Stamane a Pontedera corteo USB e blocco treni per lo sciopero
di CONTROPIANO (Redazione)
CONTRO LE POLITICHE DI DEINDUSTRIALIZZAZIONE DELLA PIAGGIO LA CENTRALIZZAZIONE AUTORITARIA DELLE AZIENDE PUBBLICHE PER LA DIFESA DEL SISTEMA PRODUTTIVO E DEI SERVIZI PUBBLICI DI TUTTO IL TERRITORIO DI PISA E LIVORNO CHIEDIAMO UN INCONTRO CON IL MINISTRO DELL’INDUSTRIA CALENDA.
Nella giornata di sciopero generale indetta per venerdì 21 ottobre, le federazioni di Livorno e Pisa dell’Unione Sindacale di Base promuovono la manifestazione territoriale a Pontedera, perché essa è una città simbolo dei processi di deindustrializzazione che caratterizzano da oltre un trentennio le “strategie” della classe padronale italiana, proiettata verso i mercati esteri e la finanziarizzazione dei lauti profitti estorti a lavoratori sfruttati due volte, sia come mano d’opera sia come contribuenti fiscali. Una deindustrializzazione che fa il paio con grandi accentramenti aziendali, che preludono a una definitiva privatizzazione dei servizi pubblici e dei trasporti.
Possiamo dire che questi processi sono la versione sociale / produttiva dell’accentramento del potere politico in atto con l’attacco alla Costituzione da parte del governo Renzi. Alla crisi economica, di dimensioni continentali e internazionali, i poteri forti industriali, finanziari e politici rispondono in questo modo. Come non vedere dietro a questi piani la regia della “Troika” europea (Commissione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale), che impone ai governi nazionali una tabella di marcia distruttiva di un’intera civiltà, costruita attraverso il conflitto di classe post bellico?
Parliamo dell’intero sistema del welfare e di relazioni sindacali che avevano spostato, a favore del mondo del lavoro, rapporti di forza che significavano diritti e dignità, sia dentro sia fuori fabbriche e uffici. Sui nostri territori questi processi avvengono attraverso l’accentramento del sistema di controllo dell’igiene urbana in ATO Costa, del sistema aeroportuale, del sistema sanitario regionale, dei settori della ricerca pubblica e dell’Università. Insieme a questa colossale ridefinizione dei sistemi di controllo e comando sul lavoro, continua la spinta alle delocalizzazioni, che vede o la svendita di interi sistemi produttivi a multinazionali straniere, o l’emigrazione di impianti e know how aziendale verso l’estero, dove il costo del lavoro, dei servizi all’impresa e delle materie prime è più congeniale ai profitti dei padroni.
A Pisa parliamo delle migliaia di precari che sostengono con il proprio lavoro CNR, Università ed enti pubblici, dell’operazione di svendita / privatizzazione / depotenziamento in atto all’Aeroporto Galileo Galilei con l’avvenuta fusione con Peretola, dell’accentramento del Sistema Sanitario Regionale nel grande ospedale di Cisanello, con la progressiva desertificazione dei presidi sanitari e di sicurezza sul territorio, dei lavoratori dell’igiene ambientale triturati dai cambi di appalto che ne diminuiscono salario e diritti. A Livorno ormai da anni assistiamo a un processo di deindustrializzazione feroce che ha prodotto fino ad oggi circa 30mila disoccupati censiti nelle liste dei centri per l’impiego.
Quando queste “crisi” aziendali sono evitate, s’impone con la forza ai lavoratori e alle lavoratrici condizioni di lavoro sempre peggiori. Salari da fame, sfruttamento e ricatto quotidiano. In questa partita il sindacalismo complice praticato da CGIL; CISL e UIL spesso è riuscito, condividendo di fatto con le controparti queste scelte disastrose, a reprimere sul nascere qualsiasi tentativo dei lavoratori e delle lavoratrici di reagire a questa situazione.
Il caso del cantiere navale Fratelli Orlando di Livorno trasformato in un enorme centro residenziale e commerciale, l’acciaieria di Piombino, la vertenza Ristori a Pontedera, così come le vertenze al ribasso nei trasporti pubblici a Pisa e in tante piccole e medie aziende, sono alcuni degli esempi peggiori. Tante altre vertenze oltre a queste solo citate, sulle quali quotidianamente la nostra Organizzazione Sindacale è impegnata, ci dicono di un sistema produttivo, dei servizi e dei trasporti pubblici in veloce declino, come emerge continuamente dai dati macro economici dell’ISTAT, della Banca d’Italia e di altri analisti istituzionali, i quali smentiscono continuamente le frottole di Renzi e dei suoi ministri, alle prese con una crisi di legittimità che la vittoria del NO del prossimo 4 dicembre trasformerà nell’auspicata uscita di scena di uno dei governi più anti operai del dopoguerra.
