Le balle del Sole sulla Finlandia (e tutto il resto)
di ALBERTO BAGNAI
(…nel giorno in cui un prestigioso quotidiano economico prende la coraggiosa e tempestiva decisione di aprire un dibattito sull’euro con studiosi di grande spessore, ancorché lievemente a disagio con la storia economica del nostro paese, io riordino le mie caselle di posta elettronica, che stanno subendo una riorganizzazione radicale nel quadro del mio piano quinquennale di riduzione dello stress. In sintesi, una la tengo per lavoro, una è privata, e l’altra è per i rompicoglioni. Ora… c’è un problema, gentile lettore: se mi hai scritto, e non ti ho risposto, è probabile che tu abbia scelto, o inconsapevolmente, o perché te l’ho dato maliziosamente io, l’indirizzo per i rompicoglioni. Solo che… il problema è insolubile, perché se invece ne hai scelto un altro, ma io non ti ho risposto perché non ti ho potuto rispondere, ma tu mi solleciti, diventi automaticamente un rompicoglioni! Insomma: se mi scrivi due volte all’indirizzo giusto, è come se mi scrivessi un volta all’indirizzo sbagliato. E allora, che fare? Ma… nel dubbio, astieniti! Sì, capisco, è bello, è liberatorio, e fa tanto piacere anche a me, ricevere le testimonianze del vostro ammmmmmmmmmoooooooooooreeeeeeee – fa un po’ meno piacere alle vostre compagne, ma questo è un problema loro, di loro che vi hanno scelto! – però l’ammmmmmmmmoooooooooreeeee per essere tale deve essere disinteressato. Il vostro, naturalmente. Il mio no. Io, per tirare avanti, ho certo bisogno di ammmmmmmmmmmmmmmmmoooooooooooooooooooreeeeeeeeeeeeeee, ma anche, più prosaicamente, di euro, che servono per pagare l’affitto della sede, gli stipendi dell’assistente e del personale, i software dei quali abbiamo bisogno, i canoni degli abbonamenti a Internet, ecc. ecc. Insomma, ve l’immaginate. Siamo in tempi di dichiarazioni dei redditi – almeno per quelli che integrano la condizione necessaria per dichiararne: averne uno – e di 5×1000. Se proprio non sapete cosa farci, e se non pensate che il lavoro fatto qui valga una donazione, oltre a una sempre gradita lettera di ammmmmmmmmmmmmmmmooooooorrreeeeee – che poi mi costringe a scrostare lo schermo col muriatico, tanto colloso è il vostro alato sentimento – non disdegnerei un vostra firmetta sull’apposito riquadro del 5×1000. Le istruzioni sul da farsi sono qui. Fatto presente questo punto non banale, mi pregio di sottoporre alla vostra riverita attenzione una lettera che non ci dice nulla di nuovo sul tema di cui si occupa – di Finlandia che ne ha parlato Heikki Patomaki al #goofy5, e presto vi renderò disponibili i video – mi scuso per il ritardo – ma ci ricorda chi sono quelli che oggi, 16 aprile 2017, vogliono aprire in Italia il dibattito sull’euro, invece di chiudere il loro giornale, cosa che, oltre a essere un atto di igiene del dibattito, sarebbe anche un atto di giustizia. Divertitevi con questa lettera: il lettore è come il maiale, non si butta niente, e aggiungo che spesso, stagionandolo un po’, diventa ancora più gustoso. Questa lettera la ricevetti il due dicembre del 2015… ma è sempre attuale, anzi, oggi ancora di più!…)
Caro Prof. Bagnai,
mi chiamo Giorgio Tricarico, sono un analista junghiano e seguo il Suo blog da circa un anno, grazie a un mio carissimo amico, nonché collega, che nel Suo blog si firma come Skanda. Convinti entrambi che occuparsi della psyché, l’anima, in greco antico, significhi anche occuparsi dei luoghi in cui essa si manifesta, l’Economia e la Tecnica sono due degli ambiti sui quali ci confrontiamo spesso. Skanda ha il grande merito di aver sconfitto il mio scetticismo aprioristico per blog, forum e quant’altro, e gli sono grato per avermi fatto conoscere Goofynomics, uno dei rarissimi luoghi in cui i commenti sono spesso interessanti tanto quanto i post.
