La natura della moneta nella politica economica dello Stato
di NICOLA DI CESARE (ARS Cagliari)
L’obiettivo di questo articolo è fornire al lettore un quadro sinottico tecnico, non inficiato da opinioni di qualsivoglia natura, utile a identificare le possibilità di utilizzo della moneta e le relative conseguenze macroeconomiche.
Uno Stato ha unicamente tre modi per finanziare le proprie spese: tassare, ricorrere al debito, stampare moneta e dunque monetizzare il debito.
Questa affermazione è tecnicamente corretta ma non dice nulla sulla proprietà della moneta; quando ci si riferisce a soluzioni di politica monetaria, è infatti indispensabile precisare la natura della moneta in questione perché in funzione del tipo di moneta in gioco gli effetti scaturenti da tali politiche sono enormemente differenti.
Un secondo ma non secondario elemento determinante è la natura del tessuto produttivo su cui impattano le diverse politiche monetarie; inoltre, come sappiamo, dalla natura della moneta dipende anche l’architettura e il funzionamento del sistema di distribuzione della moneta che partendo dalle funzioni della Banca centrale permeano tutto il sistema degli intermediari creditizi.
La moneta può essere dunque di due tipi: Privata o Pubblica.
Si parla di moneta privata quando una legge dello Stato cede la proprietà della moneta (cartacea o elettronica) in forma prevalente a delle persone giuridiche, imprese di tipo creditizio, la cui proprietà può anche non afferire a gruppi industriali di varia natura. In questo caso la moneta cessa la sua natura di “bene pubblico” e si comporta esattamente come un qualsiasi bene-merce privato. Per essere più chiari, la moneta è posseduta solo da alcuni soggetti privati che in regime di economia aperta non sono necessariamente cittadini nazionali ma più spesso stranieri.
Quando la moneta è di tipo privato, come nei casi verificatisi fino ad oggi, i suoi proprietari decidono, in totale autonomia dagli stati che l’adottano, in che quantità, quando e a che prezzo emetterla e le loro decisioni sono totalmente influenzate dalle forze agenti sui mercati finanziari e dei beni.
In questo caso non si può parlare di politica monetaria, in quanto gli agenti pubblici non possono agire in alcun modo sulla gestione del bene-moneta ma sono dei semplici “policy-taker”, anche nel caso in cui il concessionario privato decidesse di non rispettare le regole fissate per la concessione.
L’esempio più lampante di moneta privata è quello dell’Euro la cui proprietà è stata ceduta gratuitamente a una società privata, la BCE, da un pool di banche centrali nazionali, anch’esse di natura privata, tramite norme nazionali imposte da accordi governativi di carattere internazionale di natura non democratica (mai votate su base popolare e mai delegate a nessuna autorità di carattere elettivo). A testimonianza di ciò potrete osservare il simbolo di Copyright © stampato sui biglietti che avete in tasca; se fossero di proprietà pubblica non avrebbero necessità di essere tutelati dalle leggi sul diritto di autore.
Ora torniamo al primo capoverso e analizziamo gli effetti delle possibili politiche di finanziamento delle spese di uno Stato in regime di adozione di una moneta privata; in questo caso lo schema è moneta privata/banche private.
A) Tassare. Non disponendo di moneta propria, lo Stato decide di sottrarre quota parte del reddito disponibile dei cittadini per sopportare interamente le proprie spese e di agire unicamente in regime di pareggio di bilancio. I cittadini devono ridurre spese e investimenti e approvvigionarsi di denaro sul mercato della moneta ai tassi che il mercato impone. Questo schema è sostenibile solo nel caso in cui il tasso di crescita del PIL è superiore al tasso d’ interesse reale imposto dal mercato. Ciò è possibile solo in regime di economia aperta di stampo mercantile e cioè di un’economia in costante forte avanzo di bilancia e attraverso il continuo impoverimento dei salari sui quali sono scaricate eventuali guerre di competitività commerciali.
B) Ricorrere al debito. Lo Stato non può mai garantire la restituzione del debito e dunque è il mercato a decidere i tassi reali di interesse per l’approvvigionamento di moneta. Tali tassi sono crescenti al crescere dello stock di debito. Considerato che i proprietari della moneta richiedono tassi di interesse reali positivi, ad ogni esercizio lo Stato, con sistematici avanzi primari, è costretto, per onorare gli oneri sul debito, a sottrarre al sistema economico risorse che non possono essere reinvestite nel sistema stesso e che in genere finiscono per alimentare la speculazione all’esterno dei confini del paese. Anche in questo caso lo schema è insostenibile nel lungo periodo a meno che il tasso di crescita del PIL sia superiore ai tassi di interesse reali praticati dal mercato. In tal caso l’aumento del gettito sarebbe in grado di ripagare il maggior servizio sul debito. Ciò può avvenire solo in presenza di forti e costanti avanzi della bilancia (vedi caso A). Ogni piccola crisi internazionale manda a gambe per aria tutto il sistema economico per effetto delle pretese speculative dei mercati.
