La “sinistra” e l’Europa
OGGI:
IERI:
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PALMIRO TOGLIATTI
11 marzo 1947 in Assemblea Costituente
Lo sforzo che vorrei fare all’inizio, in questo dibattito che giustamente fu definito preliminare, è quello di individuare quali sono i beni sostanziali che la Costituzione deve assicurare al popolo italiano, beni dei quali non si può prescindere, se si vuole raggiungere quell’obiettivo fondamentale che ho cercato di fissare e che devono essere o instaurati, o restaurati.
Credo che questi beni siano tre:
– il primo è la libertà e il rispetto della sovranità popolare;
– il secondo è l’unità politica e morale della Nazione;
– il terzo è il progresso sociale, legato all’avvento di una nuova classe dirigente.Se noi riusciremo a fare una Costituzione la quale garantisca alla Nazione questi tre beni, allora non avremo fatto, com’è stato detto, una Costituzione interlocutoria, ma una Costituzione che rimarrà effettivamente come il libro da porsi accanto all’arca del patto, una Costituzione che illuminerà e guiderà il popolo italiano per un lungo periodo della sua storia.
Le esigenze che ho indicato non sono infatti qualcosa di transitorio, ma sono esigenze permanenti e concrete, corrispondenti alla situazione storica ben determinata che sta davanti a noi.
Fonte: http://www.camera.it/_dati/Costituente/Lavori/Assemblea/sed058/sed058.pdf.
PALMIRO TOGLIATTI
2 dicembre 1948
Ora, la politica estera, e precisamente una politica estera nazionale, incomincia precisamente in quel punto in cui coloro i quali divergono nell’adesione a differenti sistemi di idee avvertono la necessità, nell’interesse supremo della nazione, di convenire in una politica comune che entrambi hanno dedotto, per vie diverse, da diversi punti di partenza…
Quello che noi chiediamo, quello che è necessario affinché la pace sia conservata, è che tutti i popoli siano liberi di fare da sé; liberi di decidere da sé le loro questioni; liberi di costruire da sé quell’ordine nuovo cui aspirano e che è conforme alla loro volontà.
Quando voi proponete di fondare sopra di esse una Federazione di popoli europei, dovete onestamente riconoscere che voi volete non unire, ma scindere l’Europa…
Fonte: http://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0145/sed0145.pdf.
In un discorso del 29 luglio 1947, sulle esigenze fondamentali della nostra vita nazionale:
La prima è che non ci siano interventi stranieri nella nostra politica interna. Guai a noi… se dovessimo, oltre tutto, ammettere che i nostri governi si facciano a seconda del beneplacito o della richiesta di una capitale straniera. L’indipendenza del nostro Paese sarebbe per sempre perduta. Seconda esigenza è quella della esclusione di un intervento economico straniero. Dobbiamo organizzare la collaborazione economica, industriale e commerciale con tutti i Paesi dell’Europa e del mondo, ma in modo tale che ci permetta di sviluppare la nostra economia a seconda di quelle che sono le necessità di sviluppo della nostra vita e forza nazionale…
L’unità del mondo non si crea imponendo a tutti i Paesi il predominio di una sola potenza strapotente, si crea attraverso la conquista e la garanzia della libertà e dell’indipendenza, direi attraverso la libera esplicazione del genio di ogni nazione.
Fonte: https://www.camera.it/_dati/Costituente/Lavori/Assemblea/sed208/sed208.pdf.
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PIETRO NENNI
30 novembre 1948
…che ognuno si assuma le sue responsabilità senza voti platonici, senza evasioni sul giardino d’infanzia delle illusioni federaliste… Apriamo una carta geografica. Onorevoli colleghi, cosa è l’Unione europea di cui parlano Churchill, De Gasperi e purtroppo anche Léon Blum? È la Germania alla testa dell’Europa… Onorevole Sforza, noi saremo isolati, e nel modo più completo, il giorno in cui saremo o nel Patto di Bruxelles, o nel Patto atlantico, o in quello mediterraneo, o nell’Unione europea; allora saremo isolati, e non oggi, che conserviamo una certa possibilità di manovra. Quando avrete concluso l’alleanza, forse qualcuno ripeterà col Di Robilant del 1887: «Adesso l’Italia è in una botte di ferro». E non saremo, onorevoli colleghi, in una botte di ferro, saremo il vaso di creta che viaggia con i vasi di ferro: e non v’è bisogno di molta sapienza per sapere qual è il destino del vaso di coccio in compagnia dei vasi di ferro.
