Programma di Riconquistare l’Italia per la Regione Lazio: immigrazione
[Dal programma della lista Riconquistare l’Italia per le elezioni regionali del 4 marzo 2018 – candidato Presidente Stefano Rosati]
Sull’intero sistema delle autonomie regionali esercita un notevole influsso il diritto UE, che interessa prevalentemente la gestione dei flussi migratori e gli standard di erogazione dei servizi sociali. Lo Stato ha il potere di definire le quote d’ingresso degli stranieri e di determinarne la ripartizione tra le varie Regioni. Tale attribuzione non appare più compatibile con il modello di decentramento delineato dalla modifica del titolo V della Costituzione a seguito della riforma federale, nel quale i servizi sociali sono prevalentemente affidati a livello territoriale e la loro gestione è indirizzata al rispetto del principio di autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali. Sono le Regioni, infatti, a sopportare le maggiori implicazioni sociali ed economiche dell’immigrazione e a possedere una conoscenza del territorio tale da poter indicare con maggiore precisione l’offerta di lavoro.
Le competenze regionali in materia d’immigrazione sono attribuite dal Testo Unico sull’immigrazione, a seguito del quale le Regioni approvano una mappatura delle risorse disponibili (per la regione Lazio, l’ultimo piano risale al 2015), la qualificazione degli operatori dei servizi ai migranti, l’integrazione ed il collegamento fra i servizi attivi, il potenziamento delle qualifiche professionali e della sezione mercato del lavoro. Le Regioni hanno dunque funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e valutazione delle politiche e di allocazione delle risorse finanziarie per la loro piena realizzazione, e svolgono un ruolo centrale nella definizione delle politiche di welfare e di accesso ai diritti sociali.
Le leggi regionali possono affidare compiti istruttori agli enti locali nell’ambito dei procedimenti per il rilascio e il rinnovo dei permessi e delle carte di soggiorno, nonché di richiesta di nulla-osta al ricongiungimento (sent. Corte Costituzionale n. 156 del 2006). Possono, inoltre, intervenire sul funzionamento dei C.I.E. (centri di identificazione ed espulsione), potendo svolgervi attività sia di osservazione e monitoraggio che di assistenza, con particolare riferimento a quella sanitaria (sent. Corte Costituzionale n. 300 del 2005). Regioni ed enti locali possono dunque adottare norme di dettaglio, pur senza poter disporre un’azione specificatamente incisiva sulla quantità dei sui flussi migratori.
I principi guida da seguire per le politiche regionali in tema di immigrazione sono i seguenti:
- monitoraggio e controllo severo;
- divisione in quote territoriali adeguate, evitando accuratamente il sovraffollamento;
- destinare risorse ai centri di accoglienza, per migliorare le condizioni umane di chi vi risiede;
- sostegno particolare per gli stranieri senza fissa dimora;
- programmi di servizio civile (lavoro) per gli immigrati che si trovano nei centri di accoglienza da parecchio tempo;
- creazione di iniziative di dialogo e incontri sul territorio fra stranieri ed italiani su diversi temi, con enfasi sulle differenze fra paesi e culture;
- lavorare su possibili strategie per facilitare i rimpatri.
Proponiamo anche di implementare politiche attive di sostegno al lavoro quando la strada del rimpatrio è impraticabile (quando l’immigrato è residente in Italia da molti anni) e di introdurre misure di sostegno per anziani senza fissa dimora extracomunitari, i quali solitamente vivono in Italia da diversi anni e, tuttavia, non avendo maturato i contributi necessari per arrivare alla pensione (servono almeno 20 anni di contributi) sono sostanzialmente condannati a vivere nei centri di accoglienza o nell’indigenza più totale.
La Regione dovrà convocare tavoli con CIM (centro d’igiene mentale), SERT (servizi per le tossicodipendenze) e le varie cooperative sociali che si occupano dei senza fissa dimora, per studiare un nuovo protocollo che affronti il disagio psicologico di queste persone che, essendo comunitarie (circa 80% dei paesi dell’est Europa), non possono essere rimpatriate con successo.
La regione potrebbe intervenire per superare l’impasse venutasi a creare tra Comune e cooperative sociali (ad Ostia, nello specifico, ma esistono altre situazioni similari) anche sfruttando una sentenza della Corte dei Conti che riconosce i centri di prima accoglienza come servizi essenziali e, in quanto tali, non necessariamente assegnabili tramite bando ma con assegnazione diretta.
Commenti recenti