Intellettuali conservatori: segui il denaro
Un articolo di qualche giorno fa di Krugman denuncia la corruzione profonda della cultura neoliberale: i suoi intellettuali cessano lo sforzo di comprendere la realtà e scrivono per compiacere i gruppi di interesse che li hanno reclutati; i gruppi di interesse cessano di apparire come tali, e aromatizzano i loro piani con il pathos di universalità: agli intellettuali comprati dagli affaristi fanno riscontro gli affaristi paludati da intellettuali che spacciano per destino del mondo i loro appetiti.
Traduzione di PAOLO DI REMIGIO (FSI Teramo)
Intellettuali conservatori: segui il denaro
di Paul Krugman
28 ottobre 2016
Ross Douthat e David Brooks sono intervenuti ultimamente sulla situazione degli intellettuali conservatori; meritano entrambi credito perché danno uno sguardo critico alla propria squadra.
Ma – naturalmente c’è un ‘ma’ – affermerei che essi e gli altri a destra hanno ancora enormi punti ciechi. Di fatti, questi punti ciechi sono così enormi da rendere le critiche quasi inutili come basi di una riforma. Perché se ignorate le radici vere, profonde dell’implosione intellettuale conservatrice, non darete mai un vero inizio alla ricostruzione.
Quali sono questi punti ciechi? Primo, la fede in un’età dell’oro che non è mai esistita. Secondo, un rifiuto affatto misterioso di riconoscere il ruolo enorme giocato dal denaro e dagli incentivi monetari nel promuovere le idee cattive.
Sul primo punto: dovremmo ripensare con nostalgia all’era nella quale intellettuali conservatori seri come Irving Kristol cercavano di capire il mondo, anziché trattare qualunque cosa come un esercizio politico in cui le idee erano lì soltanto per aiutare la loro squadra a vincere.
Ma non è stato mai così. Non prendete per buona la mia parola; prendete per buona la parola dello stesso Irving Kristol, nel suo libro “Neoconservatorismo: l’autobiografia di un’idea”. Kristol ha spiegato la sua adesione all’economia dal lato dell’offerta negli anni ’70: “Non ero sicuro dei suoi meriti economici, ma ne scorsi subito le possibilità politiche”. Questo giustificava un ”atteggiamento sdegnoso verso il deficit di bilancio e altri problemi finanziari o monetari”, perché “l’efficacia politica era la priorità, non le mancanze contabili del governo”.
In breve, non preoccupatevi se sia giusto purché sia politicamente utile. Lamentando che “gli opinionisti conservatori iniziarono a valutare la politica più di tutto il resto”, David descrive qualcosa che è successo molto prima di Reagan.
Ma non dovrebbero esserci lungo la via impatti con la realtà, idee politicamente convenienti cadute in disgrazia perché non funzionavano nella pratica? No – perché sbagliare nel modo giusto è sempre stata un’attività finanziariamente sicura. Lo vedo molto chiaramente in economia, in cui ci sono tre tipi di economisti: economisti professionali liberali, economisti professionali conservatori ed economisti conservatori professionali – la quarta scatola è più o meno vuota, perché i miliardari non sostengono con generosità i dilettanti a sinistra.
Ancora, come puoi solo cominciare a parlare di intellettuali conservatori senza discutere della fondazione della Heritage nel 1973, o del più o meno contemporaneo armamento di AEI come entità politica? Heritage in particolare è platealmente incompetente di economia – ricordate la pretesa che il piano Ryan avrebbe ridotto la disoccupazione al 2,8%, oppure il lavoro completamente abborracciato del capo economista sulla crescita del lavoro statale? Ma non importa: la fondazione ha un mucchio di soldi perché è favorevole ai tagli giganteschi delle tasse per i ricchi, e per questa merce la domanda non si esaurisce mai.
Ricordate inoltre che il negazionismo climatico è essenzialmente un’industria, finanziata da gruppi di interesse con un pacchetto azionario nella promozione della pseudo scienza. E questo significa un mercato per “intellettuali” conservatori che siano fondamentalmente contrari alla scienza.
Il punto è che il versante intellettuale del movimento conservatore è stato un’impresa corrotta per circa quattro decenni. Nei suoi primi anni poteva ricorrere a intellettuali di destra che avevano qualche reputazione precedente al di fuori del lavoro politico, ma per molto tempo ha contato su dilettanti fatti in casa. Non vedo ragione di credere che una simile impresa sia in grado di riformarsi: se per farlo fosse sufficiente essere in errore e perdere un’elezione, ciò sarebbe accaduto negli anni ’90.
Articolo originale: http://krugman.blogs.nytimes.com/2016/10/28/conservative-intellectuals-follow-the-money/?module=BlogPost-Title&version=Blog%20Main&contentCollection=Opinion&action=Click&pgtype=Blogs®ion=Body&_r=0
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