di ORIZZONTE48 (Luciano Barra Caracciolo)
1. Oggi avrei voluto parlarvi di altro.
In particolare di come l’esito del referendum costituzionale stia divenendo il centro di un’operazione politico-mediatica di sterilizzazione e di rimozione.
In parole povere, tale esito si sta trasformando in uno pseudo-dibattito condotto, dai media, in modo tale che le ragioni effettive del voto popolare siano rapidamente liquidate in base ad “ammissioni” del tutto generiche e prive di qualsiasi proiezione operativa: cioè non destinate a tradursi in misure legislative di politica economia e fiscale che affrontino veramente il problema della disoccupazione e della svalutazione salariale interna, ma che, anzi, proseguano nel solco dell’attuazione autoritaria (cioè dichiaratemente scissa da qualsiasi verifica della volontà elettorale), del modello ordoliberista derivante dalla, altrettanto dichiarata, priorità dell’osservanza degli “impegni presi nella sede €uropea”.
2. Ma prima di approfondire questo discorso, che assumerà lineamenti clamorosi nelle prossime settimane, mi pare opportuno soffermarsi sui due fatti che ieri hanno scosso lo scenario della politica internazionale. L’omicidio a Istanbul dell’ambasciatore russo e l’attentato di Natale al “mercatino” di Berlino.
La prima va presa con le pinze, quanto alle ipotesi investigative turche, e per ovvii motivi, ma risulta clamorosa circa quello che lascia trasparire sulla regia che può aver mosso il “killer”:
“Ambasciatore russo ad Ankara ucciso da un poliziotto turco…
Se la matrice terroristica dell’omicidio sembra data per scontata, di non secondaria importanza sarà l’indagine sulla dinamica, sulla preparazione del delitto, sul killer e su come questo sia stato scelto per garantire, in teoria, la sicurezza del diplomatico all’inaugurazione di una mostra fotografica, ritrovandosi in una situazione perfetta per compiere l’attacco.
Le immagini diffuse da Ankara, ieri, mostrano il giovane – poi il ministero dell’Interno turco ha riferito che si trattava di un agente di polizia, identificato come Mevlüt Mert Altintas, 22 anni – che tiene in mano la pistola con cui ha appena sparato all’ambasciatore russo, ferendolo a morte e che tiene un braccio sollevato, un dito puntato verso il soffitto, mentre urla, agitandosi sulla scena del delitto.
L’agente avrebbe inveito contro il ruolo della Russia nella crisi umanitaria ad Aleppo, in Siria…il killer dell’ambasciatore Russo cantava inno Al Nusra.
Putin: una provocazione “Dobbiamo sapere chi ha guidato la mano dell’assassino”, ha affermato Putin e ha annunciato un rafforzamento della lotta al terrorismo. “I banditi se ne accorgeranno”, ha detto il presidente russo citato dall’Interfax.
Il leader del Cremlino ha denunciato l’attacco come una “provocazione”, così come ha fatto Erdogan.
Il Killer era un poliziotto della scorta di Erdogan: Mevlut Mert Altintas, questo il nome dell’assassino, era un poliziotto dei reparti antisommossa e aveva prestato servizio per la scorta del presidente Recep Tayyip Erdogan in due diverse occasioni.
Sia il presidente turco che altri quadri del partito di governo Akp, infatti, hanno espresso il sospetto che l’omicidio dell’ambasciatore Andrey Karlov possa essere stato ordito dal magnate e imam Gulen, ritenuto la mente del golpe dello scorso 15 luglio, per rovinare le relazioni tra Ankara e Mosca.
A rendere quest’ipotesi meno plausibile il fatto che Altintas in due diverse occasioni precedenti di fallito golpe ha prestato servizio nella scorta del presidente. Sia a Konya nel 2014 che a Bursa nel febbraio 2015, infatti, Altintas e’ stato uno degli addetti alla sicurezza di Erdogan. La polizia sta attualmente indagando nel percorso educativo dell’assassino, per verificare che non abbia frequestato scuole appartenenti a Fetullah Gulen”.