C) Monetizzare il debito. Impossibile. Non è lo Stato a poter emettere moneta in quanto non ne è proprietario. In questo caso lo Stato non può assurgere a garante di ultima istanza nei casi di crisi di debito pubblico o privato, fallimento del sistema bancario o di fallimenti a catena nell’economia reale. Tutto il sistema economico è sotto il ricatto dei mercati e può essere spazzato via senza possibilità di salvezza. Ciò comporta l’espropriazione dei beni dello Stato da parte dei creditori privati: banche, riserve auree, terre, giacimenti, acque, porti, aeroporti, aziende, opere d’arte, monumenti, strutture ospedaliere, università e tutto ciò che abbia un valore di mercato (vedere caso Grecia).
In ognuno di questi casi, il tasso d’inflazione è deciso dal mercato ovvero è di natura comunque esogena. L’agente pubblico non può definire nessuna politica industriale ne’ salariale ne’sociale. L’unico salario possibile è quello compatibile con la competitività sui mercati data dal livello di produttività del sistema produttivo; l’unica politica industriale possibile è quella decisa a livello microeconomico sulla base delle convenienze dell’investitore privato e dunque tendente alla delocalizzazione dei fattori meno efficienti; l’unica politica sociale possibile è quella compatibile con la capacità di spesa pressoché nulla. Allo Stato è inoltre impedito di intervenire a correzione dei fallimenti di mercato.
In questo stesso schema rientra anche il caso di moneta nazionale privata, introdotto in Italia con la privatizzazione del sistema bancario che in cascata si è riflessa nella privatizzazione della Banca d’Italia i cui proprietari sono appunto le banche privatizzate. (Legge Amato 30 luglio 1990, n. 218 e legge Dini 30 luglio 1994, n. 474).
Ora analizziamo gli effetti delle possibili politiche di finanziamento delle spese di uno Stato in caso di adozione di una moneta di natura pubblica. In questo schema la Banca centrale o Banca di emissione può essere o meno partecipata dal sistema bancario nazionale che è di prevalente proprietà Statale ed ha la natura di Ente economico strumentale dello stato con poteri di vigilanza e di emissione di moneta ad alto potenziale con funzioni più o meno derivanti dagli indirizzi del Ministero del Tesoro. (Schema adottato in Italia prima del 1981).
I. Tassare. In questo schema lo strumento della tassazione è orientato unicamente ai seguenti obiettivi: il controllo del tasso di inflazione e del livello di crescita dell’economia. Nel caso di mancata copertura delle proprie spese lo Stato può agire con le modalità successivamente esposte.
II. Ricorrere al debito. Lo Stato sceglie il ricorso al debito quando intenda mantenere costanti i livelli della massa monetaria. Lo Stato raccoglie moneta dal mercato o dal sistema bancario pubblico a un tasso reale deciso dallo Stato stesso in quanto debitore perfettamente garante; la raccolta è prevalentemente interna e prevalentemente proveniente dal risparmio; lo Stato reimmette nel sistema economico la moneta raccolta secondo le linee di politica industriale, salariale e occupazionale desiderate. Il debito è contratto in genere a tassi reali negativi ed è nel lungo periodo autoestinguente.
III. Monetizzare il debito. Lo Stato acquista direttamente dalla banca centrale la moneta necessaria alle proprie esigenze. La Banca Centrale espande il proprio bilancio stampando moneta e ricevendo in cambio dallo stato titoli di debito pubblico; il rendimento su questi titoli è fittizio in quanto, essendo la BC di proprietà dello stesso debitore gli oneri del servizio sul debito tornano nelle casse dello stato così come gli eventuali proventi da signoraggio. Un modo più diretto è utilizzare la stampa di moneta da parte della BC per finanziare direttamente il Conto Corrente di Tesoreria dello Stato senza l’intermediazione del ricorso al mercato dei titoli di debito.
IV. Monetizzazione con biglietti di Stato. Lo Stato emette moneta cartacea senza ricorrere alla Stampa di Banconote da parte della Banca centrale.
Nei casi III e IV lo Stato deve valutare attentamente se l’espansione sconsiderata della base monetaria possa o meno provocare un eccessivo livello di sviluppo dell’economia tale da provocare aumenti speculativi del livello dei prezzi.
