Il mercato (a senso) unico, ovvero la journée des QED: 78, 79, 80.
di ALBERTO BAGNAI
Senza ombra di dubbio questo venerdì 28 luglio passerà alla storia come una delle giornate più tristi della nostra storia recente, e, quindi, anche del nostro blog. Veder arrivare la catastrofe, cercare, con tutti i propri (deboli) mezzi di rendere consapevoli i miei concittadini del rischio che il paese correva, mi ha riservato nel tempo amare soddisfazioni intellettuali (i QED dei quali è punteggiato il blog: e oggi sono, come vedremo, almeno tre), ma rischia anche di schiacciarmi sotto l’opprimente consapevolezza della mia, della nostra, impotenza. Il mood, insomma, è questo:
e vista retrospettivamente la storia non poteva che finire così. Quante volte vi ho parlato della sensazione inquietante, tetra, che provavo rientrando (in rare circostanze: convegni, firme da mettere in banca…) nella mia vecchia facoltà? Lì una volta era tutto marxismo, o almeno keynesismo. Il dipartimento di Caffè, sapete, quello con la “c” maiuscola, che io conobbi all’esame di Politica Economica, ma col quale non ho avuto la fortuna di studiare. Ecco: ma sarebbe stata una fortuna? Tutti i suoi allievi, senza nessuna eccezione nota, sono invasati dall’euro, il body snatcher, il baccellone che ha infettato la nostra comunità, e questo nonostante il fatto che, come sappiamo grazie a Quarantotto e ai suoi preparatissimi lettori, Caffè fosse lievemente scettico (diciamo così) rispetto al progetto “europeo”. Vi ho descritto la mia ansia, il mio orrore nel vedermi venire incontro queste persone, le cui sembianze esteriori, al netto dell’urto del tempo, erano immutate, che potevo riconoscere e chiamare per nome, e che mi riconoscevano e rispondevano al mio saluto, e nel constatare che dentro di loro allignava un’altra forma di vita: letteralmente non erano più loro, la loro personalità, le loro facoltà intellettuali, erano totalmente annichilite dal virus mortale del cosiddetto “europeismo”.
Io mi sono salvato forse perché allievo di un docente molto meno noto, molto meno “vocal” nel dibattito politico, ma molto più votato all’analisi dei dati. Mi venne riferito, a suo tempo, un simpatico contenzioso fra lui e il Maestro Caffè sull’opportunità di far arrivare un cavo coassiale (o simile dispositivo) dal centro di calcolo del primo piano all’empireo degli economisti al sesto piano. A quei tempi l’econometria, o chi la insegnava lì, veniva percepita come “de destra”. Forse in base a questo motivo, mi si dice che il Maestro non voleva che i dati arrivassero al sesto piano. Questo non toglie nulla alla bontà delle sue argomentazioni, ma dovrebbe farvi capire la mia insofferenza verso i “santini” laici di ogni schieramento (dalla A di Altiero in giù): ogni persona porta in sé un pezzo di verità, e un pezzo di menzogna, e nessuno di noi vede alcuna altra persona nella sua interezza.
Questo, metodologicamente, conviene ricordarselo sempre…
Scusate se parto da qui, e da questi ricordi (magari un po’ scomodi per qualcuno di voi). Mi servono per anticiparvi la conclusione di questo post: quanto è successo fra ieri e oggi non cambierà assolutamente niente. Nemmeno la SStoria può esorcizzare gli ultracorpi europeisti prendendo a schiaffoni, come ha fatto ieri, le povere salme che li ospitano. Chi è diventato un pezzo del problema non potrà diventare un pezzo della soluzione: l’europeismo è una malattia irreversibile. Non se ne guarisce, e non c’è vaccino (e se ci fosse non lo renderebbero certo obbligatorio). Per rendersene conto, basta sintetizzare quanto sta succedendo: le stesse persone che hanno teorizzato l’oppportunità di legare le nostre mani con l’euro (secondo la nota metafora di Giavazzi e Pagano), ora che ce le abbiamo legate ben strette dietro la schiena si stupiscono perché chiunque passa ci prende a schiaffi e sputi in faccia (guardate ad esempio il ministro Calenda che parla di dignità e orgoglio nazionale). Ma dico: avete voluto voi metterci in condizioni di subalternità, invocando cessioni di sovranità come unica soluzione politica alla crisi (there is no alternative), e ora che questa sovranità, totalmente ceduta in campo economico, non riusciamo ad applicarla, per difendere i nostri interessi, ve ne stupite?
