L’Autismo Della Rete – Quando l’intelligenza artificiale si trasforma in deficienza naturale
di Gianfranco Costantini
L’intelligenza artificiale è senza ombra di dubbio, l’avanzamento tecnologico più poderoso e allo stesso tempo pericoloso, dell’ultimo mezzo secolo.
Cosa sia l’intelligenza artificiale lo sappiamo tutti perché sotto varie forme, la usiamo da decenni, la novità di quest’ultimo sviluppo dell’informatica è che attraverso la programmazione, si cerca di imitare e superare il ragionamento umano. Sfruttando la potenza di calcolo cresciuta esponenzialmente, utilizzando i dati che vengono acquisiti quotidianamente dai centri di accumulazione, si è arrivati alla capacità gestionale pressoché autonoma di processi sempre più complessi.
Questa tecnologia è in fase di forte sviluppo ed avendo applicazioni duali (civili e militari), potrebbe avere effetti potenzialmente distruttivi per l’umanità, quindi a mio avviso abbiamo il dovere di osservare le applicazioni esistenti tenendo in debita considerazione questa prospettiva, usando sempre una buona dose d’immaginazione.
Per addentrarci nel ragionamento, senza cadere in discorsi fantascientifici, bisogna precisare che per ora l’intelligenza artificiale, anche quella generativa più sofisticata, non è capace di inventare niente! Molto banalmente perché sfrutta solo contenuti pubblicati su internet, già creati in precedenza dall’uomo, per questo motivo siamo al cospetto di un potenziamento stupefacente, di una tecnologia già esistente che ogni giorno ci svela dettagli incredibili. Alla luce di questa riflessione, per articolare un ragionamento sensato, dobbiamo guardare al passato, con particolare attenzione ai momenti in cui gli avanzamenti tecnologici sono stati resi disponibili per il grande pubblico.
Innanzitutto la tecnologia informatica può rappresentare una opportunità di sviluppo formidabile ma allo stesso tempo, come già detto, un pericolo esistenziale per la specie umana perché, se è fortemente diffusa, abbraccia gli aspetti fondamentali delle nostre vite e li rende dipendenti dal suo funzionamento.
Immaginate cosa potrebbe accadere se i grandi distacchi di corrente (black out) che si sono verificati negli Stati Uniti nel 2003, arrivassero nei nostri giorni, dove tutto è informatizzato e automatizzato…
A mio avviso l’esperienza maturata con i grandi disastri del passato e il piccolo assaggio di interazione che abbiamo visto tra uomo e macchina, dovrebbero essere i punti di partenza per ogni valutazione di costi/benefici, ma la rapidità dell’evoluzione tecnologica e l’atavica avidità umana di potere e ricchezza impediscono questo approccio e si corre ai ripari solo dopo accadimenti disastrosi.
Tra gli aspetti negativi, potenzialmente catastrofici, che abbiamo potuto osservare diffusamente nelle società tecnologicamente avanzate c’è il repentino calo di abilità intellettive umane fondamentali, specialmente nelle popolazioni più esposte come gli adolescenti.
L’orientamento in spazi aperti, sia urbani che naturali, la lettura, la scrittura, l’uso di un vocabolario adeguato a sostegno della parola, la concentrazione, la manipolazione di oggetti, l’equilibrio, sono tutte abilità fisiche e cognitive che si sono mediamente ridotte in questa fascia di popolazione.
Chiunque può constatare che un adolescente occidentale, immerso nella tecnologia fin dalla prima infanzia, cresciuto negli agi domestici, mediamente ha minori capacità fisiche e intellettuali rispetto a un coetaneo proveniente dal secondo/terzo mondo, che ha vissuto una vita solo sfiorata dalla tecnologia.
Perché sta avvenendo?
Le risposte sono molteplici ma perlopiù riconducibili al concetto di interazione uomo macchina.
Che sia uno strumento meccanico o che sia digitale, ogni estensione tecnologica del corpo, condiziona l’evoluzione fisica e mentale umana.
Senza esprimere un giudizio su questa dinamica, propongo un esempio banale e allo stesso tempo esplicativo sull’utilizzo di massa dell’automobile che ha sostituito il cavallo e l’asino.
L’uomo, utilizzando l’auto come mezzo di locomozione e trasporto merci, ha aumentato il raggio d’azione dei suoi spostamenti, ha migliorato i riflessi, ha potenziato l’orientamento nelle grandi distanze e la capacità relazionale con popoli diversi, ha accresciuto il benessere economico… Di contro ha mediamente ridotto la propria forza e resistenza fisica alla fatica, ha perso la capacità di interazione con gli elementi naturali e gli animali e, se pur inizialmente ha migliorato la propria salute, con il forte inquinamento e la vita sedentaria la sta peggiorando. Quindi, escludendo i giudizi, possiamo affermare che l’uomo prima dell’introduzione dell’automobile nelle società era “diverso” perché ha sostituito alcune abilità e caratteristiche fisiche con altre ed è stato proprio il mezzo a cambiarle.
