La Cassa Depositi e Prestiti sotto attacco: partono le privatizzazioni
di ALBERTO MICALIZZI
Oggi Padoan ha proposto di cedere una quota rilevante della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), di cui il Tesoro detiene l’82,77%, per abbattere il debito pubblico. Lo annuncia l’articolo de Il Fatto dicendo che il Governo “punta a cedere entro fine anno una nuova tranche di Poste e a portare in Borsa le Frecce delle Ferrovie dello Stato”.
Il Governo intende cedere il 15% di CDP a qualche banca d’affari della City di Londra, di quelle dove in genere finiscono i Ministri dell’Economia o i dirigenti del Tesoro quando terminano la propria carriera politica (…), e rimborsare circa 5 miliardi di euro di debito pubblico in modo da rientrare nei vincoli imposti dall’UE.
Ma si può rimborsare il debito pubblico cedendo aziende e industrie strategiche di Stato?
Analizziamo due dati chiave. Nei 15 anni che vanno dal 2001 al 2016 la liquidità primaria in Italia, data dalle monete, dalle banconote e dai conti correnti bancari (detta anche M1) è cresciuta di 520 miliardi di Euro. Nello stesso periodo, il debito pubblico dello Stato è cresciuto di 598 miliardi di Euro (dati Bankitalia).
Tenendo conto che una parte dell’incremento del debito pubblico si deve al pagamento di interessi passivi e che parte di questi interessi vanno a beneficio di soggetti non residenti che quindi drenano liquidità dal Paese, possiamo concludere che l’incremento di debito pubblico negli ultimi 15 anni si rapporta quasi perfettamente all’incremento di liquidità netta nell’economia domestica (liquidità netta cioè dopo la fuoriuscita dovuta al pagamento di interessi a soggetti non residenti).
Non è una sorpresa. In un sistema di moneta-debito quale è l’Euro-sistema, l’ammontare di debito pubblico è sostanzialmente pari alla massa monetaria in circolazione.
Basta immaginare uno Stato che si formasse da zero, senza debito e senza moneta e che aderisse all’Eurozona. Cosa farebbe il primo giorno? Emetterebbe obbligazioni sottoscritte dalle banche, iscriverebbe un debito pubblico nel bilancio del Tesoro e con la liquidità raccolta farebbe spesa pubblica in modo da mettere la massa monetaria nelle mani di famiglie ed imprese. Ecco come nasce il debito pubblico (la semplificazione del linguaggio ha finalità esplicative).
Dunque, quando il Ministro Padoan ci racconta che intende rimborsare 5 miliardi di debito pubblico in realtà sta dicendoci un’altra cosa: che intende drenare il sistema Italia di 5 miliardi. Se non fosse così, chiedo al Ministro di spiegare a tutti come poteva l’Italia negli ultimi 15 anni introdurre 520 miliardi di liquidità primaria nel sistema economico senza fare debito?
Ecco, io vorrei che il Ministro Padoan rispondesse a questa semplice domanda e che inoltre illustrasse come pensa di far crescere la liquidità primaria nei prossimi 20 anni, senza aumentare il debito pubblico. Pensa di svendere altri pezzi dello Stato? Cioè, intende cedere lo Stato italiano per dotarci della moneta che servirà a scambiare beni e servizi?
Mi permetto un consiglio al Ministro Padoan: visto che il debito è aumentato a fronte di carta e impulsi elettronici, perché non restituiamo parte di questa carta e di impulsi elettronici – anziché pezzi di Stato – sostituendoli con strumenti monetari paralleli controllati dalla Repubblica, come peraltro vorrebbe l’art. 47 della Costituzione (“La Repubblica controlla il credito….”)? (“Le basi economiche di un new deal italiano”)
Ma c’è dell’altro. Non solo il Ministro Padoan vuole drenare liquidità dal Paese facendolo passare come rimborso di debito pubblico, quindi come qualcosa di virtuoso anziché di scellerato, ma vuole anche farlo attraverso la cessione del 15% del più importante strumento di governo dell’economia che lo Stato italiano ha ancora a disposizione.
Infatti, la Cassa Depositi e Prestiti è l’ultimo vero baluardo che resta per sperare di ricostruire una sovranità industriale, economica e monetaria nel Paese. Detiene oltre 240 miliardi di Euro di depositi postali, eroga già crediti al sistema impresa, possiede partecipazioni strategiche in Terna, Eni, Snam, Poste, Fincantieri, Saipem, Italgas ed altre aziende strategiche dalle quali si potrebbe ripartire per impostare una politica industriale, ed inoltre potrebbe essere il perno per l’emissione di una moneta parallela che ci consenta di de-finanziarizzare il Paese e diminuire gradualmente l’impiego di Euro (“De-finanziarizzare l’economia”).
Corre l’obbligo di ricordare al Ministro Padoan che nel far questo violerebbe almeno due fondamentali articoli della Costituzione italiana, il 43 ed il 47.
L’art. 43 stabilisce che “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire…allo Stato…determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia…. ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Ministro Padoan, non le sembra, tanto per citarne due, che ENI e SNAM siano classificabili come “fonti di energia”?
L’art 47 stabilisce che “La Repubblica ….favorisce l’accesso del risparmio popolare … al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”. Non le sembra, dunque, Ministro Padoan che la Cassa Depositi e Prestiti, che vuol dire Fincantieri, Saipen ed Italgas, per citarne alcune, rientri nei “grandi complessi produttivi del Paese”? E dunque, perché cederla alle banche d’affari della City di Londra anziché riservarla al “risparmio popolare”?
Per chi lo avesse dimenticato, Padoan è lo stesso che ha rifiutato di costituirsi parte civile nel processo di Trani contro le agenzie di rating, su invito del PM Michele Ruggiero, dal che potevano ricevere il pagamento di ingenti danni erariali che la Corte dei Conti ha stimato in oltre 120 miliardi di Euro (“Sentenza storica a Trani..”).
Teniamolo bene a mente. La difesa della Cassa Depositi e Prestiti, ed il suo rilancio come banca pubblica (“Una banca pubblica per rilanciare il Paese“), sono un’altra delle trincee dove ci giochiamo uno degli ultimi brandelli di sovranità nonché la vera chance di risorgere.
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