Un hobby a cottimo
di SINISTRAINRETE (Collettivo Clash City Workers)
I raiders da dizionario sono i membri di un commando che agisco veloci nell’assalto, che, insomma, fanno raid. Nelle nostre città: compatti, all’assalto del mercato del food delivery.
I fattorini li conoscono tutti, consegnano di tutto e lavorano per qualcuno di preciso, qualunque mezzo di trasporto usino; i raiders, invece, sono una specie strana, dicono vadano solo in bici perché gli piace e che lavorino per sé. La definizione militaresca li colloca su un altro pianeta fatto di avventura, dedizione, desiderio di conquista, ma la realtà è un’altra.
I riders sono coloro che lavorano per piattaforme come Just Eat, Delive roo, Glovo, Sgnam, Food Pony, Foodora, My Menu consegnando, principalmente in bicicletta, il cibo a domicilio. Anche in Italia i raiders hanno iniziato a organizzarsi come veri lavoratori, anche se le politiche aziendali sono basate sulla tesi che chi lavora nelle consegne tramite app e algoritmi sia nulla più che un ‘collaboratore’ autonomo, quasi un imprenditore. Nel febbraio scorso il primo sciopero nel bolognese ha bloccato le piattaforme per due ore e costretto alcune compagnie a sospendere il servizio, prima a tratti e poi definitivamente per l’intero turno serale. L’organizzazione è dunque arrivata anche in una media città, dopo che in quelle più metropolitane il percorso di organizzazione è partito da tempo con mobilitazioni significative a Milano e Torino, e qualcosa inizia a muoversi anche a Roma. Man mano che il servizio si estende si estendono anche le mobilitazioni di lavoratrici e lavoratori, anche se si parte da uno squilibrio di potere fortissimo.
Il potere contrattuale delle piattaforme di food delivery deriva dall’esclusività del rapporto di committenza con ciascun fattorino. Il reclutamento, la presa in carico di una consegna, il pagamento, avvengono mediante un’app, per cui ogni lavoratore si relaziona solo con la piattaforma e non con gli altri raiders. Anzi, alcune piattaforme come Glovo utilizzano un sistema di ranking che li mette in competizione tra di loro. In pratica, questa new economy è tut-t’altro che nuova: usa il cottimo per innescare una gara al ribasso tra i lavoratori, per cui per aggiudicarti più consegne devi essere disposto a rischiare di più nel traffico (1), a lavorare con le peggiori condizioni meteo e tutti i week end, ad accettare una minore retribuzione e nessuna garanzia.
Un’opportunità per chi ama andare in bicicletta
Mercoledì 11 aprile il tribunale di Torino ha respinto il ricorso di sei riders Foodora contro i licenziamenti seguiti alle proteste di fine 2016. I lavoratori volevano vedersi riconosciuto lo status di lavoratore dipendente, come già diverse sentenze hanno sancito per lo stesso settore in Gran Bretagna.
La mobilitazione dei corrieri di Foodora a Torino inizia a ottobre 2016, quando un gruppo di loro si ribella a un’ondata di nuove assunzioni con paga a cottimo: ogni consegna è pagata 2,70 euro, senza stipendio fisso, cioè senza retribuzione per i tempi di attesa. Tempi in cui i lavoratori rimangono in strada a disposizione dell’azienda, fornendo anche un servizio di marketing con le loro divise appariscenti. Un sistema che permette a Foodora di non doversi preoccupare di dimensionare la forza lavoro: può attivare centinaia di riders, tenerli a disposizione e chiamarli solo quando realmente servono, lasciandoli per tutto il resto del tempo in attesa.
Dopo un primo incontro interlocutorio con i lavoratori, i manager italiani di Foodora scompaiono e si limitano a rilasciare dichiarazioni secondo cui le rivendicazioni dei riders sarebbero irricevibili, perché quello che all’azienda frutta centinaia di milioni di utili sarebbe meno che un lavoretto, un hobby, “un’opportunità per chi ama andare in bici, guadagnando anche un piccolo stipendio” (2). Passano poche settimane e al silenzio si sostituisce la ritorsione: due promoter, accusate di aver partecipato a una riunione dei raiders in sciopero, vengono licenziate, mentre i corrieri che si lamentano delle condizioni di lavoro vengono disconnessi dall’app: comoda e rapida procedura di licenziamento 4.0.
L’abbattimento della parte fissa della retribuzione in favore di quella variabile è ormai una tendenza consolidata anche in settori più tradizionali, come ci confermano tutti gli ultimi rinnovi dei Ccnl (3). In questa maniera non solo le aziende scaricano il rischio sui lavoratori, ma riescono anche a forzare la competizione interna perché chi è più veloce e disponibile sale nel ranking, si vede assegnati più ordini e di conseguenza guadagna (un po’) di più. Tutto questo si traduce nel dover accettare cottimo, attese e turni sfinenti, muoversi in bici con un carico quando la domanda è massima, ovvero nelle peggiori condizioni atmosferiche e, se ci si oppone, scontrarsi con la posizione contrattuale debolissima.
Alta mobilità del conflitto
A fine 2016, quando scadono i vecchi contratti con paga oraria, i corrieri Foodora Torino che avevano scioperato non ricevono alcun rinnovo e decidono di fare causa fino all’epilogo, momentaneo, della sentenza di primo grado. Il tribunale torinese ha infatti stabilito che questi corrieri non siano assimilabili a lavoratori subordinati, nonostante abbiano divisa, turni assegnati e siano sotto la direzione e il costante controllo dei manager dell’azienda. I corrieri e i loro avvocati hanno già annunciato ricorso, ma intanto la lotta va avanti anche in altre aziende.