3. Nessuno, dall’esterno e senza disporre di accurate informazioni di intelligence, può dire se Gulen possa essere o meno implicato: tuttavia dall’EIR -Strategic Alert, edizione italiana, n.51-52, cogliamo una notizia-analisi che non può essere ignorata, dato che si propone come antecedente temporale e “intenzionale” straordinariamente prossimo, e obiettivamente correlato, al “clima” dell’evento:
“Il 16 dicembre Obama emetteva quella che LaRouche ha immediatamente definito una minaccia di morte mirata. “Non c’è dubbio che quando un governo straniero cerca di impattare l’integrità delle nostre elezioni, c’è bisogno che intraprendiamo qualche azione. E lo faremo, a tempo e luogo di nostra scelta. Qualcuna sarà esplicita e pubblicizzata; qualcun’altra potrà non esserlo“, ha dichiarato Obama.
Quello stesso giorno, durante la webcast del venerdì, Lyndon LaRouche ha commentato: “Quelle parole nella sua bocca sono (.) una minaccia di assassinio contro personalità importanti. Perché questo è ciò che a Obama ha insegnato il suo patrigno ed è il modo in cui Obama ha operato ogni martedi uccidendo persone durante quel periodo” (LaRouche si riferisce alle liste di bersagli umani dei droni, scelta personalmente da Obama).
“Perciò, il punto è che quella è una minaccia di morte e la cosa migliore da fare è dire pubblicamente che le nazioni del pianeta sono ora minacciate dal piano di Obama di uccidere in massa”.
La scelta dell’ambasciatore Sergei Karlov non è stata casuale. Il diplomatico russo aveva svolto un ruolo chiave nella normalizzazione delle relazioni tra la Turchia e la Russia che hanno permesso una rapida evoluzione delle operazioni militari in Siria e la liberazione di Aleppo. In una recente conferenza internazionale ad Ankara, intitolata “Approfondire le relazioni Turchia-Russia, Karlov aveva annunciato che “la crisi apertasi dopo l’abbattimento del nostro aereo è stata superata. Siamo tornati a relazioni normali.” Il presidente russo Putin, aveva riferito, “non ha mai parlato tanto con qualcuno quanto con Erdogan al telefono”.
4. Ora la dichiarazione di Obama, quale che ne sia risultata la conseguenza operativa, muove da una premessa “Non c’è dubbio che quando un governo straniero cerca di impattare l’integrità delle nostre elezioni“: il problema è che il dubbio era invece più che lecito e che questa dichiarazione risulti, sul piano delle relazioni internazionali, una delle più accese e clamorose della storia politica degli ultimi decenni.
Sulla “interferenza” russa relativa alle elezioni presidenziali USA, infatti, la stessa fonte EIR appena citata, ci fornisce un quadro riassuntivo delle prevalenti valutazioni degli esperti USA di intelligence che Obama avrebbe oggettivamente bypassato senza esitazioni (tanto più dovute, quanto più la sua investitura come Presidente era al limite temporale estremo che ne poteva giustificare una presa di posizione così impegnativa):
Le affermazioni della CIA secondo cui “i russi” e il Presidente Putin sarebbero responsabili di attacchi di hacker contro le elezioni americane, sono così assurde che perfino altri enti di intelligence hanno dovuto esprimere le loro riserve.
Il direttore della National Intelligence James Clapper ha dichiarato che non ci sono prove conclusive del coinvolgimento russo per aiutare Donald Trump, mentre Mike Rogers, direttore della NSA, ritiene che le e-mail divulgate non abbiano avuto effetto sul risultato elettorale, e il direttore della Homeland Security, Jeh Johnson, non ha trovato alcuna prova di sabotaggio informatico delle elezioni stesse.
La più solida confutazione delle accuse della CIA proviene dagli ex professionisti di intelligence, raccolti nell’associazione Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS), che ha pubblicato un promemoria il 13 dicembre. Per questi esperti, tutti con grande esperienza in attacchi di cyber-intelligence e questioni di sicurezza, è “un gioco da ragazzi” sfatare le accuse della CIA. Ecco la differenza tra fuga di notizie e hackeraggio:
“Fuga di notizie: quando qualcuno si appropria fisicamente dei dati di un’organizzazione e li dà a un’altra persona o organizzazione, come fecero Edward Snowden e Chelsea Manning”.
“Hackeraggio: quando qualcuno in una località elettronicamente lontana penetra sistemi operativi, firewall, o altri sistemi di ciber-protezione ed estrae dei dati”.
