Ma che caldo fa
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Antonio Martino)
Il cambiamento climatico è l’ennesimo idolo inattaccabile, il feticcio patetico che nasconde il sempreverde movente dell’Occidente contemporaneo: il profitto per pochi e la miseria per tutti.
In un episodio di tanti anni fa, Homer Simpson si faceva trapiantare un parrucchino per turare le falle delle calvizie con la spiacevole- e geniale- conseguenza di divenire suddito e schiavo del diabolico toupet. Naturalmente la realtà si premura di essere sempre più farsesca della fantasia. La decisione yankee di abbandonare ogni discussione sul clima, gentilmente declinando le belle intenzioni vergate nel 2015 a Parigi, ha naturalmente scatenato l’indignata reazione delle anime belle sparse all over the World. Facile, visto che l’ambiente risulta essere uno dei capisaldi della weltanschauung dominante: tra una capretta salvata alla crudele brace di Pasqua e un intersex in crisi di identità, il buon soldato del Mondialismo si macera volentieri pensando alle malfatte dell’orrido uomo bianco occidentale.
Senso di colpa, quanti crimini si commettono in tuo nome!
Del resto appare molto più nobile- e di converso tanto meno stressante- pensare alle tribù dell’Amazzonia che al sozzo sottoproletario di periferia, torbido e ignorante, meritatamente condannato ad una vita insopportabile dalla sua carta d’identità. Lambiente, dunque, così come leuropa e lapace sono comodi ripieghi tattici, suadenti battaglie da auletta occupata che terminano nel breve volgere di una canna. La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma occorre pur sempre sostentarsi adeguatamente.
Toccare il tema del cambiamento climatico ha rinfocolato l’odio di tutto il clericume lib-lab verso theDonald, contribuendo a rinfocolare la polemica teutonica nei confronti dello scomodo zio d’America. La combo ambiente+futuro+antiamericanismo di maniera+Trump ha poi fatto il resto: la patetica denuncia in inglese di bonbon Macron e le alcoliche reazioni di litro-Juncker vengono da sé, riflessi pavloviani di una super-classe di ridicoli automi. Come sempre, il nazismo dell’opinione non ammette repliche o antitesi. Il problema esiste e va combattuto come diciamo e ordiniamo noi, punto. L’uso patetico e distorto della scienza ad uso e consumo del gretto interesse di parte- già utilizzato del resto in tematiche altrettanto importanti come euro, vaccini, immigrazione e terrorismo- si applica ancora una volta sul corpo morto dell’Occidente.
Siamo tutti climatologi? Naturalmente no. Il clima sta cambiando? Sicuramente sì. C’entra l’attività umana? Non si sa.
Noi non siamo tuttologi- difatti non scriviamo su Repubblica- e pertanto rimandiamo all’autorevole parere di un Nobel che illustra una lettura alternativa. Ciò non significa che egli abbia ricevuto la Verità dall’Alto dei Cieli: da umili cronisti mettiamo il lettore innanzi a una fonte diversa rispetto al gorgoglio di fogna del mainstream, scelga poi il Nostro in totale autonomia.
Guardando invece all’origine degli strali più accesi, parte di un tutto che si chiama imperialismo tedesco, notiamo delle cosucce interessanti e perciò obliate. Tra i tanti miti del Reich primigenio la modernità e l’efficienza…tedesca brillano per popolarità e grandezza, specie se confrontati con la vilipesa realtà italiana. I dati, guarda caso, dicono il contrario:
Il carbone gioca la parte del leone nel processo di produzione energetico teutonico, anche se non è di certo il materiale più ecologico. Chi paga lo scotto? Natürlich, le persone
In Germania muoiono all’anno 3465 persone, sette volte più che nella retrograda e incivile Italia, posizionata per una volta gloriosamente alla fine della vile classifica. La Francia di lady Rotschild Macron non fa tanto meglio, nonostante l’uso massiccio del nucleare. Vuoi vedere che ancora una volta la realtà risulta migliore della propaganda autorazzista?
Come sempre, herr Merkel rimesta nel torbido dell’infamia, a ruota seguita dalla nostra classe dirigente in funzione di gauleiter collegiale. Nemmeno il clima si salva dall’ipocrita manipolazione dell’establishment, lo stesso che viaggia in lussuosi jet privati e chiede al disoccupato di ridurre i già bassissimi consumi privati. Come afferma ZeroHedge nella traduzione di Luciano Barra Caracciolo
Nella vita reale, l’adozione di prescrizioni conformi all’accordo di Parigi, diminuirà la crescita riducendo l’accesso a risorse energetiche fondamentali. In aggiunta al ridurre il potere di acquisto delle famiglie, ciò ridurrà anche le entrate fiscali. Il denaro speso nel produrre energia a costi più alti, è denaro che non può essere speso in altri settori – in cose come la cura della salute, la ricerca e l’investimento in miglioramenti delle tecniche agricole (…)In tal modo, l’accordo esige una maggiore spesa, mentre riduce l’attitudine sia del settore pubblico che di quello privato di “potersi permettere” quella spesa. Questo è uno sforzo self-defeating.
Seguendo il concetto della decrescita felice (per chi non decresce, ovviamente), il delirio d’onnipotenza delle élite globaliste non si premura più di celare le ridicole idee a loro congeniali. Sanno, per esperienza, che qualunque follia può essere fatta accettata dalla massa con sapienti dosi di sensazionalismo e paura, mancanza di alternative e infami riduzioni ideologiche. Il clima così inteso, alla maniera della “loro” europa o del “loro” benessere, diviene soltanto un ennesimo feticcio da adorare, un ulteriore grimaldello con cui scardinare l’assetto sociale per imporre la criminale visione maltusiana di un Mondo fatto solo e soltanto per gli ottimati. Del resto la fame si risolve non facendo mangiare gli affamati. Ipse dixit ed essi eseguono.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/corsivi/trump-inquinamento-clima/
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