Processi di centralizzazione, precarizzazione e deindustrializzazione produttiva che trovano il loro punto di rottura nelle politiche della Piaggio, il cui “management” sta progressivamente mettendo in ginocchio un intero territorio, migliaia di lavoratori e famiglie impiegate sia nella produzione diretta sia nell’indotto. Un processo che investe direttamente Pontedera, ma anche Pisa e Livorno, città dalle quali ogni giorno si sposta una mano d’opera sempre più ricattata dalla paura di perdere il posto di lavoro, dalle regole imposte dal Jobs Act e dall’abolizione dell’Art. 18.
La famiglia Colaninno, che incarna fisicamente la commistione tra potere economico e politico (il figlio Matteo è responsabile nazionale per l’Economia del PD), sta pianificando e attuando l’uscita delle produzioni dai confini nazionali, alla ricerca del massimo profitto. A tal fine utilizza la fatica dei lavoratori Piaggio e le risorse dei contribuenti italiani, attraverso l’aumento dello sfruttamento in azienda, l’utilizzo intensivo di lavoro precario (PTV, interinali), il drenaggio di denaro pubblico attraverso gli “ammortizzatori sociali”, nonostante il continuo attivo di bilancio del gruppo. Politiche che evidenziano la logica di rapina di un’intera classe imprenditoriale, non certo la volontà di rafforzare gli insediamenti industriali ancora presenti sui nostri territori.
L’ultimo incontro in Confindustria di lunedì 17 ottobre ’16 con la dirigenza Piaggio conferma in pieno questa nostra affermazione. In merito alla richiesta dei contratti di solidarietà non è stata data nessuna risposta concreta rispetto alle legittime richieste sindacali. Più in generale non siamo informati sulle strategie di un’azienda che, mentre chiede contributi pubblici nazionali per coprire le spese dei lavoratori mandati a casa, riempie i magazzini dell’indotto di prodotti finiti nelle fabbriche in Vietnam. Una strategia che è condivisa da tutta Confindustria, come dimostrano le vertenze in corso alla Ristori, alla Sole (il patron della Sole, Maurizio Stirpe, è vicepresidente del sindacato dei padroni) e in tutto l’indotto Piaggio. In merito alla Sole c’è da aggiungere solo i fatti di queste ultime settimane, che evidenziano la volontà di creare un “precedente politico” sui due lavoratori della Iscot ai quali si impedisce l’ingresso in azienda dopo che avevano ottenuto il tempo indeterminato. L’obiettivo del padronato è strumentalizzare questa vertenza per dividere i lavoratori, giungendo alla trattativa sul contratto di secondo livello con rapporti di forza ad esso favorevoli.
Lo scontro per la difesa dell’insediamento aziendale Piaggio si gioca evidentemente su più tavoli e in specifiche vertenze, ma occorre evidenziare che la strategia è una, e parte dagli uffici di Via Rinaldo Piaggio. Escludere dalle mobilitazioni sindacali la Piaggio, come recentemente è avvenuto per lo sciopero alla Ristori, significa continuare nella subalternità alla famiglia Colaninno, per cogestire con essa e il potere politico/industriale che rappresenta la deindustrializzazione in atto. L’Unione Sindacale di Base rifiuta alla radice questa logica di concertazione al ribasso, proponendo come alternativa una grande vertenza.
Lo sciopero del 21 ottobre è per noi il punto di partenza per legare gli obiettivi politici generali di contestazione del governo Renzi e delle sue politiche di attacco al mondo del lavoro (Jobs Act, Art. 18, Fornero, decreto Madia) e per il NO al referendum alla controriforma costituzionale, alle esigenze di un territorio prostrato dalla crisi e dalle politiche di rapina degli industriali, con la connivenza delle pubbliche amministrazioni.
I NOSTRI OBIETTIVI SONO:
1) La difesa e il rilancio degli insediamenti industriali di tutto il comprensorio pondederese, di Pisa e Livorno, in un’ottica di Piano che metta al centro gli interessi dei lavoratori e dei territori, sino alla nazionalizzazione di impianti che già oggi vivono grazie alla rapina di risorse pubbliche
2) La re internalizzazione di tutto il lavoro precario in ogni azienda colpita dalle politiche speculative di una classe imprenditoriale senza alcuna lungimiranza se non i propri interessi e degli azionisti di maggioranza.
3) Contro le politiche di centralizzazione aziendale portata avanti dalle amministrazioni locali nell’ottica della privatizzazione di servizi che devono restare pubblici
4) La reinternalizzazione nel sistema pubblico di tutti i servizi e
5) Un piano generalizzato di assunzione dei precari nel settore pubblico e privato.
6) L’applicazione dei principi e dei diritti della costituzione del1948.
) Il lavoro, la formazione e la scuola pubblica, la casa, il reddito, lo stato sociale e i beni comuni in mano pubblica, l’ambiente e la democrazia, la sicurezza e la democrazia sui luoghi di lavoro.
8) La libertà e la sovranità democratica del popolo italiano, oggi sottoposta ad un vergognoso attacco da parte dei governi degli USA e della Germania e dalla burocrazia della UE.
SU QUESTI OBIETTIVI CHIEDIAMO UN INCONTRO URGENTE CON IL MINISTRO ALLO SVILUPPO ECONOMICO (MISE) CARLO CALENDA.
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