“Tutte le indicazioni puntano a una fuga di notizie, non ad un hackeraggio. Se ci fosse stato hackeraggio, la National Security Agency lo saprebbe, e lo saprebbero sia il mittente sia il destinatario”.
La “estesa rete di raccolta di dati della NSA” è tale da poter raccogliere tutti i dati dai server del DNC (la direzione del Partito Democratico americano) o di Hillary Clinton. Gli autori poi dànno spiegazioni tecniche sul perché tracce sui trasferimenti dei dati siano disponibili a livello internazionale”.
I VIPS aggiungono che le dichiarazioni dei vari portavoce anonimi di enti di intelligence sono “equivoche”, in quanto dicono cose come “la nostra migliore ipotesi” o “la nostra opinione” e via dicendo, il che dimostra che non sono in grado di rintracciare la fonte delle e-mail in rete, altrimenti fornirebbero prove “senza alcun pericolo per le fonti e i metodi. Siamo quindi giunti alla conclusione che le e-mail siano state fatte trapelare da qualcuno all’interno”.
Il
memorandum è firmato dai membri del direttivo dei VIPS William Binney, Mike Gravel, Larry Johnson, Ray McGovern, Elizabeth Murray, e Kirk Wiebe (
vedi).
Uno di loro, Mike Gravel, ex senatore dell’Alaska, ha concesso un’intervista al LaRouchePAC il 15 dicembre, nella quale spiega meglio la questione, respingendo le accuse come “ridicole” e “fantasiose”.
Quanto alle rappresaglie contro la Russia minacciate da Obama, Gravel fa notare che il governo americano senza dubbio “compie molte più attività di chiunque altro nel ciber-mondo”. La Russia potrebbe essere seconda a distanza, “ma nessuno può starci alla pari in termini di ciò che possiamo fare”.
5. Tirare dentro potenze straniere è dunque una conclusione azzardata, quantomeno sul piano delle prove disponibili per l’intelligence (o che questa lascia trapelare).
A meno che non si vogliano accusare i russi di essere in grado di reclutare e pagare una talpa nel DNC e fargli divulgare dati capaci di condizionare in modo decisivo la campagna elettorale: ma nessuno ha reclamato di avere prove di ciò e neppure, allo stato, lo ha ipotizzato.
E se la risposta fosse positiva, come appare naturale in una democrazia, ancorché “liberale”, non sarebbe logico e prudente occuparsi dell’identificazione della “talpa” senza però trasformare, in modo del tutto prematuro, tale evidenza in una valutazione di politica estera così forte e impegnativa?
5.1. Naturalmente, tra i messaggi di condanna dell’assassinio dell’ambasciatore russo pervenuti “da tutto il mondo”,
c’è anche una nota della Casa Bianca (e ci mancherebbe che fosse mancata):
“Gli Usa condannano fortemente l’uccisione ad Ankara dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, che avrebbe lasciato ferite anche altre persone”: lo si legge in una nota della Casa Bianca. “Questo odioso attacco ad un membro del corpo diplomatico è inaccettabile, e noi stiamo con la Russia e con la Turchia nella nostra determinazione di fronteggiare il terrorismo in tutte le sue forme”, prosegue la nota, che esprime anche le condoglianze ai famigliari dell’ambasciatore, al popolo e al governo russi”.
6. Detto questo,
sugli eventi di Berlino, ci pare giusto riportare la
più recente dichiarazione rilasciata dalla Merkel, che sembra improntata ad una linea di “
insistenza” che, dal punto di vista elettorale, potrà essere
bilanciata solo da un atteggiamento sempre più intransigente verso i “paesi debitori”, e come tali “impuri”, (intransigenza, auto-salvifica e preelettorale, che già si evidenzia nelle dichiarazioni di Schauble sul “
Natale che meritano i pensionati greci” e sulla
questione bancaria italiana):
Per l’appunto, la Germania (governo-elite e relativa €uro-propaganda) non ha altra scelta che nascondersi dietro la presunta scelta dell’integrazione della manodopera immigrata “industriale di riserva”, turbo-deflattiva, e acuire la vulgata anti-PIGS, perché dovendosi scegliere un nemico, è meglio scegliersi quello, vicino e già ben dipinto alle proprie masse urlanti, che dunque “capitalizza” decenni di propaganda, piuttosto che quello che evidenzia tangibilmente all’elettorato le contraddizioni legate alle proprie vere “strategie”.
