Libia, assalto alla base navale di Abu Sitta: Al Serraj sempre più in bilico
di LOOKOUT NEWS (Alfredo Mantici)
L’attacco alla sede del Governo di Accordo Nazionale evidenzia tutti i limiti dell’esecutivo del premier, oggi a Roma per partecipare al Gruppo di contatto sui flussi migratori nel Mediterraneo. Intanto Haftar riprende il controllo totale di Bengasi
Nella serata di ieri, domenica 19 marzo, uomini armati hanno dato l’assalto alla base navale di Abu Sitta nelle vicinanze della capitale libica Tripoli. Ne ha dato notizia il quotidiano online libico The Libya Observer. La base navale è da oltre un anno sede del Governo di Accordo Nazionale (GNA), istituito dalle Nazioni Unite nel dicembre 2015 per tentare di riportare la stabilità politica nel Paese dilaniato da sei anni di guerra civile.
Secondo quanto riferito dall’agenzia libica Al Wasat, il capo del GNA Fayez Al Serraj, «viste le critiche condizioni del Paese», aveva inizialmente deciso di rinunciare alla prevista partenza per Roma dove oggi, lunedì 20 marzo, si riunisce il Gruppo di contatto sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale, un gruppo di lavoro internazionale organizzato per verificare la possibilità di controllare in modo coordinato i flussi migratori dal continente africano verso l’Europa. Nelle ultime ore, poco prima dell’inizio del summit, è però alla fine arrivato a Roma dove è stato ricevuto a Palazzo Chigi dal presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Il Gruppo di contatto è composto dai ministri dell’Interno di Italia, Algeria, Austria, Francia, Germania, Libia, Malta, Slovenia, Tunisia e Svizzera, oltre che dal commissario europeo per le Migrazioni, il greco Dimitris Avramopoulos.
(La base navale di Abu Sitta a Tripoli, foto Daniele Raineri)
Al Serraj punta molto sulla sua partecipazione al vertice di Roma, poiché si tratta di un’utile occasione per discutere non solo di migranti ma anche della definizione, con il supporto italiano, di una road map per la ricerca di una soluzione politica alla crisi libica. Nonostante la sua partecipazione alla riunione all’ultimo minuto, la situazione a Tripoli dimostra la sostanziale incapacità del Governo di Accordo Nazionale di raggiungere un’intesa con le altre forze politico-miltari che si contendono il potere in Libia dopo l’abbattimento nel 2011 del regime del colonnello Gheddafi.
Da quando si è insediato alla guida del GNA, Al Serraj non è riuscito neanche ad assumere il controllo della capitale, rimanendo praticamente confinato nella base navale di Abu Sitta che, come detto, nella giornata di ieri è stata assaltata da miliziani probabilmente appartenenti alla fazione islamista di Khalifa Ghwell, il capo del destituito Governo di Salvezza Nazionale di Tripoli, appoggiato da un parlamento che finora si è rifiutato di riconoscere l’esecutivo designato dall’ONU.
(Mosca, 2 marzo 2017: Al Serraj incontra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov)
Il governo di Ghwell è stato riconosciuto dalla comunità internazionale fino all’inizio del 2016, quando è stato considerato decaduto dalle Nazioni Unite per far luogo al governo di Al Serraj. Ma né il suo capo, né le milizie che lo appoggiano, hanno accettato di fare marcia indietro e hanno invece tentato di mantenere il controllo militare della capitale. Tra il 12 e il 16 marzo le forze della Guardia presidenziale di Al Serraj hanno stretto d’assedio l’Hotel Rixos e gli edifici adiacenti che fungevano da quartier generale di Khalifa Ghwell. Questi, dopo essere rimasto ferito negli scontri, è stato costretto alla fuga e secondo diverse fonti potrebbe aver trovato riparto a Misurata.
