I primi risultati dell’accordo fra Ucraina e Unione Europea
di GENNADIJ GRANOVSKI
(traduzione di JULIA S. INNOCENTI – FSI Prato)
È passato un anno da quando è stato ratificato l’accordo per l’associazione fra l’Ucraina e l’Unione Europea e si è creata una zona di libero scambio. Analitisti, economisti ed esperti hanno preso le calcolatrici per fare le somme e calcolare i vantaggi derivanti da questo accordo tanto desiderato dall’Ucraina. Ricordiamo che per causa sua si è infierito a piazza Maidan, si è sparso sangue, si sono ammazzati i dissenzienti, si è smantellato il potere legittimo. Nel periodo successivo la qualità della vita in Ucraina è sensibilmente peggiorata. I politici ucraini ne danno colpa alla guerra in corso nell’Ucraina dell’Est e all’aggressione russa. Cerchiamo di scoprire quali vantaggi gli Ucraini abbiano ottenuto dall’Europa, che tanto volevano abbracciare.
Libero scambio ma con numerosi ostacoli
Già all’inizio dell’anno 2016 divenne chiaro che la cosiddetta zona di libero scambio non era tanto libera ma piuttosto un flusso a senso unico per le merci europee. La UE ha cercato di difendere al massimo i propri produttori, com’è logico che sia, e ha stabilito le quote per le merci ucraine. La reazione di Kiev è stata pacata, lì spiegavano che i partner europei “stavano organizzando la zona comune di libero scambio”.
Al Ministero ucraino per lo sviluppo economico intravedevano prospettive chiare e calcolavano i vantaggi dell’accordo con la UE, il quale prevedeva la riduzione del 97 per cento delle tariffe sulle importazioni dall’Ucraina. La tariffa media sulle merci ucraine avrebbe dovuto ridursi dal 7,5 allo 0,5 per cento. Questi vantaggi, secondo i pareri di economisti ucraini, avrebbero dovuto compensare appieno la dolorosa rottura dei rapporti commerciali con la Russia.
Le scuse accomodanti, alle quali si aggrappavano le alte cariche ucraine, si sono scontrate a febbraio con una realtà più dura. In quel mese l’Ucraina ha raggiunto i limiti di esportazione di miele, succhi e mais. A marzo si sono esaurite le quote per lo zucchero, l’orzo e la farina. A maggio sono state raggiunte le ultime quote, comprese quelle per il grano.
Bisogna notare che il grano è il prodotto ucraino più esportato. L’esportazione annuale è di circa 28-30 milioni tonnellate. L’Unione Europea ha stabilito un limite di 950 mila tonnellate, il che non ha suscitato preoccupazioni fra i politici ucraini. La domanda di grano nel mondo è alta: ci sono acquirenti in Asia, Africa. Alla fine, le quote significano solo il diritto di esportare senza tasse doganali; si può esportare in Europa anche se queste sono applicate; ovviamente se la merce esportata è abbastanza competitiva. Così è stato spiegato agli esportatori ucraini.
Alla fine dell’anno i calcoli hanno mostrato il costo di queste spiegazioni. La calcolatrice di Poroshenko è speciale ed è calibrata in modo positivo. “Due anni fa il 36 per cento di scambi commerciali con l’estero avveniva con la Russia, mentre con l’Unione Europea – il 33 per cento”, diceva soddisfatto Poroshenko ai propri compaesani durante il forum economico ucraino-lituano a dicembre. “Adesso lo scambio commerciale con i paesi dell’UE ha raggiunto il 45 per cento”.
Gli europei hanno dovuto correggere il presidente ucraino: gli scambi con l’Europa occupano il 37,3 per cento del volume totale delle esportazioni ucraine, come scrive “Deutsche Welle” in un editoriale. È il risultato di una concomitante riduzione del 28,5 per cento delle esportazioni verso la Russia e di un calo generale delle esportazioni ucraine del 7,9 per cento.
Per farla breve, non c’è stata nessuna compensazione della rottura dei rapporti commerciali con la Russia, e si assiste solo a un forte calo delle esportazioni.
A proposito, un immediato esaurimento delle quote significa che esiste una forte domanda per le merci ucraine in Europa; inoltre significa che il loro mercato è saturo e minuziosamente regolamentato nei settori in cui nessuno è particolarmente felice di vedere nuovi concorrenti dall’estero.
La UE fa il suo interesse
Ratificando l’accordo di libero scambio con Kiev, Bruxelles cercava in primo luogo di accaparrarsi un nuovo mercato di sbocco per i propri produttori. Questo obbiettivo è stato raggiunto egregiamente. Le merci europee hanno inondato i negozi ucraini. Nel 2016 le importazioni dall’Unione Europea si sono prese una fetta del 43,8 per cento dell’import ucraino totale, quindi la crescita è stata del 8 per cento, e questo dato avrebbe potuto essere ancora maggiore se non per un serio motivo frenante: il basso potere d’acquisto degli Ucraini.