Nel mio campo, la psicologia analitica, mi occupo di tematiche stranamente non molto frequentate dai miei colleghi, quali l’analisi radicale della società della Tecnica e delle sue conseguenze sulla psiche (nel solco del filosofo tedesco Gunther Anders), e soprattutto il tema della ricerca di senso nell’epoca del tramonto delle precedenti cornici di senso. A questo riguardo ho scritto e pubblicato in Italia un racconto (Oltre l’Uomo) che si candida senza dubbio al premio “Worst Seller” del 2015. Mi sono presentato, in onore delle Sue richieste di farsi identificare, prima di stringerLe la mano. Credo sia giusto farlo anche via mail.
Le scrivo per condividere alcune riflessioni. Da poco più di sei anni, vivo e lavoro a Helsinki. Sono, ad oggi, l’unico psicologo, psicoterapeuta e analista junghiano italiano in Finlandia. Il 29 novembre è apparso sul Sole 24 Ore questo articolo. Il titolo dice già tutto: vi si afferma che la Finlandia é in crisi ma che l’euro non c’entra. [NdC: questi sono quelli che vogliono aprire il dibattito…]
Ora, il Sole 24 Ore tempo fa l’ho ribattezzato La Sola 24 Ore, dall’uscita di un articolo raccapricciante proprio sulla Finlandia, pubblicato il 25.08.2011. In questo delirante articolo, che in teoria si sarebbe dovuto occupare di Grecia e Finlandia da un punto di vista economico, si inanellava una serie di puttanate, permetta il francesismo, inenarrabili, a partire da quella secondo cui a Helsinki non circolano i SUV (se si mettessero i SUV presenti in città in fila indiana, essa arriverebbe da Helsinki a Pescara).
La serie di notizie infondate, false, inventate era tale, che si stenta a credere si trattasse di un articolo del Sole 24 Ore.
O forse no.
Scorrendo l’articolo del 29 novembre, ho scoperto gli effetti della lettura di Goofynomics.
Riga dopo riga, durante la lettura, l’articolo rivelava immediatamente la sua natura menzognera e manipolatoria, a suon di affermazioni apodittiche e mai supportate da dati.
“La Finlandia”, si afferma, “rischia di diventare il nuovo grande malato della zona euro”
– Bene. Perché?
“Sotto il peso della crisi economica”.
– Ah, cioè, la Finlandia è in crisi economica a causa della crisi economica. E poi?
“E sotto il peso della guerra in Ucraina”.
– Ah sì?
Certo: “Dal 2008 Helsinki ha bruciato il 6% di PIL e, pensa che strano!, il debito pubblico è stato ed è relativamente modesto.
– Ma le proteste in piazza Maidan, a Kiev, sono iniziate a fine novembre del 2013, e il conflitto ad aprile del 2014, ovvero da solo un anno e mezzo.
Come é possibile che la crisi ucraina e le sanzioni alla Russia giustifichino il fatto che Helsinki abbia bruciato il 6% del PIL a partire da SEI ANNI PRIMA?
Ma suvvia, sarà forse il caso di soffermarci su dei dettagli temporali? Il tempo, si sa, è relativo.
Il Sola continua: “La via più facile sarebbe dare la colpa all’Euro, invece le responsabilità vanno cercate nella struttura economica del Paese”
– É strutturata male, la Finlandia.
“Sì. I detrattori della moneta unica invece affermano che sarebbe l’Euro la causa a monte dell’implosione della Nokia e del settore carta, tra le altre cose.
Ma no! Sono le sanzioni alla Russia che hanno messo in ginocchio l’esportazione, verso Mosca”
Pensare che sia stato l’Euro e la catena di eventi collegata alla sua introduzione (“impossibilità di svalutare la moneta – svalutazione del lavoro e dei salari – aumento dell’indebitamento privato – insolvibilità – licenziamenti, riduzione dei diritti dei lavoratori – tagli al welfare e annientamento dell’economica interna”) è semplicistico, sentenzia il Sola 24 Ore.
Si palesa lo scopo dell’articolo: tirando in ballo la situazione della Gran Bretagna e soprattutto della vicinissima Svezia, e articolando una supercazzola degna di nota, esso giunge a dimostrare che la Finlandia è in crisi PERCHÉ non ha ancora smantellato il modello sociale scandinavo e i benefici del welfare.
In sostanza, la gente che ha visto Nokia (e tante altre realtà finniche) chiudere i battenti, che ha perso in questi ultimi anni il proprio lavoro o che, se fortunata, si è vista comunque ridurre sia gli introiti sia i risparmi, certamente ne beneficerà se verranno tolti loro gli aiuti e i sussidi destinati a situazioni di emergenza, se la sanità aumenterà il prezzo del ticket, se i servizi verranno privatizzati e costeranno di più e via riformando…
Uno scempio logico.
