Macron e Merkel mettono all’angolo le banche italiane sui crediti deteriorati ma si scordano dei derivati tedeschi e francesi
di BUSINESS INSIDER ITALIA (Carlotta Scozzari)
Dopo l’incontro del 19 giugno al castello di Meseberg tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron, Germania e Francia hanno messo per iscritto una lista di punti “per l’area dell’euro”, in vista del vertice dell’Unione europea in programma la prossima settimana a Bruxelles, che passa inevitabilmente dal mondo bancario. “Per garantire un’economia forte – si legge all’inizio del documento – l’Unione europea ha bisogno di una unione monetaria forte. Questa moneta è l’euro”. E “condividere la stessa moneta comporta specifiche necessità in termini di coordinamento economico e integrazione”. Da qui la decisione di Francia e Germania di proporre alcuni “passaggi cruciali per rafforzare l’area dell’euro e renderla una genuina unione economica”.
- 19/04/2018 Berlino, la cancelliera Angela Merkel incontra il presidente francese Emmanuel Macron – Xinhua/Avalon.red / AGF
Per raggiungere questo obiettivo, non si può non passare dall’Unione bancaria. Dentro questo ambito, Macron e Merkel hanno ritenuto particolarmente urgente la questione dei crediti deteriorati (non performing loan o npl), che riguarda da vicino soprattutto le banche italiane (da tempo al lavoro per alleggerire i bilanci dal macigno degli npl). Ecco quel che si legge nella parte dell’accordo tra Germania e Francia che riguarda l’Unione bancaria:
“Per i nuovi npl, sosteniamo la proposta della Commissione europea e della Bce sugli accantonamenti”. Il riferimento è alla proposta, che ha incontrato una netta opposizione dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, di svalutare al 100% in due anni i crediti deteriorati non garantiti. Per gli npl garantiti, invece, è previsto che la copertura avvenga nell’arco di otto anni. “Faremo tutti gli sforzi possibili affinché la proposta della Commissione europea venga adottata entro la fine del 2018″, scrivono Francia e Germania nel documento congiunto.
“Per gli stock di npl già esistenti:
- Dovrebbe essere introdotto un obiettivo del 5% degli npl lordi (sul totale dei crediti lordi della banca, ndr) e del 2,5% degli npl netti (sul totale dei crediti netti della banca, ndr) per tutte le banche. Le autorità competenti definiranno strategie individuali per la riduzione degli stock di npl da parte degli istituti di credito di dimensioni rilevanti.
- Dovrebbe esserci un appropriato monitoraggio da parte dell’Ssm (Single supervisory mechanism, il nuovo meccanismo unico di vigilanza operativo dal 2014, ndr) e dell’Eba (European Banking Authority, ossia l’Autorità bancaria europea, ndr) per verificare i progressi fatti.
- Gli Stati membri/banche che non raggiungeranno questi obiettivi dovranno fare sforzi specifici anche nella cornice delle norme che disciplinano le insolvenze per raggiungere gli obiettivi in un breve lasso di tempo.
Tale soglia del 5% di npl ratio (crediti deteriorati su totale crediti) in termini lordi era già contenuta nelle bozze di linee guida sulla gestione delle esposizioni deteriorate e ristrutturate messe in consultazione dall’Eba dall’inizio di marzo all’inizio di giugno. Un obiettivo che l’Abi, l’Associazione delle banche italiane guidata da Antonio Patuelli, aveva bollato come ingiustificato in una riunione di aprile. “Tale valore – aveva obiettato l’Abi – non appare sufficientemente giustificato in particolare alla luce del permanere delle rilevanti differenze in termini di tempi di recupero dei crediti per via giudiziale tra gli Stati membri dell’Unione europea”.
Nel frattempo, il 19 giugno, il capo della supervisione unica della Bce, Daniele Nouy, dopo aver ricordato il lavoro parallelo di Bce e Commissione per evitare i nuovi npl, ha sottolineato come “sulla questione di come affrontare gli stock, stiamo ancora sviluppando la nostra policy, e mi aspetto di poterla discutere nei dettagli più tardi nel corso dell’anno”.
