Uno è per me diecimila, se è il migliore, affermava Eraclito di Efeso auspicando un governo dei più virtuosi in grado di interpretare e tradurre il Lògos nell’amministrazione della cosa pubblica. Una visione per così dire aristocratica, quella del filosofo presocratico, che si è riverberata nel corso dei secoli influenzando i più grandi pensatori della civiltà occidentale. Eppure la cronaca politica dell’Italia del XXI sec. ci presenta un quadro diametralmente opposto, l’ideologo del primo partito del bel paese facendo leva sullo slogan: uno vale uno, quindi affermando sostanzialmente il contrario di ciò che diceva Eraclito, è riuscito a scardinare democraticamente i portoni dei palazzi del potere, entrando di diritto nelle istituzioni repubblicane. Innanzitutto va detto che questo articolo non intende trattare nel merito l’aspetto meramente politico del movimento in questione bensì il metodo con cui si è imposto e le cause che hanno reso possibile la sua ascesa.
E’ necessario sottolineare fin da subito che la formula: uno vale uno, dell’imprenditore milanese Gianroberto Casaleggio, pur non trovando un riscontro nella reale gestione del Movimento 5 Stelle, che al contrario è ben controllato da un ristrettissimo gruppo di vertice, è stata rispettata nella scelta dei candidati ai due rami del parlamento, infatti i volti e le storie dei senatori e deputati del moVimento sono quelli di persone comuni con percorsi di studi e lavorativi spesso finanche sotto la media nazionale. Insomma nella stragrande maggioranza dei casi individui di una semplicità disarmante che annullano qualsiasi differenza tra votante e votato. I fondatori del moVimento hanno evidentemente intuito che dopo il crollo della classe dirigente della prima repubblica e le accuse infamanti alla nuova “casta”, l’opinione pubblica italiana aveva costruito un profondissimo solco ideale tra i politici e la cittadinanza. A torto o a ragione nell’immaginario collettivo di massa l’amministratore, l’uomo delle istituzioni, è: ladro, parassita e privilegiato; la cittadinanza è invece vittima vilipesa e frodata. Si noti quanto il quadro d’insieme sia simile anche nella terminologia all’impianto di base che ha preceduto la Rivoluzione francese, non a caso la piattaforma organizzativa Cinque Stelle viene ribattezzata Rousseau.
La volontà dei fondatori del moVimento a questo punto è ben delineata: insistere sullo scontro tra classe politica e cittadinanza portando fino al suo estremo la retorica della mitologia egualitaria. Sotto questo aspetto i Cinque Stelle viaggiano a favor di vento, quasi trasportati dalla corrente culturale mainstream che reclama una società sempre più orizzontale e aderente al celebre motto: Liberté, Égalité, Fraternité. Sotto questo aspetto l’humus sociale in cui si trova ad operare il moVimento è decisamente fertile basti pensare che in Italia, di pari passo con l’avanzata grillina, stiamo assistendo al livellamento verso il basso della più importante istituzione gerarchica e verticale del mondo: la Chiesa di Roma. Con il Concilio Vaticano Secondo infatti la triade rivoluzionaria arriva fin sul trono di Pietro, la nuova chiesa promulga la “libertà” religiosa, attesta l’”uguaglianza” con la collegialità (che introduce il principio dell’egualitarismo democratico) ed infine promuove la “fraternità” attraverso l’ecumenismo che abbraccia tutte le religioni.
Il cattolicesimo romano si trasforma così nella più grande organizzazione non governativa del mondo non difforme da quel cristianesimo che per Nietzsche:
ha fatto una guerra mortale ad ogni senso di venerazione e di distanza fra uomo e uomo, cioè al presupposto di ogni elevazione, di ogni sviluppo della cultura – con il risentimento delle masse si è fabbricato la sua arma principale
e ancora:
il Vangelo degli “umili” rende umili e bassi.
Agli antipodi troviamo le dichiarazioni del comico genovese Beppe Grillo, il leader carismatico del Movimento afferma:
Il MoVimento 5 Stelle è nato, per scelta, il giorno di San Francesco, il 4 ottobre del 2009. Era il santo adatto per un MoVimento senza contributi pubblici, senza sedi, senza tesorieri, senza dirigenti. Un santo ambientalista e animalista. La politica senza soldi è sublime, così come potrebbe diventare una Chiesa senza soldi, un ritorno al cristianesimo delle origini
ed in un’altra intervista aggiunge:
Noi stiamo con gli ultimi come Papa Francesco.
Ecco che la formula dell’ognuno vale uno diviene slogan e simbolo di una forza politica che si propone di portare nelle istituzioni l’uomo nuovo dell’egualitarismo, un uomo indifferenziato e orizzontale.
Dopo aver trionfato sulla corona e la tiara, il blob egualitarista si dirige grazie al web e alle nuove tecnologie fino al centro dell’uomo stesso. Casaleggio sull’uso della rete è perentorio:
La Rete crea comunità; di queste la più grande è il genere umano, che mai prima d’ora ha potuto relazionarsi, condividere, decidere del suo destino in tempo reale.
Per il guru pentastellato il web è: un’opportunità unica per creare un’intelligenza collettiva che possa affrontare i problemi globali. Insomma ciò che ne esce fuori è una sorta di turbo-mondialismo pronto a sacrificare ogni identità nazionale, e ogni merito individuale sull’altare di una metafisica intelligenza collettiva globale. Il confine con una qualsiasi setta new age è davvero molto sottile, d’altra parte nelle teorie di Casaleggio è impossibile non rilevare una matrice antropocentrica incline al gesuita francese Theilard de Chardin, che a sua volta asseriva:
È nel nostro dovere di uomini e donne comportarci come se i limiti delle nostre capacità non esistano. Noi siamo i co-creatori dell’Universo.
Guardando il moVimento da questa angolazione, risulta piuttosto evidente anche il motivo per cui i vertici hanno adottato un programma politico piuttosto evanescente che non stabilisce dei punti fermi su materie di importanza fondamentale quali la moneta europea o l’immigrazione ma fa del reddito di cittadinanza garantito una sorta di dogma imprescindibile. Esso è infatti il primo passo verso un ideale livellamento della società che si vuole collettiva, globale e interconnessa. Se il marxismo reclamava più diritti e un miglior salario per il lavoratore, il moVimento si spinge più avanti ed esige più diritti ed un salario garantito per qualsiasi cittadino. L’antitesi col mondo classico è totale!
Nulla di più lontano dalla Repubblica di Platone che, influenzata a sua volta dalla tripartizione sociale indoeuropea, auspicava una società divisa in tre classi: produttiva, difensiva e governativa; nulla di più lontano dalla romanità che prevedeva un lungo “cursus honorum” per l’aspirante politico. Nel perentorio uno vale uno non c’è spazio per nessuna distinzione, al bando santi ed eroi; l’uomo nuovo del tecno-egualitarismo non sopporta alcuna gerarchia poiché figlio legittimo di un cristianesimo evirato e di un marxismo impazzito, la mediocrità e lo standard unico lo rassicurano e lo mettono al riparo dal sentirsi piccolo ed inadeguato, sicché urla sempre più forte per nascondere la paura e la vergogna: la paura di non essere nulla e la vergogna di credersi tutto.
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