Tenendo presente la netta differenza tra un livello di inflazione voluto e controllato, quale motore di una economia in fase dinamica, e un aumento incontrollato del livello generale dei prezzi (fasi inflattive in accelerazione) si può ricordare che quest’ultimo può avere due principali cause derivanti da un eccesso di liquidità nell’economia reale; la prima scaturisce in conseguenza di situazioni in cui la domanda di lavoro è superiore all’offerta le quali generano tensioni rialziste dei livelli salariali che si ripercuotono poi sul tasso di inflazione; la seconda è un aumento incontrollato dei prezzi degli input di processo di provenienza estera, ciò che accadde in Italia con le due ravvicinate crisi petrolifere degli anni ’73 e ’79 del novecento. Moderatamente influente risulta invece essere l’effetto inflattivo delle bolle speculative sulle attività mobiliari e immobiliari le quali, semmai, possono indurre effetti fortemente deflattivi durante la loro fase di scoppio.
Un tasso d’inflazione controllato e voluto, costantemente superiore ai tassi di inflazione esteri è sopportabile attraverso continue svalutazioni del cambio le quali hanno tre effetti principali. Il primo è quello di aggiustamento della bilancia attraverso la riduzione delle merci importate; il secondo è quello di rendere competitive le esportazioni senza dover attuare riduzioni dei salari che penalizzerebbero la domanda interna. Il terzo riguarda le scelte degli agenti economici che sono indotti a detenere meno liquidità e a investire maggiormente in un’ economia reale dinamica con ridotti rischi di fallimento, creando così lavoro e sviluppo.
Malgrado i rischi suesposti, il ricorso alle politiche III e IV è tuttavia necessario all’attuazione di politiche di sviluppo in situazioni di sottoccupazione, di fallimenti di mercato o carenza nei livelli infrastrutturali, nei casi in cui la scarsità di moneta ne precluda la possibilità di innesco, anche se da considerarsi molto delicate per l’equilibrio economico del sistema in quanto conferiscono all’agente pubblico un potere che può essere utilizzato in senso speculativo e degenerare in malversazione politica.
Il controllo del potere di emissione da parte dell’esecutivo va accuratamente definito con la costruzione di un giusto sistema di bilanciamento di poteri che devono tuttavia restare all’interno dell’alveo del controllo istituzionale di natura pienamente pubblica. Cionondimeno uno Stato sovrano può comunque correggere eventuali effetti distorsivi ricorrendo ad operazioni monetarie di mercato aperto e ridefinendo politiche di bilancio attraverso il perseguimento di temporanei avanzi primari e secondari tali da raffreddare le tensioni speculative. A tale scopo lo Stato deve poter attuare politiche di limitazione delle manovre speculative finanziarie attraverso il pieno controllo dei mercati dei titoli e della moneta.
Fino al 1981, quando ingerenze politiche di carattere internazionale imposero l’impossibilità per i governi di utilizzare a propria scelta la Banca d’Italia come acquirente di ultima istanza sul mercato primario dei titoli di Stato, il debito pubblico dell’Italia era stabile intorno al 68% del PIL, la metà dell’attuale; il resto si abbatté sull’Italia nel 1992, con il Trattato di Maastricht, il quale , per consentire ai paesi dell’Eurozona di entrare a far parte della moneta unica, vietò esplicitamente alle Banche Centrali di concedere scoperti di conto corrente alle amministrazioni pubbliche, o di acquistare direttamente titoli di debito pubblico. Ciò testimonia della bontà e dell’efficacia delle politiche monetarie sovrane adottate dall’Italia fino ad allora, periodo in cui i bilanci pubblici si finanziavano a tassi reali negativi con indubbio vantaggio per l’intero sistema economico.
In questa breve disamina è stato tralasciato il ruolo regolatorio del Tasso ufficiale di sconto. La fissazione del TUS ha ovviamente dirette conseguenze sui tassi praticati sui titoli di Stato; in caso di moneta privata esso è esogenamente imposto e non può essere manovrato dai governi i quali devono accettarlo così com’è; in caso di moneta pubblica risulta essere uno strumento di regolazione della domanda di moneta e influenza direttamente il costo del servizio sul debito da contrarre con operazioni di mercato aperto, rappresentando un ulteriore utile strumento per l’attuazione delle politiche di bilancio e di politica economica.
Come si può comprendere da quanto esposto, la privatizzazione della moneta che tutti oggi subiamo e di cui solo alcuni settori economici beneficiano in modo speculativo, presuppone di pari passo l’estinzione dello Stato sovrano e la sua sostituzione con un regime dittatoriale basato sul potere delle forze di mercato anonime e apolidi che prescindono da qualunque sistema normativo giuridico costituzionalmente fondato.
atrticolo troppo chiaro per esserecompreso da Chi non ne vuole sentire. Purtroppo
prima di poter rinsavire dovra- arrivare il Diluvio purificatore?
Sarebbe troppo semplice governare per ilbene comune, considerando inprimis
le persone invece del diomercato.
Comunque ben vengano articoli comequesto. Si puo sempre sperare nel
rinsavimeento dellamaggioranza.