Lo squadrista bamboccione
di FERDINANDO PASTORE (Pagina FB)

Uno dei grandi guai dei nostri tempi è aver riabilitato i repressi. L’attenzione alla sensibilità politicamente corretta ha dovuto tendere una mano a quelli che venivano chiamati bambini impuniti. A Roma si chiamavano “puzzoni”. Un po’ frignoni, tanto figli di mammà, se ne andavano piangendo alla prima presa in giro, in genere col pallone sottobraccio. La loro socialità era trasfigurata da madri iper-apprensive capaci di trasmettere quel panico relazionale che si sarebbe trasformato in aggressività latente.
Non si divertivano mai. La loro sfida era provocare negli altri una reazione per poi impermalosirsi in pianti accusatori pieni di bile. Ecco, questi prototipi di essere umano crescevano mantenendo le stesse caratteristiche di bimbo, però imprigionato nel corpo di un gigante. Quella suscettibilità impunita non l’avrebbero mai dispersa. I videogiochi sarebbero diventati il loro amico immaginario, anche in età adulta. Il risentimento la loro coperta di Linus.
Negli anni dell’inclusione programmata dal Ministero della Verità, la loro personalità è stata socializzata, idealizzata in modello algoritmico. Quell’indole, potenzialmente nazista e un tempo giustamente nascosta nelle camerette, è stata utilizzata per modellare gli influencer virtuali e la loro propaganda ideologica tutta ottimismo, occidente e mercato. E ora anche guerra. Azione, Più Europa, Partito Radicale e Italia Viva raggruppano in un unico agglomerato questi squadristi glabri, questi fanciulli verbosi sempre rassicurati dai tripli saloni dove mamma e papà leggono le riviste più glamour pianificando la prossima Courmayeur. Arrivano, infatti, le vacanze di Natale, immancabilmente col bamboccione al seguito.
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