Da anni il dualismo fondato sull’eterna lotta fra terra e mare anima le più importanti visioni geopolitiche mondiali, da Schmitt a Dugin il giudizio è univoco e perentorio, da una parte le potenze marittime capitaliste e sfruttatrici, dall’altra le potenze terrestri che invece si vogliono, per natura, socialiste e ordinatrici. In Terra e Mare il giurista tedesco traccia persino un parallelo metafisico, tra l’acqua: elemento caotico, liquido, che tende ad una dissoluzione e la terra intesa al contrario come elemento stabile e fisso. A questa intricata rete di rappresentazioni storiche, filosofiche e finanche esoteriche, fa da eco ai giorni nostri il russo Alexander Dugin che sposa l’esegesi di Schmitt e le ripropone in chiave eurasiatica.
In questo caso l’annoso dualismo vede la contrapposizione tra le cosiddette potenze talassocratiche e liberiste anglosassoni ed un ipotetico blocco eurasiatico che va da Lisbona a Vladivostok di cui, manco a dirsi, il centro propulsore è rappresentato da Mosca, per l’occasione rievocata, come ai tempi di Ivan III di Russia, nelle vesti di terza Roma. In tal senso è curioso notare come questa visione geopolitica russocentrica, in virtù di quella strana fascinazione che gli italiani hanno verso tutto ciò che è esotico, sia oggi più considerata e citata rispetto agli studi di geografi come Ernesto Massi e Giorgio Roletto, capostipiti della scuola italiana di geopolitica che, per quanto discutibile nel suo aspetto coloniale, ha avuto il merito di mettere sempre gli interessi nazionali al primo posto.
Infatti se da un lato le teorie di Dugin sono inattaccabili – è un dato di fatto che oggi gli Stati Uniti governano il mondo con una talassocrazia mercantile – dall’altro non è poi così difficile intravedere dietro il velo della retorica antiamericana un’abile strumentalizzazione funzionale al rinverdimento dell’imperialismo russo. Insomma Dugin parte da un assunto indiscutibile ma finisce per riproporci una soluzione non troppo dissimile dal vecchio regime sovietico, non si capisce quindi perché l’Europa occidentale dovrebbe smarcarsi dal giogo nordamericano per consegnarsi a quello asiatico, laddove Mosca è fulcro centrale mentre Roma, Parigi e Londra rappresenterebbero nient’altro che una periferia geografica. Nell’ottica dei propri interessi nazionali sia il tedesco Schmitt che il russo Dugin, hanno tutte le ragioni di parteggiare per la Terra nella lotta contro il Mare, Russia e Germania infatti nel corso della storia hanno sempre dovuto difendere i propri interessi dalle cosiddette potenze marittime; ma quali vantaggi trarrebbe una penisola come l’Italia da una politica terrestre?
In effetti sarebbe il caso di iniziare a pensare da italiani e non da tifosi dell’uno o dell’altro schieramento. A tal proposito giova ricordare che la terza Roma dovrebbe essere per noi la città eterna cui faceva riferimento Mazzini quando affermava che dopo la Roma dei cesari e quella dei papi avrebbe fatto la sua comparsa nello scenario mondiale la Roma degli italiani, gli stessi che proprio cento anni fa combatterono vittoriosamente contro gli imperi centrali tanto rimpianti da Dugin. La città eterna è infatti capitale di quella portaerei naturale: l’Italia, che ispirò D’Annunzio a rievocare il motto attribuito da Plutarco a Gneo Pompeo:
navigare necesse est vivere non est necesse!(“Navigare è indispensabile, vivere no”).
Questa frase, che racchiude in sé la pratica del navigare come via eroica, annienta la supposta supremazia etica dell’uomo di terra e fa del mare il simbolo della prova che l’eroe deve superare per la sua realizzazione. Sempre nell’ambito della simbologia marina è importante ricordare che Giano, il più antico dio della Romanità, era considerato dio del navigare ed aveva fra le sue insegne caratteristiche la nave. In seguito ritroveremo questa nave e le due chiavi nella tradizione cattolica come nave di San Pietro ed in generale nel simbolismo della funzione pontificale.
Dunque anche in un contesto più squisitamente teologico e mitografico, chi prende il mare non è per forza un corsaro o un avido mercante, tanto meno può rappresentare un pericolo per le tradizioni terrestri, al contrario è proprio dal mare che nasce e rinasce la tradizione romana, prima grazie alla navigazione di Enea descritta da Virgilio nell’Eneide ed in seguito con i viaggi marittimi di Pietro e Paolo. Proprio in virtù di questa doppia nascita e della sua posizione geografica Roma è:
la fatidica Città Eterna che ricapitola perfettamente, con la sua centralità sull’asse Nord-Sud, il mistero primordiale.
D’altra parte, tornando ad un aspetto storico-economico, se è vero che attualmente le potenze talassocratiche del dollaro stanno tiranneggiando il mondo con la finanza virtuale ed il turbocapitalismo, è anche vero che non tutte le talassocrazie furono anglosassoni e capitaliste, insomma sarebbe davvero insensato buttare nello stesso calderone Atene, la Repubblica di Venezia ed in parte la stessa Roma (che definì il Mediterraneo Mare Nostrum) con l’Impero Britannico e gli attuali USA.
Ancor più insensato sarebbe per l’Italia adottare una tellurocrazia che la relegherebbe ad un ruolo di terzo piano nello scacchiere geopolitico internazionale. Dunque invece di rincorrere utopiche alleanze eurasiatiche ed idolatrare un fantomatico nuovo “heartland” zarista/sovietico sarebbe il caso di adoperarsi innanzitutto per un’Italia sovrana in un’Europa sovrana. Un’Italia che faccia valere la sua vocazione marittima e sappia guardare verso Suez ricordando ad una U.E, ormai priva del Regno Unito, le parole di Aldo Moro:
Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa ed essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo.
E’ dunque la natura stessa che chiama ogni italiano a misurarsi con il mare, per questo, parafrasando un termine che piacerà agli amanti delle culture esotiche, il Mediterraneo può davvero rappresentare la nostra grande e piccola “jihad”, ovvero un banco di prova dove esercitare le proprie virtù spirituali ed allo stesso tempo accrescere il bene comune della patria.
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