Poi in conclusione:
…le illusioni federalistiche, che dovrebbero servire per portare la discussione nella stratosfera delle utopie. Il federalismo non è purtroppo una soluzione ma una evasione. È una fuga nell’astratto… Dobbiamo perciò avere il coraggio di prendere le nostre decisioni senza evadere dal reale nell’irreale. La decisione che noi proponiamo è di organizzare il Paese in libera democrazia autonoma…; creare le premesse di una possibile neutralità non assumendo impegni internazionali di carattere politico e soprattutto militare; mantenere relazioni amichevoli con tutti i Paesi dell’Europa e del mondo; intensificare gli scambi e i traffici con l’Ovest e con l’Est, col Nord e col Sud. Ciò non sarebbe l’isolamento dell’Italia ma il suo contrario.
Fonte: http://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0143/sed0143.pdf.
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LELIO BASSO
13 luglio 1949
È in questa fase e come strumento di dominazione americana, che nasce e si concreta il progetto francese di Unione Europea, nasce cioè la proposta di una vera Unione Europea con parziali rinunce alle sovranità particolari…
Noi sappiamo che ogni passo avanti che si fa verso questa cosiddetta unione è un passo avanti sulla via dell’assoggettamento dell’Europa al dominio del capitale finanziario americano ed è altresì un passo avanti verso la formazione di una piattaforma europea in funzione antisovietica. Ridotta a questa espressione, l’Unione europea somiglia profondamente all’Europa di Hitler: anche allora «Europa in marcia», era una delle espressioni care alla dominazione nazista, così come oggi «Europa in marcia» è espressione cara alla dominazione americana…
Il nostro internazionalismo non ha nulla di comune con questo cosmopolitismo di cui si sente tanto parlare e con il quale si giustificano e si invocano queste unioni europee e queste continue rinunzie alla sovranità nazionale.
L’internazionalismo proletario non rinnega il sentimento nazionale, non rinnega la storia, ma vuol creare le condizioni che permettano alle nazioni di vivere pacificamente insieme. Il cosmopolitismo di oggi che le borghesie, nostrana e dell’Europa, affettano è tutt’altra cosa: è rinnegamento dei valori nazionali per fare meglio accettare la dominazione straniera.
Fonte: http://www.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed0275/sed0275.pdf.
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PCI SUI TRATTATI DI ROMA DEL 1957
Giuseppe Berti, relatore della mozione con cui si chiedeva di non ratificare:
Non ha senso dire che il MEC è una cosa e il capitale monopolistico un’altra: il MEC è la forma sovranazionale che assume nell’Europa occidentale il capitale monopolistico.
L’Unità del 28 luglio 1957:
La manodopera italiana entrerà in concorrenza sugli stessi mercati con la manodopera – a bassissimo costo – dei paesi d’oltre mare… si prevede un aumento di produttività ma non una riduzione dell’orario di lavoro… l’economia italiana corre il rischio di vedersi privata della mano d’opera migliore attraverso l’emigrazione degli operai specializzati…
La libera circolazione dei capitali significa che i monopoli di ognuno dei sei paesi sono liberi di trasferire i loro capitali da una zona all’altra scegliendo quella dove esistono le possibilità di realizzare maggiori profitti. Date le condizioni di inferiorità nelle quali si trova la nostra economia è possibile che attraverso questa libera circolazione di capitali, vi sia nel nostro paese una penetrazione di tipo imperialistico di capitale straniero, soprattutto tedesco. In secondo è possibile che si verifichi da parte dei monopoli italiani una fuga di capitali dall’Italia…
L’eliminazione di queste tariffe provocherà una concorrenza molto più aspra tra le diverse ditte operanti nei paesi aderenti; se si esamina la struttura industriale e la potenza economica delle varie nazioni, si comprende che la posizione dell’Italia è in generale la più debole di tutte quante tanto è vero che finora i dazi doganali italiani sono stati i più alti proprio per proteggere la nostra produzione dalla più robusta concorrenza straniera…
Perché gli industriali non si oppongono al MEC? Il fatto è che gli iniziatori del MEC sono stati i grossi monopoli industriali che all’interno del mercato comune avranno sufficiente forza per poter sviluppare i loro affari ai danni dei piccoli produttori, sia nazionali che degli altri paesi. La FIAT ad esempio, grazie agli investimenti americani, è riuscita a portare la sua produzione a un’efficienza tale da potere, con i suoi prodotti di massa, battere la concorrenza di tutte le altre case automobilistiche del mercato comune, in quanto è la più grande industria privata in questo campo.»
Il coordinamento economico di cui si parla nel trattato si risolverà in pratica in intese sempre più strette tra i vari monopoli per la spartizione del mercato a scapito dei piccoli e medi produttori sostituendo così alla protezione doganale una spartizione delle sfere di influenza tra i grandi monopoli.
