Le Pen presidente
di LIMES (Lorenzo di Muro)
La leader del Front National Marine Le Pen ha lanciato la propria candidatura alla presidenza della Francia promettendo la liberazione dalle “tirannie” della globalizzazione, del fondamentalismo islamico e dell’Unione Europea e due referendum: uno costituzionale e uno per il recupero delle quattro sovranità: di bilancio, territoriale, monetaria e legislativa.
In sostanza: uscita dall’Euro e dal comando integrato della Nato – scelta quest’ultima già applicata tra il 1966 e il 2009 – e potenziale uscita dall’Unione Europea.
La spaccatura secondo lei non è più tra destra e sinistra ma tra patrioti e globalisti, con i primi a godere del vento in poppa dopo la vittoria di Brexit e Trump.
Per dare una svolta insulare alla politica estera del suo paese, Le Pen rinuncerebbe dunque ad alcune delle più importanti leve che Parigi ha a disposizione. Le rimarrebbero naturalmente l’arsenale nucleare, il seggio permanente con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la grandezza economica (6ª economia al mondo) e il franco Cfa. Ci sarebbe anche la francofonia, ma Le Pen non pare troppo intenzionata a investire su un soft power che vada oltre la potenziale relation spéciale con il presidente degli Stati Uniti e il vasto fronte euroscettico.
La candidata del Front National dovrebbe vincere il primo turno delle presidenziali, previsto per aprile, ma uscire sconfitta al ballottaggio contro qualunque candidato “del sistema”. Basterà l’accenno a un governo di “unione nazionale” a garantirle i voti che la porterebbero all’Eliseo?
TRUMP-NATO-RUSSIA
Al vertice Nato di Bruxelles, a maggio, parteciperà anche Donald Trump, che ieri ha parlato per la seconda volta con il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. Poche ore prima era andata in onda un’intervista in cui il presidente si è mostrato ancora una volta conciliante nei confronti di Putin. Trump ha sottolineato la possibile cooperazione con Mosca nella lotta al jihadismo, un punto sollevato frequentemente dal Cremlino a partire dall’11 settembre 2001.
I NUOVI PRESIDENTI DEL BRASILE
L’esito delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato in Brasile arride all’esecutivo guidato dal presidente della Repubblica Michel Temer (Pmdb), figlio dell’impeachment di Dilma Rousseff (Pt).
La votazione ha visto prevalere il candidato del Pmdb Eunício Oliveira al Senato, mentre alla guida della Camera bassa è stato confermato il liberale e pragmatico Rodrigo Maia (Dem). Quest’ultimo, subentrato a luglio all’estromesso Eduardo Cunha (Pmdb), ha sconfitto il candidato del blocco (centrão) coagulatosi attorno alla leadership di Cunha, tanto ingombrante quanto decisivo nella destituzione di Dilma.
Benché il passaggio di consegne non abbia avuto grande risonanza e Temer abbia negato ingerenze del governo, l’elezione di Oliveira e Maia – entrambi citati nell’inchiesta sul giro di corruzione ai massimi livelli partitico-istituzionali (Lava Jato) – costituisce un tassello fondamentale per la governabilità del paese.
Per il consolidamento della base parlamentare passa l’approvazione delle controverse riforme strutturali promesse da Temer, a loro volta determinanti – assieme ai costanti sviluppi dell’operazione Lava Jato – per le presidenziali di fine 2018.
L’elezione conferma altresì lo stato di incertezza in cui versa il Partito dei lavoratori di Dilma e Lula, assorbito dalla battaglia contro la “politicizzazione” di Lava Jato e le riforme neoliberiste del governo “golpista” di Temer. Dopo il tracollo alle amministrative dello scorso ottobre, il Pt non ha difatti presentato alcun candidato al Senato e si è limitato ad appoggiare tardivamente e disunitamente la candidatura di Figueredo (Pdt) alla Camera.
Il presidenzialismo di coalizione del Brasile sconta un profondo scollamento tra demos e classe politica, come segnalano l’impopolarità di Temer e i recenti tentativi di mitigare il malcontento nel Nordest del paese, tradizionale feudo del Pt. È il frutto della contrazione economica e soprattutto del progressivo allargamento dell’inchiesta Lava Jato.
IL PERÚ CONTRO IL MURO E CON I VENEZUELANI
Il governo di centrodestra del Perú ha creato un visto temporaneo che permetterà a 6 mila cittadini del Venezuela di studiare, lavorare e ricevere assistenza sanitaria nel paese andino.
Lima offre così una risposta umanitaria alla crisi di Caracas – che le diplomazie regionali non sono riuscite a risolvere diplomaticamente – e alla politica anti-migranti di Trump (“vogliamo costruire ponti, non muri” ha detto il ministro dell’Interno peruviano).
Nei giorni scorsi l’Argentina aveva preso una decisione di segno opposto. Il presidente Macri, amigote di Trump, ha introdotto una stretta alla legge migratoria.
L’AMBIENTE DELLA CINA
La Cina ha pubblicato il suo primo piano strategico per lo sviluppo e la conservazione del territorio. Tra le priorità: protezione delle risorse naturali delle isole, miglioramento della qualità dell’acqua, tutela delle terre arabili.
L’importanza politica dell’ambiente per la Cina è al centro dell’articolo di Fabrizio Maronta dal nuovo numero di Limes:
“Nell’ottica del Partito comunista, il danno politico supera tuttavia di gran lunga quello ecologico.
Il degrado ambientale zavorra la crescita economica: il ministero cinese della Protezione ambientale calcola in 227 miliardi di dollari l’anno i danni da inquinamento, pari a circa il 3,5% del pil (alcuni si spingono fino al 10%). Le ultime stime ufficiali risalgono al 2010: data la delicatezza politica del tema, i dati sono forniti col contagocce.
Le ricadute economiche dei problemi ambientali, infatti, minano l’implicito contratto sociale alla base del successo cinese: la formula «diritti in cambio di benessere» (economico e fisico) rischia di saltare, e con essa il primato indiscusso del partito.
Grazie anche alla potenza informativa e organizzativa dei social network, negli ultimi quattro anni i «bruschi incidenti legati all’ambiente» (come vengono indicate con pudico burocratese le proteste della cittadinanza, spesso violente, per questioni ambientali) sono passati da una media di 220 a oltre 700 all’anno“.
Fonte:http://www.limesonline.com/francia-marine-le-pen-presidente-notizie-oggi/96959
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