Attentati a Teheran: scontro ravvicinato tra Iran e Arabia Saudita
di LOOKOUT NEWS (Rocco Bellantone)
Il duplice attentato compiuto da ISIS rappresenta un nuovo elemento di instabilità nello scacchiere mediorientale. L’intervista a Morris Mottale, capo del dipartimento di relazioni internazionali della Franklin University di Lugano
Gli attacchi simultanei con cui il 7 giugno lo Stato Islamico ha colpito il centro politico e religioso di Teheran hanno fatto improvvisamente emergere le fragilità dell’Iran, lo Stato considerato tra i più sicuri dell’intero Medio Oriente. L’azione di ISIS non ha però solo un altissimo valore simbolico, ma rappresenta un nuovo elemento di instabilità in uno scacchiere regionale già agitato da conflitti e crisi diplomatiche e in cui lo scontro finora consumato per procura tra Arabia Saudita e Iran appare sempre più riavvicinato. Lookout News ha provato a inquadrare la situazione nel complesso con il professore di relazioni internazionali e politica comparata Morris Mottale, capo del dipartimento di relazioni internazionali della Franklin University Switzerland di Lugano e membro del comitato scientifico del Centro Studi Space.
Dopo gli attacchi rivendicati da ISIS, che scenari si aprono sul piano interno per l’Iran?
In passato in Iran ci sono stati diversi atti di terrorismo interno che però il governo e le forze di sicurezza iraniane hanno sempre saputo tenere a freno. Soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta la soluzione scelta dal governo degli Ayatollah è stata quella di sterminare letteralmente ogni forma di opposizione e di dissenso. Centinaia di persone sono state impiccate o fucilate, anche se oggi la gente lo ha dimenticato. Finora questo sistema ha funzionato. Dubito che quanto accaduto possa innescare sollevazioni interne. Ovviamente, non può che sorprendere il fatto che i servizi segreti iraniani si siano fatti trovare impreparati. La Guardia Rivoluzionaria e l’intelligence mantengono comunque un ottimo controllo del territorio, hanno spie e informatori in tutto il paese così come all’estero. L’Iran è sempre stato un Paese sicuro, specie se paragonato a tutti i suoi vicini, e quanto accaduto potrebbe anche essere un episodio isolato.
(La Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei)
Quale reazione si aspetta dal governo e dagli apparati della sicurezza iraniana?
Sarà interessante vedere cosa diranno i servizi segreti iraniani. Poi ci saranno le reazioni del “popolino”, ma questo è un altro aspetto. Tireranno fuori ogni possibile ipotesi di complotto: qualcuno attaccherà i sauditi, dicendo che sono stati loro a finanziare ISIS per destabilizzare l’Iran; altri punteranno il dito contro Israele o gli USA; qualcuno arriverà a dire che il governo si è auto-procurato questi attentati. Quest’ultima, tra tutte, è l’ipotesi che mi sento di escludere categoricamente. Di certo c’è che quanto accaduto va letto nell’ottica generale delle guerre in corso in Medio Oriente e della recente crisi diplomatica tra Arabia Saudita e Qatar in cui influisce la nuova strategia dell’Amministrazione Trump.
Chi ha colpito ha dunque voluto lanciare un segnale forte contro l’estensione della sfera di influenza iraniana in Medio Oriente?
L’Iran sta vincendo in Siria e Iraq. In Siria la sua alleanza con Assad e con la Russia sta prevalendo sulle forze sunnite e sui cosiddetti ribelli moderati. In Iraq Teheran ha aumentato la propria influenza controllando un’ampia rete di milizie sciite. Dunque con gli attacchi a Teheran ISIS ha voluto dimostrare non solo di essere ancora forte nella regione ma anche di essere capace di mettere pressione da vicino sull’Iran e sugli sciiti. Per non parlare poi del valore simbolico e in termini di propaganda di questi attentati. Attaccare un luogo sacro per gli sciiti come il mausoleo di Khomeini ha un grande significato non solo per gli estremisti. È un’azione che si farà sentire in tutto il mondo sunnita. So che è una cosa politicamente scorretta da affermare, ma nel mondo arabo non ho mai sentito qualcuno dire che è una cosa terribile fare una strage di sciiti. ISIS ne è consapevole ed è anche per questo motivo che, dopo aver colpito in tutto il mondo dall’inizio del Ramadan, ha deciso di colpire anche il Paese bastione degli sciiti.
Questo attentato avrà delle ripercussioni sull’ultima crisa diplomatica che si è consumata in Medio Oriente tra Arabia Saudita e Qatar?
È possibile che i sauditi usino questo attentato per dire che l’Iran è incapace di combattere il terrorismo al suo interno. In generale, in Medio Oriente è in atto una corsa a tre per il controllo della regione tra sauditi, turchi e iraniani. I sauditi non hanno le capacità per riuscire in questa impresa. I turchi sono stati fortemente indeboliti dopo il tentato golpe. Gli iraniani sono invece molto più preparati. Come ho detto, comandano un’estesa rete di milizie tra la Siria e l’Iraq e sono pronti a combattere fino all’ultimo arabo.
L’Iran dispone dunque di contromisure per reagire alla strategia di isolazionismo condivisa da Arabia Saudita e Stati Uniti?
L’Iran può contare sull’alleanza con Cina e soprattutto Russia. I cinesi sono degli alleati solidi ma esclusivamente sul piano economico ed energetico. Teheran conta invece molto sul sostegno dei russi sul piano politico e militare. Alla fine, mettendo da parte la propaganda e l’ideologia, quello a cui puntano gli iraniani è conquistarsi una fetta il più ampia possibile di Medio Oriente.
(Riad, 21 maggio 2017: da sinistra Al Sisi, Re Salman, Melania e Donald Trump)
Come valuta la strategia di Trump in Medio Oriente?
Sicuramente la visita di Trump a Riad a fine maggio è stata alla base della rottura dei rapporti tra Arabia Saudita e Qatar. Trump ha costretto Riad a fare qualcosa sia contro ISIS che contro l’Iran. E il primo a pagarne le conseguenze è stato il Qatar. Il presidente americano è visto con preoccupazione da tutti in Medio Oriente. Cambia continuamente le carte in tavola, è difficile prevedere la sua prossima mossa. E ciò vale anche per Israele.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/teheran-attentati-isis-intervista-esperto-morris-mottale/
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