Ecco: la situazione è chiara, ed è quella prefigurata qui da tempo. Le élite periferiche, come chiarisce tanto bene Featherstone e come ho dettagliato nei miei due libri, volevano l’euro per risolvere il conflitto distributivo a proprio vantaggio, cioè per schiacciare i salari (sappiamo che integrazione monetaria e disintegrazione dei sindacati sono andata avanti pari passu, sappiamo la logica economica che unisce questi due eventi, e sappiamo la logica politica di breve periodo che ha portato la sinistra a benedire questi sviluppi). Nella prima fase dell’euro ha quindi nettamente prevalso la dimensione economica, il tema della distribuzione funzionale del reddito: era capitale contro lavoro, e una cosa che aiuta il capitale a muoversi più agevolmente sul campo di battaglia ovviamente danneggia il lavoro. Ma ora siamo nella fase due, nella quale in tutta evidenza prende il sopravvento il tema del controllo internazionale delle risorse: diventa (anche) Francia contro Italia. Le nostre élite (gente come Calenda, per capirci) si vedono sottrarre le loro fonti di profitto e stanno per accorgersi che l’euro serve anche a schiacciare i loro redditi. Quando decidi di comportarti da élite, per la quale il popolo è un ostacolo, anziché da governante, per il quale il popolo è una risorsa, devi essere consapevole che da qualche parte, nel mondo, c’è sempre qualcuno che è più élite di te.
Smarrite, terrorizzate, wandering confused:
le nostre élite, che, ci tengo a precisare, noi non ci meritiamo e che largamente non abbiamo scelto (come è sufficientemente evidente a tutti), si rivolgono a quel popolo che, ormai, non può più aiutarle, perché sfibrato, reso esangue, dalle politiche omicide che le sullodate élite hanno condotto contro di lui (e quando parlo di popolo non parlo solo di tute blu: parlo anche di imprenditori, di professionisti, di artigiani, di dipendenti pubblici, ecc.).
Ridiventa così di moda l’interesse nazionale, non più demonizzato come “nazionalismo che causa le guerre” (certo, anche le cellule causano i tumori, ma questo non è un buon motivo per distruggerle suicidandosi…), ma valutato positivamente, ora che i nostri fratelli europei lo hanno sdoganato prendendoci a calci nel sedere…
Capitano quindi cose un po’ paradossali, come quella su cui ironizzava l’ottimo @stat_wald:
Eh, già…
Perché i giornali di oggi riprendono tutti la chiave di lettura fornita dalla mia intervista di ieri al GR. Quanto ai giornali, vi consiglio, anziché andare in edicola a finanziare la loro poraccitudine, la rassegna stampa dell’ottimo Giuse, e quanto all’intervista, che gli amici della stampa evidentemente hanno sentito, vi fornisco il podcast (al minuto 2:50), e anche, a futura memoria, la trascrizione fatta da uno di voi, che ringrazio:
[…inizio trascrizione…]
GR3 – …dietro la battaglia per il controllo dei cantieri navali francesi si nascondono gli enormi interessi economici legati anche alle commesse militari. Decine di miliardi di euro come il maxi contratto che si è aggiudicato Fincantieri lo scorso anno per la creazione dal nulla dell’intera marina per il Qatar. Ne parliamo con l’economista Alberto Bagnai.
Bagnai – Abbiamo visto la Francia e la Germania venire in Italia ad acquisire aziende, ma quando imprese italiane si rivolgono all’estero incontrano delle opposizioni. Questo ci fa capire che l’interesse nazionale esiste, significa avere il controllo di attività strategiche, significa proteggere i livelli occupazionali e la seconda cosa è che l’interesse nazionale si difende al livello nazionale. Noi stiamo parlando di governo italiano e governo francese, l’Europa dov’è in tutto questo?
GR3 – Perchè agli occhi della Francia i coreani sarebbero meglio degli italiani?
Bagnai -Probabilmente perchè sono più distanti e in questo momento la Francia sta facendo una politica neocoloniale, il caso della Libia ne è un esempio, a fronte di questo l’Italia è un avversario diretto, per cui io credo che anche a parità di validità economica dell’offerta ci sia un interesse politico del governo francese a, per così dire, mettere sotto l’Italia in queste circostanze.
GR3 – L’Italia è solo debole o ha anche sbagliato qualcosa?
Bagnai – Credo che una parte dell’errore sia stato quello di non voler riconoscere l’interesse nazionale come categoria degna di essere tutelata. Questo fa parte di una adesione al progetto europeo che gli italiani hanno dato, rispettandone anche le regole più degli altri: però dobbiamo renderci conto che alcuni dei nostri partners sono sleali.