Definiti questi obiettivi sugli npl, alcuni punti importanti dell’accordo tra Germania e Francia balzano subito all’occhio. Innanzi tutto, non viene stabilito il periodo di tempo entro cui le soglie sui crediti deteriorati devono essere raggiunte. In secondo luogo, tali obiettivi colpiscono con maggiore vigore le banche italiane, per le quali come detto la zavorra dei crediti deteriorati rappresenta il vero tallone di Achille.
- Npl lordi su crediti lordi totali a confronto – Elaborazione Pwc su dati Eba
“Stando ai dati forniti dall’Eba e riferiti al quarto trimestre del 2017 – osserva Vito Ruscigno, associate partner di Pwc – i paesi che dovranno lavorare di più per raggiungere il target del 5% sono Italia, Portogallo, Cipro, Irlanda, Slovenia e Grecia che presentano percentuali di npl lordi rispettivamente dell’11,1%, 16,6%, 32,3%, 11,2%, 11,2% e 45 per cento. Prendendo in considerazione soltanto i paesi con percentuali sopra il target, il loro ammontare complessivo di npl lordi risulta oltre la metà, per la precisione pari al 50,5%, di quello totale dell’area dell’euro, con l’Italia che con i suoi 186,7 miliardi di crediti deteriorati lordi gioca un ruolo di primo piano. Nel dettaglio, il valore complessivo dei crediti lordi dei paesi oltre la soglia del 5% è di 369 miliardi, mentre è pari a 361,5 miliardi per i paesi sotto il target”.
Tuttavia, alcuni osservatori fanno notare che da inizio 2018, complice l’introduzione del nuovo standard contabile Ifrs9 che tra le altre cose consente di computare le rettifiche su crediti a patrimonio senza alcuna rilevazione a conto economico, le banche italiane potrebbero avere già ridotto il rapporto tra npl lordi e prestiti complessivi, secondo alcuni addirittura dall’11,1% in area 7%, quindi con uno scarto decisamente minore rispetto alla soglia limite ipotizzata al 5 per cento.
Infine, nella sezione dell’accordo tra Merkel e Macron riguardante l’Unione bancaria, non si fa alcun cenno alla questione dei derivati, che in alcuni casi costituiscono un problema per i bilanci degli istituti di credito tedeschi o francesi. Un tema, quest’ultimo, su cui è tornato spesso il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. Da una parte, secondo il banchiere, ci sarebbero infatti le norme, ritenute troppo rigide, sui crediti deteriorati, che penalizzano soprattutto gli istituti di credito italiani. Dall’altra, Messina ritiene che il regolatore europeo si sia mosso e si stia muovendo con la mano troppo leggera sui titoli derivati e strutturati di tipo “level 2” e “level 3” che abbondano invece nei bilanci degli istituti di credito stranieri, soprattutto tedeschi e francesi.
- 26/01/2017 Torino, celebrazioni per i dieci anni di sodalizio tra Banca Intesa e Banca Sanpaolo, nella foto Carlo Messina – Giulio Lapone Sync / AGF
“L’interesse del regolatore a ridurre i crediti deteriorati è giusto – aveva detto Messina lo scorso febbraio in occasione della presentazione del piano industriale di Intesa – ma sono completamente in disaccordo con il metodo. La mia impressione è che la posizione della Bce sugli npl sia giusta, perciò noi abbiamo fatto i nostri compiti a casa, ma ora è arrivato il momento di affrontare anche altri problemi delle banche, come per esempio le attività di level 3, pezzi di carta valutati sulla base di modelli, mentre gli npl sono spesso garantiti da collaterale”. Una disparità di trattamento che per Messina è “inaccettabile”.
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“C’è qualcosa che non funziona su questo fronte a livello europeo. Non si stanno facendo le cose uguali per tutti perché i regolatori sono francesi e tedeschi”. A ogni modo, ha concluso Messina, “ora mi aspetto per le banche tedesche e francesi (sui derivati e i titoli strutturati) lo stesso trattamento” che hanno avuto le italiane sugli npl. Stando all’accordo messo per iscritto da Germania e Francia, quel giorno sembra essere ancora lontano.
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