Il problema non è la corruzione (percepita), ma la guerra tra poteri
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Il 17 febbraio di 25 anni fa parte l’inchiesta “Mani Pulite” con l’arresto di Mario Chiesa che innesca il ciclone di “Tangentopoli”, da cui un’intera classe politica uscirà geneticamente modificata.
Oggi un nuovo terremoto (giudiziario) colpisce la mia regione, già straziata su altri fronti dalla dirompenza della natura che negli ultimi mesi si è accanita su questo lembo di terra.
Non mi esprimo nel merito delle ipotesi di reato contestate a Presidente e funzionari che a vario titolo sono coinvolti nelle indagini. Tra gli indagati figurano persone a me molto care e scommetterei sulla loro illibatezza fin da ora, ma l’accertamento di una condotta in sede giudiziaria non può certamente essere oggetto di espressione di pareri, tanto meno sui social.
Quello che voglio dire senza filtro, oggi (e che mi posso permettere di dire perché non rivesto cariche politiche e dunque non sono obbligato a mantenere alcun profilo istituzionale), è che la formula di rito pronunciata da chi subisce l’onta mediatica che accompagna questi accertamenti di regolarità delle procedure, quella frase, “ho piena fiducia nell’operato della magistratura”, credo che ormai non abbia alcun senso.
In primo luogo perché nessuno, a mio avviso, può davvero riporre piena fiducia nel sistema giudiziario italiano. In secondo luogo perché le indagini ormai si svolgono sui quotidiani e i processi si celebrano nelle trasmissioni tv e per tale ragione nelle vite delle persone coinvolte si producono delle ferite che neanche le piene assoluzioni possono curare. Ma a cosa hanno portato 25 anni di giustizialismo mediatico e di protagonismo politico di certe procure (pensando al fenomeno Di Pietro)?
L’unico effetto prodotto dalla cosiddetta “lotta alla corruzione” e della sua pervasività mediatica è stata la scalata del nostro paese nelle classifiche sulla corruzione che, ricordo, si basano su indicatori di percezione, ovvero misurano attraverso sondaggi d’opinione quello che pensano alcune persone sul livello di corruzione del proprio paese. La rilevazione mediante questa metodologia è ovviamente viziata dall’agenda dei media che dettano tempi e contenuti del dibattito e concorrono a orientare l’opinione pubblica su posizioni definite. E’ pacifico, dunque, che in un paese che da trent’anni cavalca il giustizialismo giornalistico questa percezione sia profondamente distorsiva della realtà.
Non voglio certo spendermi in una folle apologia della corruzione o nella minimizzazione del problema tipica dei benaltristi. Voglio solo stimolare una riflessione sulla complessità dell’analisi della realtà e sulle conseguenze politiche di queste campagne di disinformazione. Questo circo dei media ha raccontato una storia, quella dell’Italia paese simbolo della corruzione nel mondo, che è irreale, distorsiva e funzionale all’adozione di linee politiche e in particolare di misure legislative che non solo non hanno arginato un fenomeno che è connaturato nell’uomo e che vedrà la sua fine con l’estinzione del genere umano, ma hanno progressivamente impoverito la nostra democrazia.
La dissoluzione dei partiti, l’antipolitica che ha allontanato il popolo dalla partecipazione alla vita democratica del paese, l’imposizione del bipolarismo, la retrocessione dello Stato nell’economia, le privatizzazioni degli enti che gestiscono i servizi pubblici: sono solo un antipasto di quello che è accaduto negli ultimi 25 anni e che si realizzerà negli anni a venire in nome della “lotta alla corruzione”. Con la complicità non disinteressata del Quarto potere, perché l’informazione è sempre strumento di propaganda. Se pensate che questi siano traguardi, che si traducano in conquiste sociali, perché ritenete che quella realtà deformata sia l’unica possibile, vi invito a riflettere su una evidenza. L’Italia, da quando ha ingaggiato questa “lotta alla corruzione”, è sprofondata nelle classifiche internazionali, facendosi superare da paesi che vivono in regimi quasi-dittatoriali e che si percepirebbero come meno corrotti. Credete sia possibile? Se sì, probabilmente siete convinti che non ci siano speranze di salvezza e che questo paese sia spacciato. O che l’ultima speranza sia la casalinga di Voghera al potere. A quel punto quando prenderanno con le mani nella marmellata anche lei vi suiciderete. Se al contrario coltivate un minimo di senso critico e magari di sano patriottico orgoglio nazionale e siete consapevoli che l’Italia non è un paese di corrotti e farabutti, ma molto più probabilmente la “gallina dalle uova d’oro” che i mercati hanno deciso di spolpare perché c’è tanta “ciccia”, allora potrete credere in un nuovo Risorgimento.
Io desidero vivere in un paese che si autodetermini e si governi da sé, in ossequio al principio della sovranità popolare sancito nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, un paese che investa risorse pubbliche con l’obiettivo di generare piena occupazione e che non conosca limiti di spesa fino al raggiungimento di questo obiettivo, perché i diritti di avere un lavoro e un reddito che garantisca una esistenza dignitosa sono principi cardine della nostra Costituzione, un paese in cui la regolarità della propria condotta sia sottoposta ai dovuti controlli e nelle sedi opportune, sempre nel rispetto dei principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Per fare tutto ciò basterebbe applicarla, la nostra meravigliosa Costituzione.
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