Scuola, un uomo solo al comando
di RINO CAPASSO (Cobas Scuola)
Il filo conduttore del ddl Renzi sulla cosiddetta Buona scuola è evidente sin dal titolo e dai primi articoli: per potenziare l’autonomia scolastica “è rafforzata la funzione del Dirigente scolastico” (art. 2) che diventa “responsabile (…) delle scelte didattiche, formative, della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti” (art. 7).
Prima di tutto il DS ha il potere-dovere di elaborare entro ottobre il Piano triennale dell’offerta formativa, su cui Collegio e Consiglio d’Istituto sono solo “sentiti”, insieme “con l’eventuale coinvolgimento dei principali attori economici, sociali e culturali del territorio” (art. 2). Quindi il potere decisionale è di competenza esclusiva del DS.
Il Piano dovrà contenere il fabbisogno dell’organico dell’autonomia, articolato in posti comuni, posti di sostegno e quelli per il “potenziamento dell’offerta formativa” (progetti vari, supplenze …), nonché il fabbisogno di infrastrutture e materiali. Su tale base i DS scelgono i docenti dell’organico dell’autonomia (art. 7) nell’ambito di albi territoriali organizzati per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Il DS potrà proporre l’incarico anche a docenti di altre scuole in un’ottica di competizione tra le scuole ad accaparrarsi docenti, magari offrendo premi di merito. Tutto questo non accadrà sulla base di criteri oggettivi (anzianità di servizio, titoli, continuità di servizio), ma sulla base della valutazione discrezionale del DS, che dovrà solo pubblicare criteri e motivazioni, che potranno esser diversi da scuola a scuola.
In nome della flessibilità, il DS potrà scegliere anche docenti da destinare all’insegnamento di materie non comprese nella classe di concorso, purché sia in possesso del relativo titolo di studio: immaginiamo gli effetti sulla qualità dell’insegnamento, che d’altronde deve diventare sempre più un’infarinatura general–generica. La chiamata nominativa, insieme ai premi ai “meritevoli” e ad altri strumenti, mette il docente in una condizione di subordinazione nei confronti del DS, che non riguarda più solo gli aspetti amministrativi, ma anche il campo della didattica e della stessa valutazione, con una drastica riduzione della libertà di insegnamento e del pluralismo che dovrebbe caratterizzare la scuola pubblica prevista dalla Costituzione. Anche quel che resta di democrazia collegiale sarà seriamente compromesso perché un docente sotto continuo controllo gerarchico sarà di fatto meno libero di esercitare il proprio dissenso nell’ambito degli organi collegiali.
Anche le esperienze di alternanza scuola lavoro e l’attivazione dei contratti di apprendistato sono tra i contenuti del Piano. A partire dalle classi terze del 2015/2016, 400 ore per il triennio dei tecnici e professionali e 200 per quello dei licei devono essere destinate alla formazione aziendale, che può, ma non deve necessariamente, essere svolta durante la sospensione delle lezioni, nonché con le modalità dell’impresa simulata. Quindi l’alternanza può essere sia sostitutiva che complementare alle ore di insegnamento. Nel primo caso possiamo arrivare anche a 133 ore all’anno, cioè 4 a settimana, sottratte all’insegnamento. Anche nel caso di alternanza fatta in orario extracurriculare, ma di pomeriggio con le lezioni al mattino è evidente il possibile effetto negativo sull’apprendimento, soprattutto se si segue una logica puramente sommatoria e non funzionale al miglioramento del lavoro in classe, che dovrebbe essere il centro del fare scuola.
Inoltre, già dal secondo anno gli studenti di tutti gli indirizzi potranno svolgere formazione aziendale tramite i contratti di apprendistato. La formazione aziendale si caratterizza nel migliore dei casi per l’apprendimento rapido di nozioni o saper fare decontestualizzati, da smettere rapidamente per acquisire altri saperi e saper fare analoghi, come è tipico di una forza lavoro flessibile e precaria. Nel peggiore e più diffuso dei casi, la formazione aziendale è lavoro gratuito o sottopagato, come nel caso degli apprendisti che sono sotto inquadrati di due livelli. A mio parere, fino ai 18 anni bisogna fare tutto il possibile per formare tutti gli studenti a scuola e solo dopo deve partire la formazione in azienda.
