Theresa May e l’orgoglio britannico: il discorso sull’uscita dall’UE
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
Con lucide e ragionate argomentazioni il neo-premier britannico ha tracciato la road map di una Brexit irreversibile e conveniente, che “aprirà il Regno Unito al mondo”
Chi si aspettava che, dopo i risultati del referendum del giugno 2015 che hanno sancito con il voto popolare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, il governo inglese tentasse con mosse di stampo levantino di assicurarsi un’uscita “morbida” che garantisse al Regno Unito di mantenere i vantaggi commerciali del mercato unico e di liberarsi delle pastoie di Bruxelles, sarà rimasto sicuramente deluso.
In un breve quanto lucido discorso tenuto ieri, 17 gennaio, alla Lancaster House di Londra di fronte a una platea di membri del Corpo diplomatico, il primo ministro britannico, Theresa May, ha chiarito senza dar adito a dubbi che il Regno Unito lascerà l’Unione Europea uscendo a testa alta dal portone principale del palazzo Charlemagne senza sotterfugi e mercanteggiamenti. Le prime tre frasi del suo discorso suonano chiarissime: “Poco più di sei mesi fa il popolo britannico ha votato per il cambiamento. Ha votato per plasmare un futuro più luminoso per il nostro Paese. Ha votato per lasciare l’Unione Europea e abbracciare il mondo”.
Anche se la decisione finale spetterà al Parlamento, il governo di sua Maestà ha deciso di riscoprire la sua anima internazionalista, erede delle glorie dell’impero, perché parlando di India, Pakistan, Bangladesh, America, Australia, Canada e Nuova Zelanda si capisce che “abbiamo cari amici e parenti stretti in tutto il mondo”. L’uscita dall’UE, per il primo ministro non significherà l’accentuazione dell’insularità inglese e un rifiuto della globalizzazione di stampo isolazionista, ma servirà a rinvigorire “i nostri legami globali” perché “noi vogliamo abbracciare il libero mercato in un mondo più ampio […] L’Unione Europea ha lottato per confrontarsi con la diversità dei propri membri e dei loro interessi. L’Unione mira all’uniformità e non alla flessibilità […] ma la brutale verità, come tutti sappiamo, è che non c’è stata sufficiente flessibilità su tante questioni importanti”.
La critica a Bruxelles
La critica nei confronti di Bruxelles, dell’invadenza della Commissione nelle decisioni dei governi nazionali e della sua burocrazia, è stata esplicita e senza ambiguità e ha fatto chiaro riferimento al disagio di altri Paesi membri perché “la Gran Bretagna non è l’unico membro con un forte attaccamento a un modello di governo democratico e responsabile verso i propri elettori”. Certo, “abbandonare l’Unione non significa abbandonare l’Europa, noi – ha sottolineato la May – cerchiamo una nuova partnership paritaria tra un’indipendente e sovrana ‘Gran Bretagna Globale’ e i nostri amici e alleati nell’Unione Europea”.
Per quanto riguarda i futuri rapporti del Regno Unito con l’Europa in tema di mercati, di economia e di libero passaggio di persone e merci, Theresa May ha sottolineato che il voto di giugno ha sancito il rifiuto del mercato unico e del sistema Shengen e per questo l’Inghilterra tenterà di stringere con l’Unione un semplice “accordo di libero scambio”. Restare all’interno dell’area Schengen comporterebbe non solo continuare ad accettare le “quattro libertà del patto – beni, capitali, servizi e persone – ma anche essere soggetti ancora alle regole che garantiscono queste quattro libertà senza avere la possibilità di esprimere un voto su di esse […] Vorrebbe dire pagare ancora grosse somme di denaro per contribuire al Budget della UE […] e continuare ad accettare il ruolo della Corte di Giustizia Europea e la sua autorità legale nel nostro Paese”. I negoziati per l’uscita dall’Unione dovranno quindi essere semplici e trasparenti e soprattutto rapidi: “Uscire significa uscire […] non vogliamo rimanere bloccati all’infinito in una sorta di purgatorio politico”.
La Gran Bretagna della Brexit vuole mantenere il controllo delle proprie leggi e tentare di raggiungere un libero accordo di partnership con l’Europa, trattando liberamente sul tema del controllo delle frontiere e dell’immigrazione, dei servizi finanziari e su tutti gli argomenti d’interesse comune, compresa la lotta al terrorismo nella quale l’intelligence inglese, orgogliosamente definita “unica in Europa”, continuerà a collaborare con i Servizi europei.
Una road map per gli euroscettici
Con il suo intervento a Lancaster House , Theresa May si sarà fatta numerosi nemici a Bruxelles e dintorni. Di certo, però, ha smentito l’immagine che ne ha dato il settimanale britannico Economist quando sulla copertina del numero uscito in contemporanea al suo discorso l’ha definita ingenerosamente “Theresa Maybe” (“Teresa Forse”). Le sue critiche aperte e franche all’Unione e le sue argomentazioni lucide e appassionate a favore del rispetto della volontà degli elettori britannici e della Brexit non soltanto saranno alla base della prossima decisione del Parlamento sull’esito del referendum, ma metteranno vento nelle vele di quelle correnti politiche presenti in molti paesi dell’Eurozona secondo cui la critica all’invadenza di Bruxelles nelle politiche nazionali si sta trasformando in euroscetticismo secessionista.
Le Brexit inglese, così come è stata disegnata da Theresa May, può servire all’Unione e alle sue istituzioni per correggere alcuni evidenti problemi di gestione politica del processo decisionale comunitario, ma può anche costituire la road map da seguire per chi ritiene che la scommessa europea sia sostanzialmente fallita.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/theresa-may-discorso-uscita-ue-brexit/
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