Anche senza essere esperto di economia, sono riuscito a comprendere che chi ha scritto questo articolo é volutamente in malafede, e ha lo scopo di mandare un messaggio preciso al lettore ITALIANO.
La Finlandia è malata, come la Grecia, ma la colpa non è dell’euro.
Sarebbe malata anche se tornasse alla propria divisa.
Prove di questa affermazione? Nessuna.
Ma è la conclusione dell’autorevole articolo.
Se non ho vomitato è stato solo grazie a due “antiemetici”.
Il primo è questo articolo di Evans-Pritchard, pubblicato dal Telegraph pochi giorni prima di quello del Sola.
L’articolo di Evans-Pritchard riporta un dato di fatto in primo piano: la Finlandia è in crisi esattamente come la Grecia ma le balle dette in tutti questi anni sulla Grecia corrotta e sprecona non ai possono applicare alla Finlandia diligente che “ha sempre fatto i compiti”. La situazione finlandese è essenzialmente la prova che la moneta unica sia un progetto fallimentare dal punto di vista degli abitanti delle varie nazioni che l’hanno adottata. É altresì un progetto (criminale, diceva qualcuno) ben riuscito e voluto, dal punto di vista di altre forze in campo, un progetto mirato al depauperamento di vasti strati della popolazione, allo smantellamento e alla svendita del tessuto economico-produttivo, alla distruzione sistematica dello stato sociale, e alla progressiva abolizione (giustificata dall’emergenza e dalla crisi, si capisce) dei diritti e delle regole democratiche di intere nazioni.
Il secondo antiemetico, l’ho scoperto solo quest’anno, risale al 2012, quando un certo Alberto Bagnai diceva essenzialmente le stesse cose di Evans-Pritchard e azzardava previsioni riguardo al paese in cui vivo che si sono dimostrate purtroppo vere.
E in Finlandia cosa si dice a riguardo? Sarebbe interessante condurre delle ricerche serie. Io posso limitarmi alla constatazione assai amara che NESSUN finlandese che io conosca era a conoscenza dell’articolo di Evans-Pritchard sul Telegraph, né tanto meno dell’iniziativa ivi menzionata di un tal Väyrynen che avrebbe raccolto 50.000 firme per far discutere in Parlamento l’ipotesi di un’uscita dall’Euro.
Non solo.
Ho sentito affermare da varie persone, di differenti appartenenze sociali e culturali, tutta la serie di balle sulla Grecia che “se l’è meritato di fallire” e sui Greci corrotti, pigri, inefficienti, faciloni, loschi e inaffidabili.
Continuo a sentire ripetere come un mantra tibetano che la soluzione sono i tagli al welfare, alla spesa pubblica, la flessibilità e le riforme, dai politici di ogni schieramento e in particolare dall’attuale primo ministro Sipilä (partito di Centro-Destra) e dal Ministro dell’Economia Alexander Stubb (Destra), quest’ultimo, un quarantenne smart, alacremente impegnato ad esprimere il proprio nulla interiore via Twitter, come accade anche altrove, mi pare.
La gente mi appare essenzialmente anestetizzata, preoccupata per il proprio quotidiano, senza alcuna visione critica, aiutata in questo da giornali conformisti e attentissimi a non disturbare il manovratore.
Insomma, il vero nemico della vita, del benessere, del lavoro, dei diritti di questa nazione non sembrerebbero gli immigrati o il gigante russo con cui la Finlandia confina, ma siedono quotidianamente in Parlamento, rappresentanti non degli interessi delle persone che gli hanno eletti, ma di un progetto criminale che sta uccidendo una delle poche social-democrazie europee.
Mi sembra che si debba dare la massima visibilità a quello che sta accadendo qui, in Finlandia, proprio perché non ci sono i facili alibi della corruzione, dell’inefficienza, dell’inerzia per giustificare la crisi.
Io, coi mezzi di cui dispongo, lo farò.
La prego, Professore, di continuare a farlo anche Lei, nel Suo blog e nei convegni ai quali parteciperà.
Parli della Finlandia, grazie.
Con stima.