È probabile che i risultati ai quiz Invalsi siano uno dei criteri di valutazione del merito dei docenti, anche questa di esclusiva competenza del DS, che dovrà solo “sentire” il Consiglio d’istituto. Si tratta di 200 milioni all’anno dal 2016, da ripartire tra le scuole in proporzione all’organico, che i DS potranno usare per premiare i migliori (il comunicato stampa del governo parla di 5% dei docenti di ogni scuola) in base alla “valutazione dell’attività didattica” con riferimento “ai risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, di rendimento scolastico degli studenti [bisognerà alzare i voti e praticare il 6 di mercato], di progettualità nella metodologia didattica, di innovatività e contributo al miglioramento complessivo della scuola” (art. 11). Quindi, la valutazione tocca sia l’attività al di fuori della classe (il progettificio e le attività funzionali all’insegnamento), sia quel che finora eravamo riusciti a malapena a preservare: il lavoro in classe. Lo scopo è scatenare la competizione e la concorrenza individuale tra i docenti – come nelle aziende private – perché questo migliorerebbe la qualità della scuola.
I DS sceglieranno i più bravi in base a fattori lobbystici, tra quelli che sono a priori d’accordo con loro, tra quelli che privilegiano la scuola dei progetti dispersivi e autoreferenziali rispetto al lavoro in classe, tra i componenti dello staff (i collaboratori salgono a 3, art. 7). Insomma, servilismo, clientelismo, approccio esecutivo saranno premiati, mentre coloro che osano criticare il DS o semplicemente hanno maggiore autonomia di giudizio saranno marginalizzati o addirittura non avranno il rinnovo dell’incarico triennale?
Le scuole-aziende dovranno competere sul mercato anche a caccia di finanziamenti: le imprese private, i genitori potranno destinare il 5 per mille anche alle scuole, sia statali che paritarie. È facile immaginare che le scuole private imporranno tale donazione per ridurre i costi delle iscrizioni. Tra le scuole pubbliche l’effetto sarà che quelle con studenti provenienti da famiglie più ricche avranno più risorse rispetto alle scuole dei poveri o degli immigrati: scuole di serie A e B anche dal punto di vista delle risorse economiche, come è tipico del modello privatistico USA. Vengono anche incentivate le erogazioni liberali con un credito di imposta del 65% nel 2015 e del 50% negli anni successivi. Ma soprattutto la dequalificazione della scuola pubblica dovrà servire a potenziare le scuole private, a cui vengono destinati altri 116 milioni per il 2016 e successivamente 66,4 milioni annui, mediante detrazioni di imposta del 19 % delle spese di iscrizione.
Quindi, ricapitolando l’Uomo solo al comando: sceglie i docenti che possono venire nella Sua scuola per l’incarico, che però è solo triennale, con conseguente ricattabilità del docente per mancato rinnovo; sceglie e retribuisce con il premio i più bravi; con il Piano triennale decide gli insegnamenti opzionali, le attività di alternanza scuola lavoro, i contratti di apprendistato e l’organico dell’autonomia con la relativa differenziazione delle funzioni (insegnamento o potenziamento dell’offerta formativa); può destinare il docente anche all’insegnamento di materie non comprese nella classe di concorso; decide sulla riduzione del numero di alunni in alcune classi e sull’incremento in altre; decide sulla formazione obbligatoria; può licenziare in tronco alla fine dell’anno di prova ecc.
Mi pare che ve ne sia abbastanza per dire che il significato dell’acronimo DS non sia Dirigente Scolastico, ma Dittatore Scolastico!
Buon articolo. Mia moglie ne ha stampata una copia per trarne citazioni per un libro che sta scrivendo su questa controriforma.
Due osservazioni da parte di un non-addetto ai lavori:
1) ancor più preoccupante di quanto esposto da Marano è la genericità (quasi certamente intenzionale) del testo di riforma, che consentirà ai passacarte della dittatura europea di moltiplicarne la perniciosità in fieri;
2) bisogna comunque ammettere che una qualche forma di controllo sull’operato degl’insegnanti è dovuta, specie dopo le assunzioni di cani e porci degli anni settanta-ottanta. Un sistema incapace di riformarsi virtuosamente finisce per essere riformato perversamente.