L’Ungheria e l’euro: un film già visto
di ALBERTO BAGNAI
Nelle ultime settimane, il dibattito sull’euro si è acceso anche in quei paesi, come l’Ungheria, che non fanno parte dell’eurozona ma che nel trattato di adesione si sono formalmente impegnati ad adottare la moneta unica. A settembre, un partito di recente formazione ha ottenuto l’adesione di un centinaio di economisti ungheresi di diverse tendenze politiche ma accomunati da una visione sostanzialmente prona ai cosiddetti interessi “europei” con l’idea di un referendum sull’introduzione dell’euro. Lo slogan dell’iniziativa è chiarissimo: “Chi è contro l’euro è contro l’Europa”. L’euro è visto da ampi settori dell’opposizione politica e intellettuale liberal-socialista (ascrivibile all’area “progressista”) al governo Orbán come garanzia dell’aggancio del paese al futuro nucleo forte dell’Europa che si starebbe formando in seguito alle proposte del presidente francese Macron.
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(…il resto lo trovate qui. Il film già visto credo intuiate quale sia: quello in cui tanti uomini onesti e probi vengono attirati in trappola proponendo loro una facile soluzione (finale) “esterna” a un problema politico “interno”, quello che sorge quanto altrettanti uomini onesti e probi, solo, un po’ di più, hanno votato uno che ti sta sui maroni. Da noi, come forse ricorderete, l’Europa veniva usata come clava contro Abberluscone: l’argomento era più o meno del tipo “ma non vedi cosa pensano da noi in Europa per colpa di Berlusconi!”. Tralascio di ricordare cosa ci fosse in Europa allora, e cosa ci sia ora: il punto infatti non è e non può essere quello di mettersi sullo stesso piano di chi scioccamente moralizza, per fargli notare come alle nostre pagliuzze corrispondano in genere gli altrui pagliai. Fare questa operazione è doveroso e c’è chi l’ha fatta benissimo e ha fatto bene a farla, ma qui il punto è un altro: è profondamente antidemocratico, anche perché è una spaventosa ammissione di debolezza dell’ordinamento e di sfiducia verso il corpo e il processo elettorale, aspettare che un problema politico vero o presunto – le scopate di Berlusconi, il fascismo di Orban – venga risolto dal Settimo cavalleggeri di un potere esterno, dalle dubbie fondamenta e dalla nulla trasparenza: Leuropa. Mi sembra assurdo che questo atteggiamento sia fatto proprio da persone di ispirazione liberale, o socialista, ma la parola chiave, come qui sappiamo, è “intellettuale”. Un intellettuale, qui e ora, è una persona che, in virtù di quattro imparaticci politicamente corretti, si sente in diritto e quindi in dovere di disprezzare il popolo, la maggioranza. Insomma: da Pasolini, i nostri intellettuali sono regrediti a Pavolini. Anime grandi di princisbecco, incapaci di confrontarsi con la realtà, e quindi frustrate, meschine, incapaci di aspirazioni ideali, pericolose a se stesse e al prossimo loro qui come in Ungheria come ovunque. Il disprezzo per l’uomo conduce al genocidio: l’unica cosa incerta è la durata del percorso. Solo sulla carità, cioè sull’amore per l’umanità, è possibile articolare progetti non autodistruttivi. E ancora, questa condizione è necessaria, ma non è detto sia sufficiente…)
(…io comunque il mio lo faccio: fra due settimane sono a Rzeszow – come goście specjalni, e poi l’otto dicembre sono a Praga a parlare in uno scantinato. La collocazione che si conviene a un populista che vivacchia ai margini della comunità scientifica. A tutti gli altri ho cortesemente detto di no. Il lavoro da fare è tanto, e per ora sono più efficace a casa mia che sbattuto in giro per il mondo…)
fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2017/11/lungheria-e-leuro-un-film-gia-visto.html
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