L’incredibile disfatta dei sindacati sul tavolo delle pensioni
di ALESSANDRO CASELLA (FSI Torino)
La partita relativa al cosiddetto “tavolo sulle pensioni” rappresenta senz’altro, per il fronte sindacale, una disfatta totale per la quale è anche difficile trovare un precedente di questa portata. La partita relativa al cosiddetto “tavolo sulle pensioni” rappresenta senz’altro, per il fronte sindacale, una disfatta totale per la quale è anche difficile trovare un precedente di questa portata. Il livello di demenziale briciolesimo in cui è scivolato il contendere di questi giorni, in questo tavolo surreale, rappresenta un caso emblematico di come 25 anni di concertazione abbiano prodotto la progressiva distruzione dei diritti dei lavoratori e, contemporaneamente, l’apatia degli stessi che ormai non si riconoscono più in questo processo.
Basti pensare che oggi la fiducia nei sindacati è scesa a livelli infimi, appena poco al di sopra rispetto alla fiducia nei partiti politici.Così oggi, che siamo nella fase finale di questo lungo processo, il Governo può tranquillamente permettersi di agire sempre più unilateralmente, calpestando platealmente anche la concertazione, essendo ben consapevole della estrema debolezza di un fronte sindacale ormai in ostaggio del circolo vizioso tra sigle che mortificano costantemente la mobilitazione e lavoratori che non partecipano più a iniziative sindacali di cui non nutrono alcuna fiducia.Stiamo comunque assistendo a un disastro annunciato.
Che il tavolo delle pensioni nato, ricordiamolo bene, sull’esigenza di superare l’odiosa riforma Fornero e i disastri sociali che essa ha volutamente creato, avrebbe prodotto dei risultati così ridicoli e insignificanti, era già ben chiaro fin dal primo giorno dall’esame di un documento CISL dell’estate 2016, dove si legge testualmente “si è cercato di trovare un equilibrio accettabile (quindi meno che dignitoso) tra sostenibilità finanziaria e sostenibilità sociale” e che “gli impegni assunti in sede europea dall’Italia ed i vincoli di bilancio rappresentano una condizione data”. Cioè il sindacato della Troika considera, come fossero le sacre tavole di Mosè, tutti i demenziali vincoli europei, privi di qualsivoglia fondamento scientifico e manifestamente incompatibili con i principi fondamentali su cui si fonda la nostra Costituzione.
Dunque era oltremodo evidente, fin dal 2016, che sarebbe stata una Caporetto, come lo sarebbe stato affrontare una partita di calcio contro il Real Madrid accettando, come condizione data, quella di scendere in campo con 11 giocatori infortunati che si muovono con le stampelle! E infatti, considerando che la legge Fornero è stata (su sua stessa ammissione) una esplicita imposizione della BCE e che lo spostamento dell’età pensionabile sempre più verso quella del decesso è una delle deliranti richieste previste nel trattato europeo denominato “Europact”, non dobbiamo stupirci che il tavolo delle pensioni abbia prodotto la montagna di letame dell’APE, oltre a qualche spruzzatina di profumo mediatico per tentare di nasconderne l’odore nauseabondo.
L’APE, che va chiamata col suo vero nome, cioè TRUFFA, merita di essere analizzata per comprendere, a posteriori, quale fu il vero obiettivo della Fornero (da sempre vicina alle lobbies delle assicurazioni e relativi fondi privati). Come essa ebbe a dire platealmente al World Pension Summit del novembre 2012 (la massima assise mondiale dei fondi pensione privati) la “riforma serviva per compiacere i mercati finanziari”.
Dunque non fu per la storiella dell’orlo del baratro (che la BCE ha il potere di far apparire e sparire, a suo piacimento, come e quando vuole) e che in tantissimi bevvero, compresi i sindacati che, successivamente, furono perfino sbeffeggiati dallo stesso Monti, il quale dichiarò gongolante in TV le testuali parole: “non era mai successo da nessuna parte nel mondo che una riforma così incisiva passasse senza nessuna opposizione dei sindacati, che fecero solo 3 ore di sciopero simboliche”.
Che prima della Fornero il sistema pensionistico italiano fosse perfettamente sostenibile, soprattutto nel lungo periodo, a causa delle riforme precedenti (anzi perfino troppo sostenibile visto che il sistema contributivo attuale garantisce, per chi arriverà a prenderla, una miserabile pensione da fame incompatibile con i diritti sanciti dalla Costituzione) e che tutta la martellante propaganda mediatica in proposito si fonda su menzogne e fakenews, ce lo dice perfino un rapporto della Commissione Europea dell’epoca in cui si parla, a pag. 50, di “debito implicito”, cioè debito dello Stato di lungo periodo comprensivo degli impegni assunti in materia previdenziale.