7. Su tale aspetto della questione (cioè un immigrato terrorista non è detto che non serva, mentre…l’asservimento dei pigri e fannulloni mediterranei è sempre un buon bottino da rimpolpare e da offrire al livoroso medio tedesco per rafforzare un consenso pencolante), ribadiamo quanto,
mutatis mutandis (di poco) valeva per l’analogo attentato di Nizza:
“…la logica della “accoglienza” indiscriminata (ormai understated in modo strisciante), verrà contraddittoriamente mantenuta proprio per produrre i presupposti :
b) per un continuo riprodursi, – nel tempo del consolidarsi generazionale di questa presenza di immigrati accompagnata da assenza di mobilità sociale e scontato scontro con gli strati più poveri delle popolazioni locali-, di nuove leve di giovani esasperati da rifiuto e emarginazione economico-sociale, che determinino, in un calcolo cinico, proprio quei problemi di sicurezza pubblica che, divengono una sorta di guerra civile permanente.
c) per portare a livello di stabilità istituzionalizzata lo stato di eccezione che consegue a tale guerra civile permanente, in modo che, analogamente a quanto avvenne in Italia ai tempi della strategia della tensione, sia resa incontestabile la prosecuzione delle politiche economico-sociale attuali; l’idea della “israelizzazione” delle ex-democrazie sociali sottintende di raccogliere il consenso intorno a una “Autorità” salvifica e “protettiva”, che possa rivendicare la sua legittimazione in termini polizieschi e di militarizzazione, anche esterna e in funzione di spesa “keynesiana”, di ogni residua funzione dello Stato. O del super-Stato €uropeo…
“Il cdm ha approvato la relazione al parlamento che autorizza il governo a ricorrere ad un “indebitamento” per 20 miliardi. Così il premier Paolo Gentiloni precisando che si tratta di una misura precauzionale. “Consideriamo nostro dovere varare questo intervento salvarisparmio. Mi auguro che questa responsabilità venga condivisa da tutte le forze in Parlamento a partire da domani. Il Governo si è mosso in questa direzione. Mi auguro che ci sia la convergenza più ampia possibile in Parlamento“.
“Ove attivata – ha aggiunto Padoan – questa azione salvarisparmio
ha un impatto sul debito. Questo impatto va considerato una misura di natura temporanea, che non impatta sulla grandezza di natura strutturale. Ove attivate queste risorse,
le modalità di rientro del debito verrebbero dettagliate e certificate nel Documento di Economia e Finanza relativo al periodo in questione. Queste risorse avrebbero un impatto nel 2017″.
Sulla posizione della
Germania che deplora l’eventuale aiuto pubblico, Padoan ha replicato: “Non si possono commentare atti ipotetici”. “In generale il criterio di ricapitalizzazione a scopo precauzionale va sostenuto da interventi che rispettino la normativa Ue, ma andrà verificato caso per caso”.8.1. L’insieme di queste dichiarazioni porterebbe ad un’analisi su una pluralità di questioni, alcune di evidenza assoluta, che verrà opportunamente svolta in un’altra sede; per problemi di spazio.Magari, anche, per riprendere
la connessione di questa “svolta”, effettivamente un po’ pesantuccia, con la rottura, più rapida di ogni possibile previsione, della tregua di (apparente) understatement filo-€uropeista che pareva contrassegnare l’atmosfera prenatalizia del post referendum.
Per ora, mi limito a riportarvi due commenti arguti che evidenziano il risvolto germanico di tale ritorno brutale alla realtà (fiscale, cioè alla “copertura” in pareggio di bilancio) di questa iniziativa di governo:
Cioè
Non so perché, ma si punta ad esagerare contro ogni logica (dettata dal segnale dato dal referendum), facendo solo leva sulla copertura mediatica, filo€uropeista e sprezzante di ogni evidenza fattuale, che dà per scontata l’incapacità collettiva di tutti gli italiani di comprendere le conseguenze – se non altro per le proprie tasche già piuttosto svuotate- dell’ostinazione politica a sottomettersi a ogni assurdità, contraria all’interesse “della Nazione“, che ci impone l’adesione alla moneta unica.
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