[…fine trascrizione…]
Ormai la storia ha accelerato talmente tanto che i QED, e i risposizionamenti del mainstream, sono fulminei, a meno di 24 ore. Nell’elencarvi i tre QED di lungo corso, cui accenno nel titolo, vorrei riportarvi due frasi che si sono perse negli inevitabili tagli editoriali. Nota: non sto dicendo “tagli censura noi siamo laggente i poteri forti ci temono1!11!1111!”. Tutt’altro. Le due frasi che mi piace consegnarvi, perché sono sufficientemente icastiche e organicamente legate ai QED, avevano una connotazione polemica che, in quel contesto, avrebbe reso meno efficace il mio messaggio, allungandolo e privandomi della veste di “tecnico imparziale”: una figura che noi sappiamo essere chimerica, ma che, forse proprio per questo, è elemento strutturale del racconto fattoci dai media. Con l’occasione quindi ringrazio come sempre Anna Trebbi, che con Americo Mancini è una dei due giornalisti del Gr1 che mi contattano, e che fanno un ottimo lavoro.
(…nota: vi giro anche i complimenti che mi fanno perché io “parlo a blocchi”, rendendo facile il loro lavoro. Il fatto è che siccome sono un musicista musicale, le mie frasi hanno direzione – il fraseggio è un mio strumento di lavoro – e quindi diventa facile “editarle” senza che i necessari tagli redazionali siano apparenti. Farete caso che certe altre interviste, anche di persone “mainstream”, sembrano il vestito di Arlecchino. Sono ovviamente tagliate anche loro – per cui non c’entra assolutamente nulla l’ideologia – e spesso si sente – per colpa di chi parla senza capo né coda, non solo dal punto di vista logico ma anche dal punto di vista prosodico…)
La prima fase era nella prima risposta, ed è questa: “abbiamo capito che il mercato unico è in realtà un mercato a senso unico. Noi abbiamo ceduto a capitalisti esteri molte nostre aziende, ma appena ci affacciamo sui mercati esteri incontriamo forti opposizioni“. Eh già, è proprio così, e questa non è una novità, ma anzi il primo dei tre QED, il QED78, che ci rinvia a un post vecchio di quattro anni, e che meriterebbe di essere aggiornato, se il farlo non fosse troppo doloroso: Smoke sales. Il titolo alludeva a quegli economisti venditori di fumo che in un estremo tentativo di difendere l’euro “da sinistra” (per evitare di ammettere di aver difeso un sistema contrario agli interessi dei lavoratori) argomentavano che “in caso di uscita” la svalutazione avrebbe reso il prezzo delle nostre aziende più allettante per i capitalisti esteri, che ne avrebbero fatto incetta.
Vale qui il:
Teorema fondamentale dell’uscita dall’euro: tutto quello che un economista dilettante o ideologicamente condizionato dice che accadrebbe in caso di uscita dall’euro, è già accaduto, sta accadendo, o accadrà difendendo l’euro.
Lo dimostra quanto è accaduto fra ieri e oggi, ovvero, prima l’affronto su STX, e poi, a ruota, l’autorevole risposta del governo italiano:
sarcasticamente annunciata da un ottimo Guido Crosetto. Il QED78 altro non è che un corollario di questo teorema: mentre la spoliazione delle nostre aziende continua (ultima Telecom Italia, una realtà non trascurabile!), noi troviamo continui ostacoli all’estero, e anche questa non è una novità. Simone Previti ci ricordò, quattro anni fa, la vicenda di Enel e Suez (la relativa pagina di Wikipedia andrà evidentemente aggiornata).
Il primo QED quindi va a dimostrare un dato di fatto economico che da sempre abbiamo portato all’attenzione: ciò che rende aggredibili le aziende non è il loro “prezzo” tout court, eventualmente scontato dalla mitica svalutazzzzzzione (altrimenti quando l’euro si è svalutato del 30% rispetto al dollaro fra il 2014 e il 2015 tutte le aziende italiane sarebbero dovute passare in mano americana!), ma i rapporti di forza fra paesi, un pezzo dei quali è dato dalla prosperità economica. Se tralasciamo il caso di queste vicende fra colossi economici, e ci soffermiamo sull’immensa ricchezza costituita dai marchi del Made in Italy nella fascia delle piccole e medie imprese di ogni settore, vediamo che quanto spinge i proprietari a vendere obtorto collo è il fatto che a causa dell’euro i loro fatturati e i loro margini si sono compressi, per cui l’arrivo del fondo del Qatar o cinese che ti propone di rilevare l’azienda viene visto come la fine di un’agonia. Inutile dire che così occupazione e know how vanno dispersi e distrutti. Ma il punto è semplice: se una moneta sopravvalutata soffoca la crescita dei redditi, come affermano e dimostrano economisti certo meno autorevoli (!) di certi nostri Soloni nostrani, chi questi redditi li percepisce come profitti alla fine è tentato di vendere tutto e andarsene.