Dunque l’Unione Europea è ora il partner commerciale più importante per l’Ucraina. A Kiev credono sinceramente che questa sia una buona cosa, benché il saldo commerciale ucraino con la UE sia negativo. Gli economisti lo spiegano col fatto che la parte maggiore delle esportazioni ucraine verso la UE è composta da materie prime e beni intermedi. Secondo i dati del Ministero per lo sviluppo economico, in 9 mesi dell’anno 2016, sul totale di 9,8 miliardi di dollari di esportazioni verso l’UE, 5,5 miliardi venivano fatturati per prodotti di aziende agricole e metallurgiche.
Il vice ministro dello sviluppo economico Natalia Mikolskaja non vi vede un gran problema e ritiene provvisoria la situazione odierna. Secondo la sua opinione, l’Ucraina dovrebbe puntare ora sulla produzione di beni con maggiore valore aggiunto allo scopo di esportarli in Europa.
Il direttore esecutivo del centro ucraino per le politiche europee Lubov Akulenko offre un rincalzo a Mikolskaja intravedendo in tutta questa situazione la possibilità per le aziende ucraine di diventare più competitive. “Ai rapporti commerciali con la Federazione Russa”, dice Akulenko, “sono interessati per lo più i produttori meno competitivi, per i quali la Russia era l’unica via di sbolognare la loro merce”.
Interessante che nello scorso anno in una regione dell’Ucraina occidentale i tedeschi abbiano aperto alcuni stabilimenti per la produzione di componenti per auto destinati alle fabbriche europee di assemblaggio. Si tratta in realtà di delocalizzazioni di stabilimenti in cui è previsto un lavoro manuale faticoso e a basso costo, da paesi come Romania, Polonia, Slovacchia, e Ungheria.
Il motivo delle delocalizzazioni è semplice: oggi nell’Ucraina occidentale il lavoro operaio costa al massimo 1 euro all’ora, molto meno che nei paesi sopracitati. Il basso costo di lavoro ha perciò stimolato gli investimenti tedeschi. Però la loro entità è sempre minore di quanto si aspettassero gli ottimisti di Kiev.
L’apertura di questi nuovi stabilimenti nell’Ucraina occidentale avrà certamente effetti benefici per una parte della popolazione della regione, ma non contribuirà in modo significativo allo sviluppo industriale dell’Ucraina. Gli investitori tedeschi infatti non sono andati oltre la regione occidentale, ritenendo che la spedizione di componenti da altre regioni ucraine sia troppo onerosa per i loro affari.
D’altronde non si può minimamente comparare la produzione di candele d’accensione, cavi e cerchioni con le perdite subite dalle aziende ucraine specializzate nella costruzione di razzi, di vagoni ferroviari, di turbine a gas e di altra produzione ad alta tecnologia. A causa della rottura con la Russia, sulla scorta di quanto affermava Akulenko, queste aziende hanno perso “l’unica possibilità di sbolognare una merce poco competitiva”. Il problema però è che in Europa nessuno cerca impianti a turbogas o portamissili. Per questi beni ad alta tecnologia non c’è mercato.
I risultati dopo il primo anno di matrimonio con l’Unione Europea hanno deluso quei politici ucraini che finora mostravano un minimo di criticità e di buonsenso nei confronti del loro nuovo partner. Interessante è stata una recente dichiarazione del vice ministro degli Esteri Elena Zerkal nell’intervista rilasciata a un quotidiano ucraino: “Talvolta ho la sensazione”, diceva Zerkal, “che l’Ucraina sia diventata una carta da giocare fra diversi membri dell’UE. Dobbiamo finalmente ravvederci e riconoscere che nessun altro è responsabile del nostro destino tranne noi stessi. È arrivato il momento di maturare”.
Simili opinioni prendono sempre più piede nella popolazione ucraina. Alla fine del 2016 il Centro ucraino di studi economici e politici di Razumkov ha condotto un sondaggio sull’atteggiamento degli Ucraini nei confronti dei Russi. Il 51,1% degli intervistati considerano i Russi un popolo fratello, il 33,8% non lo considerano tale, mentre il 15,2% sono indecisi. Un anno fa le cifre erano opposte. Il sondaggio ha rilevato una grande differenza nelle opinioni in diverse regioni. Nell’Ucraina orientale i Russi sono fratelli per l’87,1% degli intervistati, al sud per il 60,5%, al centro per il 41,2%; la percentuale più bassa, il 28%, è stata riscontrata nella parte occidentale dell’Ucraina. Al centro si è quindi rilevato un cambiamento positivo nell’atteggiamento degli Ucraini verso i Russi.
Orbene, questi sono i dati più rilevanti del 2016. L’accordo con la UE non ha portato all’Ucraina i dividendi promessi. Per i politici ucraini è arrivato il momento di riesaminare seriamente il percorso scelto. Tuttavia pare che siano riluttanti a farlo.
Fonte: https://topwar.ru/106985-pervye-itogi-deystviya-soglasheniya-ob-associacii-s-es-razocharovali-ukrainu.html
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