Il grande congresso dell’Impero di Mezzo
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Andrea Muratore)
Il Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese rappresenta un appuntamento decisivo della politica mondiale. Vediamo come l’Impero di Mezzo si prepara all’importantissimo evento e come il Congresso sia destinato ad avere un protagonista assolutamente dominante: il Segretario-Presidente Xi Jinping.
Sebbene siano cambiate le strutture dominanti, la forma istituzionale dello Stato e le liturgiedell’apparato di potere, l’anima profonda della Cina rimane sempre quella di una nazione a vocazione imperiale e dai forti connotati organizzativi centralistici. L’imminente Diciannovesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, che si aprirà a Pechino il 18 ottobre e stabilirà la direttrice su cui la Repubblica Popolare si incamminerà nei prossimi cinque, decisivi, anni della sua storia, ne è una chiara conferma. Nello scenario della Grande Sala del Popolo, infatti, andrà in scena un preciso rituale che definirà la spartizione futura delle più importanti cariche del Paese, il rinnovamento di organi chiave come il Comitato Permanente del Politburo e la Commissione Militare Centrale e la definizione delle linee di tendenza della grande strategia della Repubblica Popolare per gli anni a venire, durante i quali la nascente via cinese alla globalizzazione verrà sottoposta a test fondamentali e si misurerà la posizione della Cina come grande potenza planetaria.
Il Congresso del Partito Comunista, evento che per la geopolitica planetaria ha assunto un’importanza paragonabile alla lunga corsa verso l’elezione presidenziale statunitense, rappresenta innanzitutto una rilevante cartina tornasole per misurare l’evoluzione della cultura istituzionale e del sistema politico cinese. Come sottolineato infatti da Alexander Virgili in una notevole analisi pubblicata su Opinio Juris, infatti, è proprio in occasione delle riunioni plenarie che vedono convenire nella capitale i delegati provenienti da tutto il Paese che il Partito Comunista Cinese conforma il suo rapporto con il sistema di potere da esso egemonizzato, evolutosi in modo notevole dopo che negli Anni Novanta i suoi vertici si fossero ritrovati a constatare quanto la struttura partitica, i metodi, l’organizzazione politica e l’ideologia [fossero] inadeguati al compito di gestire le numerose sfide della Repubblica Popolare Cinese. Nel corso del Sedicesimo Congresso Nazionale (2002), in particolare, furono definite le linee guida che hanno portato il Partito Comunista Cinese a passare dallo status di partito di potere a quello di partito di governo in grado di incarnare
un ideale politico in cui il Partito ha il ruolo di leadership nello Stato e nella società per consentire l’efficiente funzionamento di numerose istituzioni economiche, politiche, giuridiche e sociali.
Tale riorganizzazione ha sicuramente contribuito al precipuo decollo conosciuto dalla Cina nel corso dell’ultimo quindicennio sotto il profilo della rilevanza per la determinazione degli equilibri planetari, che sta conoscendo la più sensibile manifestazione nell’epocale progetto della Belt and Road Initiative.
Il discorso di Xi Jinping al World Economic Forum di Davos del 17 gennaio scorso, che ha rappresentato il manifesto programmatico della “via cinese alla globalizzazione”
La grande strategia geopolitica della Nuova Via della Seta, infatti, plasma direttamente e indirettamente ogni teorizzazione sui futuri destini della Repubblica Popolare Cinese. Lo studioso indiano Parag Khanna, nel suo fondamentale saggio Connectography, ha individuato nel resiliente progetto multilaterale a trazione cinese il punto focale di una decisiva strategia di riequilibrio dell’ordine politico ed economico planetario, sottolineando come la volontà di Pechino di ottenere i vantaggi commerciali dovuti alla connettività si inserisca in una nuova, decisiva concezione della geopolitica basata sullo sviluppo e il controllo delle supply chain globali.
Per la Cina, la connettività è – e sarà – il destino: il Belt and Road Forum di maggio ha dimostrato l’interesse internazionale per uno dei più ambiziosi progetti della storia umana, destinato a svilupparsi sulla scia degli investimenti veicolati da strutture apposite come l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) e ad essere guidato dal leader che, per primo, ne ha ritenuto possibile lo sviluppo, il Segretario del Partito Comunista e Presidente cinese Xi Jinping.
Capo dello Stato, leader del Partito, chiarman della Commissione Militare Centrale e riconosciuto del titolo onorifico di lingdao hexin (“nucleo della leadership), Xi Jinping è destinato ad essere l’assoluto protagonistadella sessione congressuale che deciderà il futuro di una Cina che, in larga misura, si prepara ad incamminarsi nella direzione tracciata nel corso degli ultimi anni dal suo governo. Depositario di una posizione di assoluta forza sui potenziali rivali in seno al Partito, il più pericoloso dei quali, Sun Zhengcai, è caduto vittima della dura campagna anti-corruzione interna, Xi risulterà l’ago della bilancia per la decisione dei futuri assetti della leadership e delle nomine dei cinque membri del Comitato Permanente del Politburo che andranno ad affiancarsi a lui ed al Primo Ministro Li Keqiang.
La decisione in quest’ultimo campo risulterà cruciale sotto diversi punti di vista: in primo luogo, infatti, Xi potrebbe essere addirittura convinto a rompere con le consuetudini non scritte del sistema di potere di Pechino e a consentire al suo fedelissimo Wang Qishan, artefice della dura lotta alla corruzione nel Partito, di mantenere il proprio posto nonostante il superamento dell’età-soglia di 68 anni, in modo tale da affermare in maniera netta e decisa la propria visione. Oltre a ciò, il Segretario potrebbe mandare precisi segnali circa la sua volontà di rimanere in sella anche oltre il futuro Congresso, previsto per il 2022, nel caso in cui decidesse di nominare un potenziale successore relativamente giovane destinato a una lunga gavetta decennale all’ombra del principale fautore della proiezione planetaria di Pechino: in questo senso il 64enne Xi sembrava inizialmente aver orientato le sue preferenze sul Segretario del Guangdong Hu Chunhua (classe 1963), sebbene voci più recenti paiono individuare il favorito per la carica di erede in pectore l’ambizioso neo-Segretario di Chongqing Chen Min’er, che potrebbe conoscere un’ascesa paragonabile a quella, repentina, dello stesso Xi al Comitato Permanente nel 2007.
Nelle stanze del potere dell’Impero di Mezzo si preparano grandi e importanti manovre. La ridefinizione delle strutture della leadership dovrà rispondere alla necessità di mantenere la forma dinamica del Partito Comunista Cinese in modo tale da rendere gli apparati statali cinesi resilienti e in grado di affrontare le sfide di domani: lo sviluppo del mercato interno, l’incremento della qualità e del valore aggiunto dell’export, la strutturazione di un sistema di difesa tale da poter sopperire alle problematiche poste dalla crescente esposizione geo-strategica e, soprattutto, la conduzione dell’ambiziosissimo programma della Nuova Via della Seta. Il punto focale dell’apparato di potere continuerà ad essere, almeno per il prossimo quinquennio, il lungimirante e potentissimo Xi, desideroso di continuare a traghettare la Cina in una fase in cui essa va conformando una nuova versione della globalizzazione e si erge per tornare nuovamente protagonista della Storia.
Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/partito-comunista-cinese/
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