La “fiesta” deve ancora iniziare
di Marco Trombino
Durante le ultime elezioni per il parlamento della UE ha fatto scalpore in Spagna il risultato di una lista nuova, “Se Acabó La Fiesta” [“La festa è finita”]: presentatasi per la prima volta, ha raccolto 800.763 voti corrispondenti al 4,59% delle preferenze ed eleggendo 3 eurodeputati. Il fondatore di questa lista, Alvise Perez, è un ex militante di “Ciudadanos”; ma l’aspetto singolare di questo soggetto politico è la sua assoluta nascita e crescita in rete, attraverso canali Telegram, in particolare attraverso il canale che porta il nome del suo fondatore (ad oggi 23/6/2024 conta più di 570.000 iscritti) e quello che risponde al nome della lista stessa (ad oggi 23/6/2024 risulta avere 5.200 iscritti). Questo successo improvviso ha indotto osservatori e analisti a gridare alla “fine dell’era dei partiti”, a dedurre che “il modello di partito del secolo scorso è scomparso” e che ormai siamo nell’epoca del digitale, della rete, dei canali, del virtuale, e che solo sulle piattaforme telematiche sia ormai possibile cercare ed ottenere consensi. Ma è davvero così? Vediamo un po’ più da vicino la faccenda.
Innanzitutto SALF ha mostrato, in tutti i sondaggi, di fare presa soprattutto nelle periferie degradate e in situazioni di disagio sociale. Il suo programma è un misto di anti-immigrazionismo critico verso l’immigrazione magrebina, di liberismo in economia, di affermazioni contro la pederastia e – immancabile, scontato e deprimente sempreverde – contro la corruzione in politica. La classica rete per intrappolare i tonni, che funziona sempre. Hanno anche un punto rispetto alla riformulazione dello stato, che però è un tema contingente della realtà iberica caratterizzata da una monarchia che dovrebbe rappresentare la comunità ma condizionata anche da forti spinte secessioniste, il cui frangente più drammatico è quello della Catalogna. Già nel contenuto esposto si notano le contraddizioni di base: Perez si scaglia contro i guasti di un’immigrazione incontrollata però invoca il sistema economico liberista, ossia… proprio quello che richiede manodopera a basso costo dai paesi poveri. La cosa grave è che ci siano più di ottocentomila spagnoli che non si rendono conto che liberalizzare l’economia (come se la Spagna di oggi fosse una repubblica sovietica, tra l’altro) comporti consegnare ciò che rimane dell’economia nazionale in mano a corporazioni multinazionali che non esiteranno dieci secondi a gettare a mare la manodopera locale per sostituirla con quella esotica a minor costo.
Ora, fare previsioni per il futuro specie in un contesto storico come quello attuale è impossibile, ma il sospetto che questo successo sia uno dei tanti fuochi di paglia elettorali del XXI secolo è supportato da diversi elementi già contenuti nella disamina appena effettuata.
Innanzitutto questa lista SALF nasce in seguito all’apogeo e al tramonto di altri soggetti politici la cui crescita sembrava inarrestabile anni fa, da Ciudadanos a Podemos (quest’ultimo partito è passato dal 7,98% del 2014 al magro 3,28% delle recenti europee) e quindi nulla ci garantisce che si tratti di un fenomeno stabile nel tempo, visti i precedenti. Nel panorama politico spagnolo la fanno ancora da padrone i partiti tradizionali, il PP e il PSOE. Poi, “Se Acabó La Fiesta” ha il lievissimo difettuccio di essere l’ennesima associazione personalistica, del tutto incentrata sulla figura di Alvise, e se per caso questi non dovesse continuare a fare politica possiamo scommettere tutti quanti che la lista si scioglierebbe come il proverbiale ghiacciolo lasciato sotto il sole di agosto. L’incredibile culto della personalità che ammanta gli ammiratori di Perez è riscontrabile nella sbalorditiva differenza tra gli iscritti al suo canale personale e quella del “partito”: il primo è un canale Telegram dai numeri invidiabili, il secondo ha una platea pari a quella di un qualunque canale residuale. Per inciso: Perez ha cercato di presentare la propria lista con il suo nome proprio (“Alvise”) ma gli è stato impossibile a causa delle norme elettorali del paese iberico, quindi non ha nemmeno cercato di dissimulare il suo egocentrismo. Siamo all’ennesimo “fan club” in salsa M5S, destinato a terminare non appena il fondatore smette di fare politica, o cade in disgrazia per qualunque motivo, o semplicemente passa di moda. Se questo è il modello politico che ci permette di superare i partiti, diciamo che i paesi “europei” possono andare già adesso a prenotarsi un posto in qualche impresa di pompe funebri, Spagna inclusa.
Qui il punto è molto semplice. In politica non esiste un modello alternativo al partito. Qualsiasi soggetto politico è un insieme di più persone, e affinché funzioni ha bisogno di un’organizzazione. Quindi è imperativo che i cittadini, anche quelli più disperati – anzi, soprattutto questi – digeriscano il concetto e lo accettino. Liste estemporanee, telematiche e liquide finiscono sempre nelle discariche di rifiuti tossici, portandosi con sé chi ci ha creduto. Prima il popolo lo capisce, prima si dota dell’unico vero strumento che ha permesso in passato e può in futuro permettere la realizzazione di uno stato sociale: il partito. Punto numero due: il partito nasce e vive grazie alla partecipazione, e qui parliamo della partecipazione fisica delle persone. Sbattacchiare i polpastrelli contro la tastiera di un telefono non ha mai prodotto né produrrà mai rivoluzioni, né emancipazioni, né liberazioni, né risultati. Bisogna che tutti, giovani in primis, tornino alla partecipazione in politica come unica e nobile pratica del potere popolare. Qualsiasi fesseria realizzata esclusivamente su piattaforma è una stupida illusione.
No, la festa non è affatto finita. Non è nemmeno stata organizzata. La fiesta deve ancora iniziare.
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