo posizioni anti-aborto e pro-famiglia tradizionale.
Il risultato si inserisce in un’onda regionale verso destra, con vittorie recenti in Argentina, Ecuador e Bolivia. Leader come Javier Milei e Daniel Noboa hanno salutato l’elezione di Kast come un ulteriore rifiuto del “socialismo del XXI secolo”.
Una sfida polarizzata
La campagna presidenziale è stata tra le più accese degli ultimi decenni, con sicurezza, immigrazione e criminalità a dominare il dibattito.
La sua sfidante Jara è apparsa a molti come la candidata della continuità con Boric, pagando il prezzo della bassa popolarità dell’esecutivo uscente.
La BBC descrive sostenitori di Kast che festeggiavano con cappelli “Make Chile Great Again”, slogan che riecheggia quello di Donald Trump, a cui Kast si richiama esplicitamente.
La polarizzazione è emersa chiaramente: da una parte l’entusiasmo nelle strade di Santiago per un ritorno all’ordine, come racconta NPR; dall’altra la preoccupazione di chi, intervistato dalla BBC, temeva un regresso al passato autoritario per via dei legami familiari di Kast con Pinochet.
Grazie al voto di protesta e all’eredità dei consensi di altri candidati di destra eliminati al primo turno, Kast ha conquistato anche zone tradizionalmente di sinistra.
In un’elezione con affluenza obbligatoria, molti hanno visto in lui l’alternativa più convincente, pur con qualche riserva, come emerge dalle interviste raccolte dal Financial Times.
Un mandato chiaro, ma con ostacoli davanti
Nel discorso della vittoria, come riporta il Nyt, Kast ha promesso un Cile “libero dal crimine, dall’angoscia e dalla paura”, parlando a una folla festante che sventolava bandiere nazionali e striscioni contro l’immigrazione irregolare.
Tuttavia, Reuters avverte che Kast non disporrà di una maggioranza assoluta in Congresso: il Senato è spaccato a metà e alla Camera serviranno alleanze con forze populiste.
Questo potrebbe costringere a moderare proposte radicali, come i tagli alla spesa pubblica da 6 miliardi di dollari in 18 mesi, di cui il Financial Times mette in dubbio la concreta attuazione.
Il New York Times sottolinea che, pur avendo un mandato forte, Kast dovrà gestire un elettorato variegato per evitare di alienare i voti moderati.
Analisti del Nyt prevedono in particolare che, senza maggioranza parlamentare, alcune promesse verranno annacquate. Kast ha comunque ribadito che non esistono “soluzioni magiche”, ma solo perseveranza per un Cile finalmente “senza paura”.
Un paese alla ricerca di ordine
Il Cile, da tempo uno dei paesi più stabili e sicuri del Sud America, negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con un aumento della criminalità organizzata e dell’immigrazione irregolare, fattori che hanno alimentato un diffuso senso di insicurezza.
Come scrive la BBC, molti cittadini hanno finito per collegare questi problemi all’arrivo massiccio di migranti, soprattutto venezuelani, nonostante i dati indichino un tasso di omicidi in calo e una minore propensione al crimine tra gli stranieri.
Il New York Times cita un sondaggio Ipsos secondo cui quasi due terzi dei cileni considera la sicurezza la priorità assoluta, un valore doppio rispetto alla media mondiale.
A questo si è aggiunto il malcontento verso l’amministrazione uscente di Gabriel Boric, la cui popolarità è crollata per le riforme bloccate e per una gestione percepita come debole sul fronte della sicurezza.
Il Guardian sottolinea come il voto abbia rappresentato un rifiuto netto della continuità di sinistra, mentre Kast ha dipinto un paese sull’orlo del caos.
Il Financial Times ricorda che le grandi proteste del 2019 contro le disuguaglianze avevano inizialmente favorito la sinistra, ma oggi i cileni sembrano privilegiare la stabilità.
Con il ritorno del voto obbligatorio, molti si sono trovati a scegliere tra opzioni percepite come estreme, optando spesso per il “cambiamento necessario”.
FONTE: https://www.startmag.it/mondo/jose-kast-elezioni-presidenziali-cile/





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