Caso Consip? No, caso MEF
di GUSTAVO PIGA
Una rivoluzione in arrivo in Consip, la centrale acquisti di beni e servizi di proprietà del Tesoro? Così sembrerebbe.
Curioso che ne avvengano al contempo due, di rivoluzioni, così da non capire quali di queste sia la vera.
Potrebbero essercene due, direte, perché no? Una coincidenza piuttosto sospetta, anche per chi tende a rifuggire da sinistre teorie complottiste.
Come altro chiameremmo se non “sospetta coincidenza” il contestuale annuncio di una rivoluzione nel modo in cui Consip effettuerà le sue gare ed al contempo delle dimissioni di due terzi del suo Consiglio di Amministrazione così da portare con tutta probabilità anche il terzo componente, di fatto il solo suo attuale Amministratore Delegato, a dimettersi nei prossimi giorni?
Ma procediamo con ordine. Di quale rivoluzione organizzativa trattasi? La riprende giustamente l’ANSA, dandole rilievo, parlando appunto di “rivoluzione in arrivo alla Consip … addio maxi-lotti e più trasparenza”. Maxi-lotti, cosa sono? Vedeteli come l’equivalente di una decisione di bandire gare di “grande ammontare” per raggiungere sconti di prezzo preziosi da parte delle aziende fornitrici partecipanti, ma con il parallelo effetto disastroso di escludere le piccole imprese dalle gare proprio a causa di una dimensione esagerata di queste rispetto al loro modello di business.
Tale cambiamento in Consip fa riferimento ad un adeguamento “per tenere conto della giurisprudenza più recente, contemperando al meglio gli obiettivi di inclusione delle PMI e dell’aggregazione della domanda”. Trattasi dunque del nostro successo giuridico presso TAR e Consiglio di Stato, del Davide che sconfigge Golia per il quale ci siamo battuti da sempre in questo blog? Certamente sì e a quello rimandiamo il lettore curioso per ulteriori approfondimenti.
Una rivoluzione dunque benvenuta. Che ci fa sperare che da ora in poi la politica degli appalti pubblici diventi vera politica industriale capace di generare crescita ancor prima che risparmi, così da mettere in sicurezza i nostri conti pubblici che dai mitici risparmi dell’aggregazione della domanda pubblica – che hanno ucciso le PMI – ha ottenuto solo debito pubblico crescente e stagnazione.
Se non fosse che.
Se non fosse che non si capisce perché questa mossa avvenga in congiunzione con la richiesta di dimissioni dell’attuale vertice della Consip, giustificabile solo se questo avesse fatto male sinora. Forse avrà fatto male, l’attuale CDA, a diabolicamente perseverare nelle gare grandi che escludevano le PMI?
O forse, o in aggiunta, non è che l’accenno contestuale di cui sopra ad una esigenza di “maggiore trasparenza” nella nuova organizzazione della Consip abbia qualcosa a che vedere con la richiesta di cambio del management? Forse sì, visti i recenti scandali di corruzione che hanno condotto all’esclusione della ditta Romeo dalla gara del Facility Management, ancora in attesa di aggiudicazione. Forse sì, visto che ancora la Consip si è sentita di dover escludere due imprese, CNS e Manutencoop Fm, per aver fatto cartello in un’altra delle sue convenzioni, quella di Pulizia delle scuole.
Ma siamo sicuri che la minore aggregazione della domanda e la maggiore trasparenza ora annunciati per evitare episodi di non partecipazione delle PMI, corruttela e collusione siano dovute ad errori da addebitare alla Consip e non a quelli di qualcun/qualcos’altro?
Consip è in fondo un mero modello di centralizzazione degli appalti come tanti nel mondo, caratterizzato in teoria da 1) alta intensità di utilizzo di strumenti tecnologici per effettuare le gare, che rendono la relativa informazione su di esse nota ad un pubblico più ampio e 2) dalla possibilità di assumere personale competente (perché più remunerato) che eviti errori formali e sostanziali nei capitolati, riducendo da un lato il contenzioso giuridico a valle del bando e, dall’altro, ispirando anche altre amministrazioni a copiare il materiale di gara e ridurre a loro volta gli errori che spesso rallentano e peggiorano l’operato della macchina amministrativa italiana.
Tutto qui. Che Consip sia poi diventata una macchina da gare “grandi” (per risparmiare tramite teoriche economie di scala) senza tenere conto che queste distruggono partecipazione, aumentano la possibilità di cartelli e attraggono maggiormente il palato dei corruttori per la loro dimensione, piuttosto che rimanere un’organizzazione a servizio di tutte le amministrazioni locali, con gare a lotti piccolissimi che attirassero l’interesse di quel volano strategico del nostro Paese chiamato piccole imprese, non è stata certo una decisione della Consip ma del suo maggiore azionista, il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Centralizzazione non fa per forza rima con aggregazione, se non perché il Ministero di Via XX Settembre ha scelto di darle questa pericolosa e sbagliata inclinazione.
Ministero che fino a pochi giorni fa, prima a TAR e poi al Consiglio di Stato, difendeva queste scelte come “imprescindibili” al fine di salvaguardare quel programma di razionalizzazione della spesa pubblica che apparentemente con gare piccole si sarebbe messo gravemente a repentaglio.
Speriamo con una qualche apprensione dunque che questa riforma in favore delle PMI sia volontà sincera e non tattica politica. E comunque, attendiamo che ci dicano chi, dei vertici del MEF, debba dimettersi per questi anni di mancato sviluppo e per tutti questi errori marchiani nella politica, così strategica per la ripresa del Paese, degli appalti pubblici.
Fonte:http://www.gustavopiga.it
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