di MEGACHIP (Luis Carapinha)
Tra denunce e mandati di comparizione in tribunale, il tempo di Temer arranca verso la sua fine nella tormenta politica brasiliana. Aggrappato come un mollusco ad un potere che sta dando mostra di un’accelerata disgregazione, la caduta del presidente illegittimo è data praticamente per scontata.
Si libra nell’aria lo spettro di Cunha, ex presidente della Camera dei Deputati, condannato per corruzione a 15 anni di prigione.
Un anno fa la collusione dei due politici del PMBD è stata determinate per il golpe istituzionale che ha imposto la rimozione della Presidente eletta, Dilma Rousseff. Fatto il lavoro sporco, sembra giunto il momento del classico sacrificio dei capri espiatori della cospirazione. A questo obbligano anche il larghissimo rigetto popolare di Temer e del suo governo (sono già necessarie le dita delle due mani per contare il numero dei ministri che hanno abbandonato il governo indiziati di corruzione), e le difficoltà a far passare le riforme del lavoro e della previdenza richieste con impazienza dal grande capitale.
In Brasile tutto è peggiorato dopo la scandalosa rimozione di Dilma Rousseff senza crimine di responsabilità. Sono già oltre 14 milioni i lavoratori disoccupati e si diffonde la crisi sociale nel contesto dell’applicazione dell’inaudito pacchetto di austerità e del saccheggio dell’erario pubblico. Il gigante sudamericano si mantiene in una situazione di recessione economica, considerata la peggiore dal 1948.
Ma la logica del golpe non è quella del contro-golpe. Nel fango del clientelismo e della sistematica venalità dell’alta politica brasiliana, si assiste ad una guerra feroce tra istituzioni e fazioni della classe dominante. Aecio Neves, candidato del partito tutelare della destra brasiliana, il PSDB, sconfitto da Dilma nelle presidenziali del 2014, ha appena visto il suo mandato di Senatore sospeso nell’ambito del tentacolare processo lava-jato. La Procura Generale ha chiesto il suo arresto.
Tuttavia, tutti i grandi settori della borghesia – i partiti della coalizione golpista, il potere economico, giudiziario e l’oligopolio mediatico – convergono nei toni reazionari, neoliberisti e di infeudamento agli interessi dell’imperialismo statunitense e del capitale finanziario transnazionale. Ventriloquo degli USA, il Brasile post golpe ha invertito il corso della cooperazione regionale e si è aggiunto alla campagna contro il Venezuela bolivariano. Ci sono segnali contraddittori in merito alle relazioni con la Cina e i BRICS. Al culmine del riallineamento strategico arriva l’invito agli Stati Uniti per effettuare manovre militari multilaterali in Amazzonia, vecchia aspirazione del Pentagono.
Con la linea diretta di successione ad interim di Temer pure oscurata dall’ombra della corruzione, cresce la mobilitazione popolare nelle strade come hanno testimoniato la dimensione dello sciopero generale del 28 aprile e la richiesta di elezioni dirette.
Questo è l’elemento decisivo per rompere la tela machiavellica tessuta dietro il paravento della lotta alla corruzione e la strumentalizzazione di lava-jato, allo scopo di mettere sotto processo e e squalificare politicamente Lula, favorito nella vittoria nelle urne. Per prevenire – come avverte il PCdoB – l’approfondimento del golpe antidemocratico, in questo momento di crisi strutturale del capitalismo nel mondo.
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