La seconda frase era nella terza risposta, che continuava così: “…dobbiamo renderci conto che alcuni dei nostri partners sono sleali, e concepiscono l’Europa non come una Unione, ma come un’autostrada per i loro interessi“. Anche questo è sostanzialmente un QED, il QED79, di un altro post, quello sulle Sinistre Subalterne (le SS che stanno facendo strage dei nostri resistenti: imprenditori e lavoratori). Vi parlavo, guarda caso, del calendismo, la strana ideologia della sinistra di governo che vuole cambiare le regole rispettandole, ignorando il più ovvio principio negoziale, consegnato all’eternità dalla saggezza popolare: chi si fa pecora il lupo se lo mangia. Inutile che Calenda piagnucoli oggi di orgoglio e dignità nazionale. Non è credibile perché lui per primo ha calpestato questo orgoglio e irrimediabilmente vulnerato la nostra dignità affermando che il nostro paese dovesse rispettare regole irrazionali per meritare l’altrui fiducia. In questo modo, senza rendersene conto, ha dato dei cialtroni a 60 milioni di suoi concittadini, trattandoli come tarati che sono costretti perennemente a dimostrare, a costo di immani e soprattutto irrazionali sacrifici (i salvataggi che non ci salvano), di avere pari dignità. Ma se i nostri stessi governanti ci dicono che dobbiamo punire noi stessi per dimostrare di averla, questa pari dignità, ciò indica chiaramente che i primi a non crederci, in questa pari dignità, sono loro (o comunque indica che stanno continuando il loro giochetto di usare un ricatto morale insensato per portare avanti politiche classiste).
Ora, qualcuno dei nostri gazzettieri sta parlando di questo? Qualcuno vi ha detto che Politico.eu, organo dell’ortodossia eurista, parla apertamente di Germania disonesta, cosa che qui facciano, argomentando molto meglio, da anni?
Perché quello che i nostri Calenda non sanno, o non vogliono sapere, è che la violazione da parte della Germania della regole del 3%, ben prima dell’Italia, è stata una colossale violazione delle regole sulla concorrenza, un colossale sussidio dato all’industria tedesca sotto forma di spesa pubblica sociale, che ha consentito a questa industria di abbattere il costo del lavoro fottendo tutti i partner europei (Francia inclusa). Queste sono le famose “riforme” la cui omissione da parte nostra costituirebbe, nella mitopoiesi piddina, il fondamento della nostra inferiorità morale.
I nostri governanti, cioè, ci dicono che siamo creature inferiori (salvo poi contare sulla nostra solidarietà quando rientrano in patria tramortiti dagli schiaffoni) perché il nostro paese non ha aggredito slealmente i propri partner facendo dumping sociale: quel dumping il cui ruolo nella genesi della crisi è ormai ammesso perfino dai consiglieri della Merkel (da due anni)!
Ecco. Io non credo che sia solo per cattiveria. Credo, e anzi so, e con qualche prova in più di Pasolini, che ci sia molta ignoranza nella subalternità psicologica dei nostri governanti. So che è (in parte anche) perché non capiscono nulla di economia, non hanno accesso ad analisi spassionate e tecnicamente valide (conoscete la corte dei miracoli che li circonda), che loro ritengono di dover partire dal presupposto negozialmente perdente della nostra (e quindi loro) inferiorità.
Ovviamente, questo ci riduce nella condizione in cui siamo: quella in cui sono persone di estrema destra a dire cose di estremo buonsenso:
(…p.s.: la BNL non c’è più, è BNP da tempo, ma non escludo che l’errore sia intenzionale, volto a ricordare due concetti che il precedente nome dell’istituto affiancava e che le sinistre subalterne hanno umiliato di pari passo: nazione e lavoro. Tralascio anche di valutare le technicalities di una “uscita immediata”: il punto qui non è tecnico ma politico, e sul punto politico ha ragione Di Stefano – e presto il PD dovrà rincorrerlo su questo tema, anzi: lo sta già facendo. C’era ampio margine per evitare che la verità diventasse monopolio di una parte politica, e io ho fatto il possibile…).