Giorgio Tricarico
Allora…
Caro Giorgio, io il mio l’ho fatto: della Finlandia abbiamo parlato, e come!, al nostro convegno annuale dell’anno scorso. Dopo una attenta analisi, su suggerimento di un amico che lavora in Commissione ci è sembrato che Heikki fosse la scelta giusta, e non ce ne siamo pentiti (consiglio: non chiedetemi quando escono gli altri video…). Ora, a quanto mi risulta, rimane solo da sistemare la parte “io, coi mezzi di cui dispongo, lo farò”. Qui c’è un aiutino che spiega come fare, caro Giorgio. Anche questa terapia, come la tua, si paga…
E ora veniamo al punto.
Un giornale che, più o meno quando io, nel Tramonto dell’euro, vi spiegavo funditus come e perché la Finlandia fosse tutt’altro che un paese esemplare e vincente (per chi se ne fosse dimenticato, qui un breve resoconto della spiegazione), un giornale che a quel tempo si produceva in stucchevoli note di colore sul paese virtuoso perché a Helsinki “mancano le insegne del lusso e della globalizzazione” e c’è un “welfare avvolgente” basato su un “solidissimo patto sociale” sottoscritto “con grande convinzione” (eh, si sa, son seri al Nord…), ecco, un giornale che si rivolgeva e si rivolge alla comunità economica e finanziaria dimostrando una simile capacità di analisi, lo stesso giornale che 696 giorni dopo il QED (non dopo la spiegazione, che era venuta altri 423 giorni prima, portando a 1119 giorni il ritardo sulla storia di questi simpatici artigiani della cronaca rosa…), 696 giorni dopo il QED, dicevo, interveniva sulla Finlandia titolando a caratteri cubitali che il problema non è l’euro, senza fornire alcun argomento che non fosse il fatto di scimmiottare un titolo del WSJ di quattro giorni prima, con il che dimostrava la propria patetica subalternità culturale e la propria partigianeria, incompatibile con un atteggiamento deontologicamente corretto, con il “presentare i fatti separati dalle opinioni”, quel giornale, un giornale che nessuno legge, perché è l’organo di un’associazione di categoria alla quale ormai nessuno vuole più appartenere, e che per questo motivo si sta spegnendo, oggi cosa fa?
Si propone di aprire un dibattito equilibrato, stabilendone anche le regole!
Un dibattito equilibrato chi?
Un dibattito equilibrato loro!?
Quelli che hanno negato ferocemente ogni evidenza, che hanno mandato i loro giornalisti a profferire indecenti bestialità per le quali qualsiasi studente sarebbe bocciato un esame di economia internazionale, come l’ormai epico aumento del prezzo della benzina di sette volte, che qui abbiamo voluto smentire pubblicando un articolo in classe A, per dimostrare scientificamente quanto scorretto fosse diffondere simili fake news, nel momento stesso in cui l’euro, svalutandosi del 30%, lo dimostrava fattualmente (se vedete Plateroti, chiedetegli come mai la benzina non è aumentata nel 2015…)…
Ecco: questa accolita appassionati di economia (perché tali si sono dimostrati, né credo che fra di loro ve ne sia alcuno che possa vantare esperienza di ricerca specifica nei temi dei quali si occupa), questi qui, dopo essere intervenuti come hooligan a inquinare con le loro fantasiose congetture e il loro teppismo verbale ogni e qualsiasi studio televisivo, oggi (16 aprile 2017) aprono il dibattito.
Siamo a posto.
Anzi, no! C’è di meglio. Perché per aprire un dibattito serio ed equilibrato, a chi ne affidano la gestione?
A una persona tanto serena da definire criminali i fondatori dell’euro (!) e tanto competente da scambiare una rivalutazione del marco per una svalutazione della lira, all’evidente scopo di alimentare, conformemente a quanto gli organi di stampa italiani tutti fanno (non è chiaro su mandato di chi: non credo dei loro lettori, anche quando ne hanno), il mito negativo di un’Italia “svalutazionista”, per usare i termini di una persona che non voglio nemmeno nominare.
Ora provo a spiegarlo a qualche collega estero: riuscirci sarà difficile, ma se dovessi farcela, sai le risate?
D’altra parte, per tutto il 2015 le presentazioni dei miei paper sulla benzina si sono aperte con questa slide evangelica:
ed era molto difficile convincere i colleghi esteri, dopo le inevitabili risate, di quale ruolo effettivamente ricoprisse e di quale rilevanza avesse (e abusasse) nel dibattito chi si era lasciato andare a un’affermazione tanto inverosimile da non poter nemmeno essere considerata una fake news, ma una semplice gag da avanspettacolo – che, devo dirlo, onestamente, in quanto gag funzionava benissimo, predisponendo sempre favorevolmente la platea dei miei seminari all’estero.