Fenomeni simili che hanno portato piccoli cambiamenti continui sono avvenuti con l’introduzione della radio, della televisione, del telefono e sta avvenendo in maniera più marcata e veloce con l’introduzione della tecnologia informatica di massa.
L’uso massiccio dei monitor (televisori, telefonini, videogiochi), sta distruggendo l’energia vitale degli esseri umani perché li disconnette dalla vita reale, multidimensionale, multisensoriale, imprevedibile e li immerge in una realtà artificiale preordinata, quasi priva di azioni fisiche e intellettuali.
Mi focalizzo sull’aspetto autistico dello strumento digitale e per farlo ho coniato un neologismo: “L’Autismo della Rete”. Per non cadere in equivoci, con questa teoria intendo l’uso massiccio degli strumenti informatici (telefoni intelligenti, tablet, P.C., assistenti vocali..) che causano la perdita di contatto con la realtà e agevolano la costruzione di una vita interiore che alla realtà viene anteposta.
Per comprendere al meglio questa mia teoria, come prima cosa bisogna osservare gli strumenti informatici e quello che ci impongono di fare, fin dai primi momenti in cui li usiamo:
1 creare un account
2 impostarlo
3 accettare le condizioni di utilizzo.
Questo insieme di operazioni apparentemente banali che richiedono pochi minuti, sono la chiave d’ingresso nella nostra mente e nel nostro corpo perché da quel momento in poi, lo strumento intelligente (Smart) che stiamo utilizzando, si impossessa dei dati che noi stessi offriamo gratuitamente, ci inizierà a riconoscere, memorizzando tutti i nostri comportamenti. Saranno catturate ed elaborate tutte le nostre azioni durante l’utilizzo e non, attraverso la geolocalizzazione, con l’accesso al microfono e alla fotocamera, con i dati biometrici e tanto altro. Questa ragnatela digitale inestricabile ha come primissimo effetto quello di creare un ambiente virtuale personalizzato e confortevole per ciascun utente così da rendere “l’esperienza di navigazione” il più possibile aderente alle necessità.
L’utente ben profilato, con tutte le applicazioni e le impostazioni consigliate attive, vedrà apparire sotto i propri occhi solo contenuti coerenti con le proprie ricerche pregresse e suggerite con una compilazione automatica da parte dell’algoritmo. A seconda dei discorsi che saranno catturati dal microfono, riceverà pubblicità mirate o inviti a visualizzare immagini o gruppi rispondenti al profilo di appartenenza.
Sempre più sistemi di assistenza vocale, suggeriscono risposte e contenuti impostati automaticamente per omettere realtà scomode al sistema e amplificarne altre funzionali alle grandi narrazioni dominanti.
Questa metodologia di funzionamento della tecnologia, rinchiude gli utenti in bolle cognitive personalizzate, all’interno delle quali vengono archiviati tutti gli interessi, le curiosità , le informazioni, le emotività, i divertimenti, trasformando di fatto larghi strati di fruitori delle tecnologie informatiche in “utenti autistici”.
Il sistema di potere oligarchico anglofono che gestisce questo mondo digitale in gran parte del pianeta (Cina esclusa perché ha un proprio sistema), da un lato spinge gli individui nell’isolamento delle bolle autistiche e dall’altro tenta di formare le cornici ideologiche e valoriali capitalistiche, all’interno delle quali i singoli individui possano identificarsi.
Già Platone con il mito della “Caverna”, attraverso le molteplici interpretazioni che vi si possono trarre, aveva inquadrato e descritto in maniera esemplare la natura umana ed il suo rapporto con la conoscenza. “L’autismo della rete” si potrebbe inserire in continuità con questa riflessione filosofica, da un lato, attraverso la creazione sempre più raffinata di ombre, dall’altro, isolando ogni singolo individuo in nicchie della caverna. Il risultato è che l’individuo vedrà sempre e solo la propria ombra muoversi insieme alle altre proiettate.
Fin dalla notte dei tempi, menti raffinatissime lavorano alacremente per cercare di condizionare il nostro mondo immaginario, per la prima volta nella storia però, hanno la capacità tecnologica di controllare direttamente o indirettamente, ogni singolo umano.
Ci riusciranno?
Per il momento no! Questa mia riflessione è la prova provata che esistono sempre persone immuni dal condizionamento tecnologico e mediatico che filosoficamente, si adoperano per divulgare pensieri critici.
Per iniziare ad affrancarsi da questa forma di autismo artificiale, in fin dei conti basta poco, se si spengono i monitor che abbiamo di fronte, immediatamente appare il mondo reale che aspetta solo di essere compreso e vissuto.
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