Come si vede nella figura, i debiti impliciti degli Stati dell’Unione Europea secondo lo stesso modo becero di pensare della Commissione, sono considerati tutti “non sostenibili”, eccetto (incredibile ma vero!) proprio quello dell’Italia (simbolino IT cerchiato in blu a sinistra della linea rossa di non sostenibilità) e della Lituania.D’altronde, nonostante TG, giornali, talk show (e Boeri) ripetano all’unisono 24/7 che la spesa per pensioni è insostenibile, in crescita esponenziale e minacciando scenari apocalittici se non verranno attuate le “sacre” prescrizioni di Governo e UE, gli stessi dati del Governo ci raccontano tutt’altro: la spesa è destinata a calare vistosamente pur in presenza di un numero di anziani con un trend in forte crescita.
L’obiettivo della Fornero dunque non era tanto e solo aumentare l’età pensionabile ma
⦁Avviare il processo di taglio retroattivo delle pensioni in essere scardinando l’art.38 della Costituzione
⦁ Favorire il colossale business dei fondi pensione privati, sulla pelle dei lavoratori, che saranno anche scippati del proprio TFR per far fronte ai tagliSe infatti la Fornero avesse, fin dal 2011, tagliato i trattamenti dei pensionandi del 30%, la cosa sarebbe stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta.
Invece ha agito in 2 fasi: prima ha aumentato l’età a livelli assurdi e poi ha consentito di tornare circa all’età di prima con un taglio del 30%, tramite il meccanismo perverso dell’APE.Quindi i classici 2 piccioni con una fava: si tagliano retroattivamente le pensioni bypassando la Consulta perché ora fanno apparire il meccanismo come una “opportunità” e si fa un colossale regalo a banche e assicurazioni che incasseranno dall’APE una rendita parassitaria miliardaria (e a rischio zero, visto che il tutto è garantito dallo Stato), dunque abbiamo il cosiddetto “pasto gratis” che, secondo le fandonie neoliberiste, non dovrebbe esistere.
Ciò che è particolarmente scandaloso, anche dal punto di vista sindacale, è che nessuno ha avuto fin’ora la forza e la dignità di dichiarare che, se l’APE è una evidente truffa ai danni del lavoratore (costretto a fare un mutuo + assicurazione per avere ciò che era un suo diritto), l’APE social è una truffa ai danni dello Stato!Il meccanismo indecente (ed è vergognoso che ciò non susciti una rivolta sociale ma addirittura il silenzio sindacale) prevede infatti che, anziché essere lo Stato a pagare direttamente la pensione agli aventi diritto all’anticipo “social”, sia addirittura lo Stato stesso a dover fare il mutuo con le banche pagando inutili interessi e premi assicurativi che fanno esplodere il costo, a tutto vantaggio della rendita parassitaria degli Istituti privati coinvolti!
E chi dice che “tanto l’APE è volontaria e riguarderà pochi casi”, mente sapendo di mentire! Pensateci. Quale azienda terrebbe mai un lavoratore fino a 67 (e in prospettiva 70 anni e oltre) se, col jobs act, può farne quello che vuole in qualunque momento? D’altronde le “fonti padronali” hanno perfettamente chiaro a cosa serve l’APE: “a liberarsi dei lavoratori anziani, costosi e poco produttivi”. Neanche nel Pubblico Impiego i lavoratori saranno sicuri di essere tenuti fino a quelle età, visto che la riforma Madia si presta perfettamente al prossimo utilizzo massivo dello strumento dell’APE per la gestione degli esuberi. Anche le menzogne quotidiane sull’aspettativa di vita che subiamo senza che nessuno abbia la voglia di smascherarle, nemmeno tra coloro che vanno in TV a difendere (in teoria) gli interessi dei lavoratori, meritano un approfondimento.
Primo, i continui tagli alla sanità (che continueranno all’infinito, come previsto dai trattati europei) hanno comportato già oggi la circostanza che ben 13 milioni di italiani sono costretti a rinunciare alle cure per motivi economici (ticket sempre più esosi e liste di attesa interminabili che obbligano a rivolgersi a strutture private, se si hanno i soldi, oppure a non curarsi e pregare). Dunque oggi e sempre più in futuro, se mai, l’aspettativa di vita aumenta/aumenterà solo per chi può permetterselo!
Inoltre non viene mai citato da nessuno un altro dato relativo all’aspettativa di vita, che pure l’ISTAT pubblica, che è la speranza di vita in buona salute, cioè in assenza di malattie gravi e/o invalidanti.
Notiamo che oggi in Italia, la speranza di vita in buona salute (e quindi verosimilmente quella in cui si è in condizioni fisiche decenti per poter lavorare mantenendo gli elevati livelli di produttività richiesti dalle aziende) varia tra i 57 e i 59 anni.
Questo vuol dire che già oggi esiste all’incirca un decennio critico in cui i lavoratori non sono più fisicamente in grado di lavorare ma non hanno neanche i requisiti per andare in pensione. Una bomba sociale ad orologeria che ha e avrà sempre più conseguenze umane e sociali devastanti! Non è dunque una questione di pochi “lavori usuranti”, come riporta banalmente la propaganda, ma una situazione ordinaria per la grandissima parte dei mestieri e delle professioni.
fonte: scenarieconomici.it
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