“La Costituzione dopo il Referendum”: la posizione dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti
di L’ANTIDIPLOMATICO (redazione)
L’Associazione Italiana dei Costituzionalisti si è riunita come previsto, al termine del convegno annuale a Trento nel novembre scorso, il 12 dicembre per discutere de “La Costituzione dopo il Referendum”.
Dopo aver respinto la proposta di alcuni soci di dimissioni del Presidente dell’Associazione Massimo Luciani e del Direttivo dell’Associazione, sulla quale il quotidiano il Foglio aveva, con una pesante e inelegante ironia degna di miglior causa, cercato di attizzare il fuoco preconizzando una resa dei conti fra i molti sostenitori del NO e i non pochi sostenitori del Sì,
L’Assemblea si è svolta in un clima disteso, anche perché i paladini del Sì hanno preferito disertare l’Assemblea, o, con qualche eccezione, hanno scelto di non intervenire.
Mentre una parte degli interventi ha sottolineato il significato positivo dell’interesse appassionato con cui, dalle scuole superiori alle facoltà universitarie ( in particolare Giurisprudenza, Scienze Politiche ed Economia ), dalle assemblee sindacali alle associazioni e ai circoli culturali , si è discusso sull’attualità della Costituzione del ’48, altri – fra cui lo stesso presidente dell’ AIC, Massimo Luciani – hanno sostenuto che la dimensione del successo dei difensori della Costituzione vigente segna un vero spartiacque fra i tentativi di sconvolgere parti rilevanti della Costituzione e l’opportunità di singole e mirate revisioni.
In ogni caso, è stata largamente condivisa l’idea che sia inopportuno, anche perché in palese contrasto con lo spirito e secondo una valida dottrina anche dalle norme della Costituzione, che un disegno di legge di revisione costituzionale possa essere sostenuto da un Presidente della Repubblica che è garante della Costituzione vigente, sulla quale giura prima di entrare in carica, o dal Governo, dal momento che non è consentito che un’ intervento sulla Costituzione – patrimonio di tutto il popolo e di tutte le parti politiche – sia presentato come parte integrante dell’indirizzo politico, ciò che non può che essere visto come un’iniziativa unilaterale promossa nell’interesse del governo e non certo nell’interesse del Paese.
Non è mancata d’altra parte un’articolata analisi delle autentiche ragioni degli elettori che si sono pronunciati per il NO; da un canto il disagio economico e sociale di larghi strati della popolazione che la crisi economica ha messo in grave difficoltà, e dall’altro la sensazione sempre più diffusa che le decisioni economiche che incidono sulla vita quotidiana vengono prese sempre più spesso ad livello sovranazionale e internazionale, ciò che esclude ogni partecipazione e controllo dei cittadini elettori.
Infine è stato richiesto da più parti di avviare una seria e approfondita riflessione sulle possibili alternative al sistema elettorale promosso dal governo Renzi, quell’Italicum che, con ogni probabilità, verrà dichiarato incostituzionale per aspetti rilevanti. In particolare per la violazione dei principi fondamentali fissati dalla Costituzione e ribaditi dalla Corte Costituzionale, dell’eguaglianza, della libertà del voto, messi a rischio rispettivamente da un premio di maggioranza che moltiplica il peso dei voti effettivamente attribuiti al partito che nel ballottaggio, sebbene minoritario, ottenga un solo voto in più degli altri, e dalla scelta ‘preconfezionata’ dei deputati, che con l’ltalicum risultano nominati piuttosto che eletti.
La possibilità che il dibattito tra i membri dell’Associazione sulle scelte più idonee a conciliare il rispetto del principio rappresentativo – che i sistemi proporzionali indubbiamente favoriscono – con la stabilità e l’operatività del governo garantita da un premio di maggioranza ragionevole, dipenderà in larga misura dai tempi e dall’impegno del Parlamento, che potrà decidere di mettere al primo posto l’approvazione di una nuova legge elettorale o attendere la decisione della Corte Costituzionale.
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