A.E. Pritchard: Marine Le Pen abbandona la crociata per la Frexit, considerata un ‘errore’
di VOCI DALL’ESTERO (Ambrose Evans Pritchard)
Ambrose Evans Pritchard sul Telegraph commenta il cambiamento di strategia del Front National sulla questione cruciale della moneta unica: esponenti di spicco del partito attribuiscono l’emorragia di voti al secondo turno rispetto alle previsioni all’aver puntato troppo sull’uscita dall’euro a discapito degli altri temi tradizionali del partito, legati all’ordine pubblico e all’immigrazione. E dunque, nonostante la Le Pen si fosse mostrata ben consapevole di quanto l’euro fosse un tema cruciale, senza affrontare il quale ogni altra politica a favore dell’interesse nazionale sarebbe stata impossibile da attuare, tuttavia non sembra essere stata capace di affrontare con competenza e credibilità i problemi legati all’uscita, e con la sconfitta il coro delle voci dissonanti all’interno del partito si fa più forte. Sul tema, Pritchard intervista anche Brigitte Granville e Jacques Sapir, “guru” della Frexit.
Marine Le Pen è decisa ad abbandonare il suo programma di uscita dall’Unione europea e ritorno al franco francese, considerando che la sua strategia ad alto rischio si è dimostrata un costoso errore per il partito.
La leadership del Fronte Nazionale terrà un forum dopo le elezioni parlamentari il mese prossimo per elaborare una politica del tutto nuova.
“Non ci sarà la Frexit. Abbiamo preso nota del messaggio che ci hanno dato i francesi“, ha detto Bernard Monot, capo stratega economico del partito.
“Continuo a pensare che la moneta unica non sia tecnicamente sostenibile, ma non ha alcun senso per noi insistere con ostinazione. D’ora in poi la nostra politica sarà quella di rinegoziare i trattati UE perché ci consentano un maggiore controllo sul nostro bilancio e sulla regolamentazione bancaria” ha detto Monot al Telegraph.
La diffusa opinione di esponenti di spicco del Fronte Nazionale è che il furore scatenato intorno alla moneta unica abbia distratto dal messaggio fondamentale su ordine e legalità, immigrazione, e sullo scontro con l’Islam, provocando un’emorragia di voti nelle ultime sei settimane della campagna presidenziale.
Marine Le Pen ha riconosciuto che il paese non era pronto per lo shock della rivoluzione monetaria. “Sono ben consapevole che il tema dell’euro ha gravemente sconvolto i francesi, quasi fino al punto dell’irrazionalità. Dovremo tenerne conto, discuterne, e rifletterci sopra” ha detto la Le Pen.
Le Pen ha ottenuto il 34% dei voti nel ballottaggio per le presidenziali contro Emmanuel Macron, ben al di sotto dei sondaggi di quest’anno. Il suo tentativo di fare un passo indietro durante la campagna elettorale, impegnandosi a mantenere l’euro per le transazioni internazionali, è stato visto come segno di confusione. Nel mese di febbraio aveva detto al Telegraph che la sua politica di ritorno al franco francese avrebbe avuto un costo in termini di voti, e tuttavia aveva insistito che bisognava che il bubbone scoppiasse:
“Potrebbe anche causare problemi, ma quale altra soluzione c’è? Dovrei mentire e fingere che possiamo perseguire le nostre politiche patriottiche rimanendo nell’euro? “.
“Non possiamo fare nulla sotto le attuali istituzioni dell’Europa, e l’euro ne è la chiave di volta. Non una sola delle nostre misure vedrà mai la luce del giorno. L’euro non è una moneta. È un’arma politica per costringere i paesi ad attuare le politiche decise dalla UE e mantenerli al guinzaglio “.
Nicolas Bay, segretario generale del partito, ha detto che il piano per tornare al franco era sbagliato: “L’euro non doveva apparire come un elemento centrale del nostro progetto. Noi non siamo stati capaci di convincere la gente su questo“.
La saga solleva una serie di domande sulla natura della democrazia all’interno di un’unione monetaria. Un sondaggio Pew dello scorso anno ha rilevato che il 66pc dei francesi disapprovava il sistema economico dell’Europa, e il 61pc aveva una “visione negativa” della stessa UE.
Oltre il 48pc dei voti al primo turno delle elezioni il mese scorso è andato a partiti che vanno dalla estrema sinistra alla estrema destra con posizioni o decisamente per la “Frexit”, o comunque per un cambiamento radicale nelle politiche della zona euro.
“Quello che ha fatto questa campagna è stato di avviare per la prima volta un dibattito sull’euro. I media francesi prima si erano rifiutati di discuterne, perché l’euro e l’UE sono una religione assoluta per l’élite francese“, ha detto la prof Brigitte Granville, economista francese presso la Queen Mary University di Londra. “Macron vuole più Europa e una politica fiscale comune, ma deve stare attento. Non è questo che vuole il popolo francese. A loro non piace essere dei piccoli nani sotto il pieno dominio della Germania“.
Gli elettori sono stati bombardati da grandi allarmismi sul fatto che la Frexit avrebbe portato la Francia a una svalutazione vertiginosa, a una crisi del debito e a un crollo economico catastrofico. Questi allarmismi hanno fatto centro.
Se nei fatti la Frexit avrebbe portato ad un crollo della valuta francese è una domanda interessante. I difensori della Frexit – e dell’”Italexit”, a seguire – dicono che questa è un’idea profondamente sbagliata. Essi sostengono che sarebbe invece il nuovo marco tedesco a impennarsi verso l’alto con violenza se l’euro dovesse rompersi, causando un grave shock deflazionistico per la Germania.
In ogni caso, la Le Pen ha avuto difficoltà a spiegare i meccanismi dell’uscita. Ha negato che ci sarebbe stato un controllo sui capitali, e ha suggerito che si poteva negoziare un’ordinata rottura dell’euro in un periodo lungo. In questo ha mancato di realismo.
L’economista francese Jacques Sapir – guru del campo Frexit – ha detto che la strategia era incompleta. Non c’era una pianificazione di emergenza, e nessun riconoscimento del fatto che le forze del mercato avrebbero guidato gli eventi.
“È ovvio che la speculazione dilagherebbe. Di fronte a fughe di capitali, dovrebbero essere messi in atto controlli sui capitali. L’uscita dall’euro dovrebbe essere realizzata molto rapidamente“, ha detto Sapir.
La Francia è intrappolata in un cattivo matrimonio. Metà della popolazione ha perso la fiducia nella moneta unica, ma il paese deve stringere i denti e ricavare il meglio possibile da una brutta situazione. Il Presidente Macron ha interpretato la sua vittoria come un voto per l’Europa, ma questo comporta dei rischi. Molti l’hanno sostenuto al solo fine di tenere a bada il Fronte Nazionale. Le schede bianche di protesta si sono triplicate, arrivando all’ 11.5pc. Il tasso di astensione è salito di sei punti, al 25.4pc.
Il primo sondaggio Elabe da quando Macron è salito all’Eliseo mostra che il sostegno al Presidente è solo al 45pc, il più basso di sempre per un Presidente neoeletto. E sostenere che ha un mandato molto ampio per una maggiore integrazione europea, è una forzatura.
Jacques Sapir ha dichiarato che il vero vincitore al primo turno delle elezioni è stata la questione della sovranità francese, balzata ai primi posti come forza culturale dominante del paese: “Ciò che rimane da trovare – cosa di non poco conto – è il modo per trasformare questo in una vittoria politica”.
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