Italicum, la continuita’ della Corte per la tutela delle “zone franche” del sistema di giustizia costituzionale
di L’ANTIDIPLOMATICO
Come redazione de l’AntiDiplomatico abbiamo rivolto alcune domande ad Emma Imparato, docente di diritto pubblico presso l’Università di Napoli l’Orientale, per aiutarci a comprendere meglio la sentenza di ieri della Corte Costituzionale sull’Italicum che ha bocciato il ballottaggio e salvato il premio di maggioranza.
Quali punti della decisione della Corte ha trovato interessanti?
Premesso che sono curiosa di leggere le motivazioni, un primo aspetto che credo meriti debba essere particolarmente messo in rilievo è la linea di continuità della Corte rispetto alla tutela delle “zone franche” del sistema di giustizia costituzionale.
Cosa si intende per zona franca?
Con la metafora zona franca si intende fare riferimento ad aree problematiche che si rivelano sottratte al controllo di costituzionalità e che possono non vedere mai soddisfatto il ripristino della legalità costituzionale laddove violata. Un caso è proprio quello delle leggi elettorali della Camera e del Senato che, a parere della Corte costituzionale, non può essere sottratto al sindacato di costituzionalità. Per dirla con parole della Corte, espresse nella sentenza n.1 del 2014, “diversamente, si finirebbe con il creare una zona franca nel sistema di giustizia costituzionale proprio in un ambito strettamente connesso con l’assetto democratico, in quanto incide sul diritto fondamentale di voto; per ciò stesso, si determinerebbe un vulnus intollerabile per l’ordinamento costituzionale complessivamente considerato.
Secondo lei questo che cosa determina?
A mio avviso, per questa via ex facto viene aperta la porta a una sorta di ricorso diretto per la delicata materia delle leggi elettorali del Parlamento nazionale che in qualche modo stravolge il quadro del nostro sistema di giustizia costituzionale di tipo incidentale. L’art. 1 della l. cost. n. 1 del 1948 prevede che «La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica, rilevata d’ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione».
Invece qui le liti promesse innanzi ai diversi tribunali avevano ad oggetto il mero accertamento del diritto di votare in conformità della Costituzione, prescindendo da qualunque contezioso elettorale. Del resto non poteva essere diversamente giacché la disposizione legislativa oggi vigente – l’art. 87, comma 1, del d.p.r. 30 marzo 1957, n. 361 – come interpretata anche in virtù dell’art. 66 Cost, stabilisce che le controversie che sorgono durante il procedimento elettorale sono ‘riservate’ in ultima istanza alle Camere. Appare così chiaro che dovendo necessariamente le controversie elettorali essere devolute in ultimo alle Camere e restando sottratte al giudizio del giudice comune, non si potrà mai giungere a un sindacato di costituzionalità avente ad oggetto disposizioni contenute nelle leggi elettorali di Camera e Senato.
Altri punti da evidenziare?
Un ultimo aspetto, sempre relativo a questa giurisprudenza costituzionale che va consolidandosi a favore della tutela delle zone franche, da porre in evidenza è quello dell’ulteriore avanzamento della Corte costituzionale nel suo percorso. In linea con l’orientamento precedente che vede la Corte intenta a voler garantire il vaglio costituzionale in materia di leggi elettorali parlamentari, qui l’oggetto del suo sindacato è sì una legge di elezione (della Camera), tuttavia, a differenza della precedente legge Porcellum, non ancora applicata. Probabilmente, ma questo lo si leggerà meglio nelle sue motivazioni, la Corte ha voluto mantenere quella posizione – espressa nella pronuncia 1/2014 – che l’ha portata a ritenere ammissibile la questione di legittimità costituzionale “indipendentemente da atti applicativi della stessa [legge], in quanto già l’incertezza sulla portata del diritto costituisce una lesione giuridicamente rilevante”. Il controllo di costituzionalità “quasi astratto” ha così le mani libere.
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