L’attacco di ieri alla base di Abu Sitta rappresenta adesso l’evidente risposta delle milizie fedeli all’esecutivo di Ghwell ai tentativi di Al Serraj di assumere il controllo della situazione e, al contempo, sancisce il fallimento della tregua che il 16 marzo il Consiglio presidenziale del GNA aveva annunciato di aver raggiunto con diversi gruppi politici e armati di Tripoli e Misurata.
Lo scontro tra Al Serraj e le milizie di Misurata
La situazione per il Governo di Accordo Nazionale si è fatta ancora più difficile quando, sempre nella giornata di ieri, le Brigate di Misurata – che sono state le protagoniste della cacciata dell’ISIS dalla città di Sirte – hanno ufficialmente ritirato il loro appoggio ad Al Serraj.
Lo scontro tra le forze di Misurata e il governo di Al Serraj ha radici squisitamente politiche. I rappresentanti di Misurata hanno protestato perché il GNA non ha condannato le violenze verbali di cui i loro combattenti sarebbero stati oggetto durante una manifestazione popolare tenutasi a Tripoli nella Piazza dei Martiri nella giornata del 17 marzo. I manifestanti, prima di essere dispersi a colpi d’arma da fuoco dalla polizia, hanno lanciato veementi accuse di ingerenza negli affari di Tripoli nei confronti delle forze di Misurata, ma il governo di Al Serraj si è rifiutato di condannarle invocando la «libertà di espressione».
I membri del Consiglio di Stato, organismo che risponde alle Brigate di Misurata, hanno dichiarato al quotidiano libico Libya Herald che «quanto avvenuto ieri (durante le dimostrazioni, ndr) non ha a che vedere con la libertà di parola, ma si è trattato di un incitamento all’odio e alla violenza contro di noi. Sospendiamo quindi ogni contatto con il Consiglio Presidenziale (di Al Serraj, ndr) e lo riteniamo responsabile di ogni violenza che verrà rivolta contro Misurata». Parole dure che al momento rendono ancora più precaria la situazione per il Governo di Accordo Nazionale per il quale le Brigate di Misurata sono state finora un supporto fondamentale sul piano militare.
Haftar prende il controllo definitivo di Bengasi
La rottura di Al Serraj con Misurata avviene inoltre nel momento in cui il generale Khalifa Haftar, comandante della Libyan National Army – che risponde al parlamento di Tobruk, organismo politico rivale del GNA – dopo aver riconquistato il controllo dei terminal petroliferi di Es Sider e di Ras Lanuf, ha annunciato la definitiva liberazione di Bengasi dalle milizie islamiste.
Dopo un assedio di oltre un anno, il 18 marzo le forze della Libyan National Army hanno assaltato il distretto di Ganfouda ancora occupato dalle milizie islamiste e, al termine di una furiosa battaglia, le hanno eliminate o costrette alla fuga, assumendo quindi il controllo della seconda più grande città della Libia.
(Un miliziano della Libyan National Army sorveglia un impianto petrolifero di Ras Lanuf)
È proprio a Bengasi che nel marzo del 2014 Haftar aveva lanciato la sua “Operazione Dignità” dichiarando di voler ripulire la città da gruppi che avevano dichiarato il loro appoggio ad Al Qaeda e successivamente in parte anche all’ISIS. Ora, con questa vittoria, il generale di Tobruk vede indubbiamente rafforzata la propria posizione non solo nei confronti del sempre più debole rivale Al Serraj, ma anche nei confronti della comunità internazionale.
L’Occidente, e in primis l’Italia, dovranno chiedersi fino a che punto potranno continuare a sostenere un governo privo di poteri come quello di Al Serraj, e rifiutare il dialogo con Khalifa Haftar, le cui forze controllano non solo il petrolio libico e tutta la Cirenaica ma rappresentano un’indubbia realtà politica e militare con la quale occorrerà fare i conti se si vorrà ancora sperare in una risoluzione della crisi libica.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/libia-tripoli-attacco-premier-al-serraj-abu-sitta/
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