Ora, non vorrei che qualcuno, preso da autorazzismo, concluda sconsolato che questo è il dibattito che ci meritiamo, nel giornale che ci meritiamo. No. Le cose non stanno così. Noi non ci meritiamo né quel giornale, che purtroppo verrà salvato coi soldi delle nostre tasse, e continuerà, nell’esatto momento in cui ciò avverrà, a delirare sui danni della spesapubblicaimproduttiva, né, soprattutto, ci meritiamo questo dibattito. Chi ha sostenuto a/simmetrie si merita questo, di dibattito, il nostro, che abbiamo condotto coinvolgendo i massimi esperti mondiali del tema, o riportandone qui, su questo blog, gli argomenti esposti nelle sedi scientifiche.
Chi invece vorrà prendere parte all’altro dibattito, prestando la propria credibilità a un’operazione così insulsa, temo che soggiacerà alla terza legge di Bagnai:
Legge della conservazione della credibilità: chi presta credibilità a un organo di stampa che non ne possiede perde la propria
Per carità, io voglio anche essere indulgente coi colleghi per i quali essere sul Sole 24 Ore è motivo di vanto. Certo, considerando che sono stato intervistato dal Financial Times (e un motivo ci sarà), rifiutare la preziosa opportunità di esprimermi in cotanta sede potrebbe essere inteso come atto di snobismo da parte mia (qui l’intervista per i diversamente europei).
Ma il problema è un altro.
Il problema è che il dibattito che si meritano gli italiani ce l’hanno già. Chi sceglie di non parteciparvi (perché “parli con Borghi” o perché “sei divisivo”) per partecipare invece a un dibattito che nasce sulle premesse che abbiamo visto sopra, se ne assume le responsabilità e l’inevitabile ridicolo, e soprattutto porta con sé la colpa, assolutamente grave, di far apparire come seria e fondata l’ennesima operazione propagandistica tendenziosa e distorsiva. È opportuno che il dibattito appaia per quello che è: una operazione pilotata da quelli che “quello lì insegna in provincia”. Chi sono loro per decidere che il dibattito si apre oggi? Quale collega sarà così subalterno da voler, per vanagloria, ratificare con la propria presenza un’operazione che si svolge in una sede tanto compromessa dalle vicende recenti, e dagli atteggiamenti passati? Lasciamoli pure dibattere fra loro, i sedicenti ortodossi, mentre masticano il boccone amaro che sapete. Sarà curioso osservare gli sviluppi del loro stantio rituale, ma senza perderci troppo tempo, che noi abbiamo ben altro da fare.
Mentre, nel vano tentativo di attirare qualche lettore, i naufraghi della menzogna si avventurano sulla loro zattera a discutere il “se”, un attimo prima di darsi al cannibalismo, noi siamo già oltre: abbiamo imparato ad addentrarci nelle autentiche articolazioni del dibattito, a misurare l’incompatibilità radicale della costruzione europea con la Costituzione repubblicana, e abbiamo già studiato come porvi rimedio.
Cari operatori della propaganda, ci mancherete. Mi accomiato da voi con un po’ di nostalgia, senza rancore per come avete costantemente, dalle frequenze del vostro gruppo editoriale, cercato di ridicolizzare il lavoro serio che qui veniva svolto, senza biasimo per la pervicacia con la quale avete impedito a chi poteva farlo di portare una parola equilibrata nel dibattito, quando sarebbe ancora stato possibile salvare tante aziende, quelle aziende che vi danno il pane e che avete condannato al fallimento appoggiando senza se e senza ma l’austerità di Monti e il delirio europeista. E per dimostrarvi che non ritengo valga la pena di mostrarvi acredine, vi saluto con una battuta di un film leggero, come leggeri sono i vostri articoli, quando vi avventurate nella macroeconomia internazionale: “That’s not a debate! That’s a debate!”
(…ah, a differenza di Crocodile Dundee, noi non solo non vi diamo il wallet, ma neanche la monetina: ripeto: ce le farete sfilare dal conto in banca da quello che voi chiamate Stato ladro – tranne quando vi fa comodo – ma not in our name!…)
fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2017/04/le-balle-del-sole-sulla-finlandia-e.html
Commenti recenti