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GIORGIO NAPOLITANO
12 dicembre 1978
Il vertice di Bruxelles del dicembre 1978 ha sancito:
la conferma di una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi ed a sostenere oneri adeguati per un maggiore equilibrio tra gli andamenti delle monete e delle economie di paesi della Comunità.
E così venuto alla luce un equivoco di fondo, di cui le enunciazioni del consiglio di Brema sembravano promettere lo scioglimento in senso positivo e di cui, invece, l’accordo di Bruxelles ha ribadito la gravità: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte, ferma restando la politica non espansiva della Germania federale e spingendosi un paese come l’Italia alla deflazione…
Sottolinea il rischio che:
le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di frequente una modifica del cambio, una svalutazione ufficiale e brusca della lira fino a trovarci nella necessità di adottare drastiche politiche restrittive.
Fonte: http://www.camera.it/_dati/leg07/lavori/stenografici/sed0383/sed0383.pdf.
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PCI
1971 SU INTRODUZIONE IVA
Stralcio preso da pag. 4 della relazione di minoranza, sul disegno di legge per la delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria, presentata il 30/09/1971 dai deputati COMUNISTI Raffaelli, Vespignani e Lenti alla VI Commissione Permanente (finanze e tesoro) della Camera dei Deputati.
Sappiamo che anche nel seno della maggioranza vi sono resistenze ad introdurre il 1° gennaio 1972, con l’IVA, un elemento certo di aumento dei prezzi.
Ci si oppone però che vi sono obblighi verso la CEE.
A nostro avviso nessun obbligo o impegno verso la CEE è superiore all’interesse nazionale per cui la questione si riduce alla volontà politica di maggioranza e del Governo e noi pensiamo che debba prevalere un atto politico responsabile e necessario quale quello che noi proponiamo.
Fonte: http://legislature.camera.it/_dati/leg05/lavori/stampati/pdf/16390006.pdf.
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Sul Manifesto di Ventotene
“In principio fu Luigi Einaudi. In un libro da lui pubblicato oltre vent’anni prima con lo pseudonimo di Junius, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati politici nell’isola di Ventotene, trovarono alcune idee sull’Europa e qualche suggerimento sul come sottrarla al suo cupo destino: su questi semi germogliò sessant’anni fa, nel luglio del 1941, il celebre Manifesto di Ventotene, una sorta di bibbia dell’unità d’Europa. La gestazione del documento durò sei mesi. La prima idea, originata appunto dalla lettura di Junius, risale al «tetro inverno» del 1940-41…
All’epoca, il fervore avveniristico dei compilatori del Manifesto fece pochi proseliti. Al confino, furono scarse le adesioni fra i socialisti e i militanti di Giustizia e Libertà. Sandro Pertini, dopo aver sottoscritto il documento, ritirò la firma per obbedienza di partito. Si rifiutò di aderire Alberto Jacometti, un altro socialista. Freddi si mostrarono i futuri «azionisti». L’unico a firmare fu Dino Roberto. Gli altri, da Riccardo Bauer a Francesco Fancello, da Vincenzo Calace a Nello Traquandi, accusarono l’amico Rossi di «leggerezza».”
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JEAN PAUL SARTRE
Le Monde, 10 febbraio 1977: “I militanti socialisti e la costruzione dell’Europa”
…la somma dei pericoli, mi pare così minacciosa per il futuro della libertà che desidero rivolgermi a voi nella speranza che il vostro partito rifletta ancora prima di impegnarsi sul ‘cammino europeo’ su cui oggi viene spinto.
L’Europa che ci presentano i signori Carter, Schmidt, Giscard e Andreotti non ha alcun rapporto con l’internazionalismo proletario, è estranea all’Europa dei lavoratori che per un secolo è stata l’ideale del movimento operaio occidentale.
Lo spirito dei suoi promotori, al contrario, la agita all’interno della dinamica attuale delle forze di classe per costruire un’Europa del Capitale, che sarà inevitabilmente dominata dalle multinazionali tedesco-americane…
Un appello è stato recentemente lanciato ‘per la formazione di un comitato d’azione contro l’Europa tedesco-americana e l’elezione di un Parlamento al suo servizio’.
Cosa dice questo appello? Dice che l’inflazione, la disoccupazione, la svalutazione monetaria, la recessione non saranno risolte con piani di austerità varati dai governi capitalisti dell’Europa meridionale, perché derivano necessariamente dal nuovo ordine internazionale imposto all’Europa dagli Stati Uniti e i loro alleati della Repubblica Federale Tedesca.
Questa austerità ricadrà per forza di cose sulle masse, non sui privilegiati. E la sua applicazione non sarà né facile né felice.
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