Questo è il fallimento dell’altra sinistra, la sinistra “maiconista”, quella che ha demonizzato l’interesse nazionale senza capire che, per un mero fatto aritmetico, fare l’interesse di un paese (se ci si riesce) è per definizione fare l’interesse della maggioranza dei suoi abitanti, che, mai come oggi, dopo quarant’anni di globalizzazione finanziaria, sono i più poveri e i meno tutelati.
Sinistra “calendista” e sinistra “maiconista” non si solleveranno dal peso storico di questa colpa. Sapete tutto: non torno su questo discorso. La loro unica possibilità per ritardare il loro sfacelo, inevitabile e ormai, ahimè, auspicabile, è ricorrere alla censura, come sapete. Non a caso oggi sono “sciadobannato” su Twitter: ho toccato la terza carica dello Stato, e la reazione non si è fatta attendere (ci ho riso sopra, considerando che mentre me ne accorgevo il cellulare squillava per l’intervista al Gr1). Fatele, cari, fatele le leggi liberticide: qualcuno sarà lieto di applicarle quando ve ne sarete andati! Fosse la prima volta che questi Paperoga della politica scavano il trabocchetto nel quale poi finiscono! Ma anche questo l’ho già detto, inutile tornarci sopra.
E veniamo al terzo QED, il QED80, anch’esso legato a una frase incidentalmente tagliata dall’intervista. Sempre nel terzo blocco, parlando della nostra adesione al progetto europeo, chiedevo: “dov’è l’Europa in tutto questo?“. Insomma, ponevo la domanda (superflua) la cui risposta è stata plasticamente rappresentata da @stat_wald alludendo alla terza sconfitta italiana nel giro di due giorni:
L’Europa non ha fatto nulla, cioè nulla, per evitare che il mercato fosse a senso unico. Non l’ha mai fatto, del resto. Sappiamo che non solo la Francia, ma anche la Germania, e non da ieri, ha adottato un atteggiamento protezionista. Loro possono e noi no. Perché? Perché abbiamo aderito all’idea sbagliata che l’Europa fosse il forum cui affidare la mediazione dei nostri interessi nazionali. La Caporetto di questi ultimi due giorni è quindi l’ultimo QED, il QED80, quello del post Interesse nazionale e mediazione politica: dicevo, in quel post, che gli interessi nazionali si difendono a livello nazionale, e questo per motivi contingenti e strutturali. Non è solo una raccomandazione: è anche, come credo vediate, un dato di fatto. I due leader europei, uno dai piedi di argilla e con l’atomica (e non è buona cosa che un simile giocattolo ce l’abbia in mano un paese traballante), l’altro strutturalmente più forte, ma fragilizzato dal proprio desiderio assurdo di egemonia (quello sì responsabile di guerre…), non hanno mai rinunciato a ragionare in termini di loro interessi nazionali.
Noi sì.
Anche questo ci ha portato alla sconfitta. Abbiamo messo il fiore dell’europeismo (la cannabis di Spinelli) nei nostri cannoni, e simpaticamente strafatti di questa droga pesante siamo andati incontro a un nemico lucido, che, senza tema di apparire retrogrado, le proprie armi le aveva caricate a piombo.
Il risultato è ora sotto gli occhi di tutti.
Cambierà qualcosa?
Ripeto: non credo. I danni fatti da questa ideologia disfunzionale, da decenni (anzi: secoli) di disprezzo dei nostri governanti verso di noi (fomentati da una stampa spesso asservita a interessi esteri), non si riparano facilmente. Dovrà andare molto peggio, prima che possa andare meglio, e se leggete bene questo post capite chiaramente cosa intendo. Il capitale italiano è lui stesso ormai convinto che la sospensione della democrazia sia auspicabile. Voi state (tutti) banalizzando la storia della censura come sette anni fa banalizzavate quella dell’euro. Vi dovrete ricredere, e in questo humus non potrà esserci che un vincitore.
Non sarà l’Italia.
Dixi.
Si apra la discussione, una discussione più che mai sul nulla: le cose stanno così e andranno così. L’unica cosa che ha senso discutere è cosa fare dopo. Ma io ora vado in spiaggia a scrivere un paper per una rivista di classe A. Sto cercando lavoro…
(…ah, naturalmente voi che siete europei, non europeisti, avrete capito che il titolo allude a queste due giornate. Presto qui arriveranno europeisti, quindi dobbiamo essere pronti a venirgli incontro fornendo loro ciò che loro sommamente manca: #lebbasi della cultura europea. Se le avessero, amerebbero questo lembo di terra e si rifiuterebbero di consegnarlo a un progetto classista oltre i limiti del criminale…)
fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2017/07/il-mercato-senso-unico-ovvero-la.html
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