La ripresa del settore energetico libico è stata al centro della seconda giornata di lavori della conferenza “Time for Action“, organizzata dalla Camera di Commercio Italo-Libica nell’ambito della prima missione imprenditoriale italiana dalla caduta del regime di Gheddafi nel 2011.
Dopo i saluti del primo ministro del Governo di Accordo Nazionale Fayez Al Serraj, sulla questione sono intervenuti il presidente della NOC (National Oil Company) Mustafa Sanallah e il ministro dell’Elettricità Abdul Majeed Hams.
“Il petrolio rappresenta il 95% dell’economia nazionale libica – ha spiegato il presidente della NOC Sanallah – Con l’Italia c’è un forte legame storico e una vicinanza geografica strategica. In questa fase il vostro Paese ha un ruolo molto importante per noi. Nel 2014 Eni è rimasta in Libia mentre le altre compagnie hanno lasciato il Paese. Negli anni più difficili insieme agli operatori di Eni abbiamo tenuto la produzione sui 20mila barili al giorno e grazie al gas esportato in Italia abbiamo potuto tenere bassi i nostri prezzi”.
Nonostante le difficoltà oggettive legate alla sicurezza, per il settore petrolifero libico Sanallah prevede una fase di crescita.
“Oggi la situazione in Libia rimane certamente fragile ma non impraticabile – ha specificato -. Eni e NOC hanno un rapporto strettissimo con più di 60 contratti nell’Oil & Gas, ma ci sono ancora il 50% di giacimenti da scoprire o da ripristinare. Siamo molto interessati ad avviare contatti con le società che si occupano di manutenzione di infrastrutture marittime. Vogliamo costruire una nuova nostra sede a Bengasi e tornare a operare nel sud del Paese. Ma per farlo serve riformare la legge sugli investimenti, così come serve il contributo dell’Italia e delle imprese italiane per i nostri progetti di sviluppo”.
“Dall’inizio della guerra nel 2011 in Libia – ha spiegato il ministro – la costruzione di nuove centrali per la produzione di energia elettrica è stata bloccata. La produzione si è così fermata a 600 MW, ma negli anni la richiesta è continuata ad aumentare fino a 7.200 MW. Il blocco dei progetti per lo sviluppo della rete interna ha perciò creato una lacuna enorme che però adesso può rappresentare un’opportunità di lavoro per quelle imprese italiane che intendono tornare a investire in Libia”.
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