La paura come “fonte del diritto”?
di STEFANO ROSATI (RI Rieti)
Il consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma ha organizzato un convegno dal titolo molto esplicito: “Il lockdown del diritto”, e di questo va riconosciuto il merito al consigliere Galletti (qui il video che consiglio di vedere). Dopo un anno, seppur tardivamente, la classe forense comincia esplicitamente a denunciare l’incostituzionalità, l’irrazionalità, l’inefficacia, l’inutilità delle misure gravemente lesive di fondamentali diritti costituzionali, assunte dal Governo con l’appoggio di tutte le forze parlamentari.
È un segno incredibilmente positivo che un consiglio dell’ordine che conta 24mila avvocati cominci a esporsi su questi temi. Tra i molti interventi di rilievo, tuttavia, il più importante – importante perché rivela l’orientamento tuttora dominante nella classe dirigente – è quello di un magistrato che con candore afferma, dopo aver riconosciuto che le misure assunte sono incostituzionali, che comunque, alla fine, bisogna tollerare perché solo in questo modo torneremo alla vita di prima. Parole, ripeto – inutile nascondersi-, che rivelano il pensiero ampiamente dominante nella classe dirigente e lo stato di conclamata decomposizione della fedeltà ai valori della Costituzione che la caratterizza.
Ma non è solo questo, anche se sarebbe già sufficiente per aspettarsi una reazione veemente di avvocati e magistrati (veri). Qui assistiamo a una caduta verticale della razionalità e alla conseguente inutilità del ragionamento giuridico. Se si ha paura delle conseguenze giuridiche del ragionamento allora è meglio appendere la toga e farsi da parte. A meno che non si voglia riconoscere che oggi l’unica vera fonte del diritto è la paura.
Se vieni pagato da chi governa, nn è il popolo che devi chiedergli conto.