Alcuni dei licenziati sono passati a un concorrente, Deliveroo, e si sono subito organizzati insieme ai colleghi. Anche qui, a inizio 2018 l’azienda ha effettuato un’ondata di assunzioni di ‘cottimisti’, raddoppiando praticamente la flotta e instaurando un nuovo sistema di gestione dei turni che ne permette la cancellazione autonoma da parte dei corrieri. Con questa organizzazione del lavoro si formano due categorie di rider: quelli ‘bravi’ e disponibili che hanno molte ore assegnate e finiscono per lavorare quasi come un tempo pieno, ma senza alcuna tutela e diritto, e quelli ‘tappabuchi’ che invece devono stare sempre a disposizione e connessi all’app nella spasmodica attesa che qualche collega liberi un turno per poter lavorare un paio d’ore nella settimana.
I corrieri di Deliveroo Torino hanno avviato una mobilitazione contro il pagamento a cottimo, per l’annullamento di questo nuovo sistema di organizzazione del lavoro che divide ulteriormente i lavoratori, e per ottenere un’assicurazione che copra anche i periodi di malattia a seguito di incidenti sul lavoro. Tra marzo e aprile i rider torinesi di Deliveroo hanno dato vita a uno sciopero selvaggio: si sono dichiarati disponibili per il proprio turno in modo da sapere dove ci fosse una richiesta di ritiro, ma poi, invece di rispondere alla chiamata, si sono recati al ristorante per parlare con il corriere che Foodo-ra, poco dopo, avrebbe mandato al posto loro a eseguire la consegna. Un meccanismo di sciopero semplice ed efficace che gli ha permesso di mandare in tilt il servizio e mettere in contatto tanti colleghi, superando uno dei principali problemi dell’organizzazione delle lotte in questo settore: la dispersione e l’assenza di un luogo fisico di ritrovo.
Ovviamente anche questo strumento di lotta non può durare a lungo, perché saltare la consegna significa calare nel ranking e quindi vedersi assegnati sempre meno ordini. I corrieri di Deliveroo hanno così deciso di andare negli uffici del manager a Milano per chiedere conto della loro condizione. Qui l’azienda non solo ha negato l’incontro, ma ha addirittura chiamato la polizia per far cacciare i lavoratori.
Proprio a causa delle enormi difficoltà a portare avanti la mobilitazione in situazioni di lavoro così deregolamentate e dispersive, occorre a maggior ragione costruire relazioni e solidarietà tra tutti i corrieri di diverse città e aziende. Per questo domenica 15 aprile a Bologna si è tenuto un importante incontro tra i raiders di diverse città italiane ed europee: Milano, Torino, Roma e Firenze, ma anche Bruxelles e Parigi. Si è discusso della condizione di lavoro, delle sentenze che ci sono state in diversi Paesi, dei metodi di lotta che ognuno ha messo all’opera, della costruzione di una piattaforma rivendicativa unica. In questo senso molto interessante la proposta di scrivere una Carta dei diritti, che bandisca l’arcaico sistema della paga a cottimo, riconosca i diritti dei lavoratori al di là dello status giuridico di lavoratore dipendente, garantisca una copertura assicurativa anche nei periodi di infortunio, tuteli la privacy di lavoratori che vengono costantemente monitorati tramite le app, istituisca un’indennità per i turni di lavoro in condizioni meteo gravose, obblighi le aziende a partecipare alle spese di manutenzione dei mezzi di lavoro (la bicicletta in primis).
Insomma tanti punti, tante rivendicazioni che è sempre più urgente portare avanti. Stiamo parlando di un settore, quello del cibo a domicilio, dove operano colossi europei come Just Eat, Deliveroo, Foo-dora, e che non è ammissibile possano trattare un lavoro che genera centinaia di milioni di utili alla stregua di un ‘lavoretto’ o di un hobby. Anzi, la capacità e la tenacia organizzativa dei riders dimostra tutta l’ipocrisia che si nasconde dietro il vezzeggiativo ‘lavoretto’: un tentativo di declassare il lavoro prestato in attività di serie B. Questi ‘ragazz*’ dimostrano invece, con la lotta, di percepirsi esattamente per quello che sono: lavoratrici e lavoratori.
* * * *
Primo Maggio: un’intervista
Il corteo del primo maggio, a Milano, è stato aperto dai raiders che hanno chiamato a raccolta tutti i colleghi, invitandoli a sloggarsi per un giorno. Il sindacato sociale Deliverance Milano, insieme all’assemblea dei lavoratori Deliveroo Strike Raiders, ha infatti diffuso, nelle settimane precedenti, un vademecum per lo sciopero a misura di lavoratore delle piattaforme.
Disconnettersi dall’app per 24 ore è stato solo uno dei possibili modi per partecipare alla giornata di lotta insieme agli altri lavoratori. Siamo andati a vedere chi erano i fattorini in piazza, e attraversando il corteo insieme a loro non abbiamo incontrato solo giovani ragazzi, ma tante persone adulte costrette a salire in bici per sbarcare il lunario dopo aver perso il proprio posto di lavoro. Ne abbiamo approfittato per fare qualche domanda a una lavoratrice, nome di fantasia Laura, di Deliveroo.
CCW. Quando hai iniziato a lavorare per Deliveroo e quanto ti pagano?
Laura. Ho iniziato a settembre 2017 per una paga di 6,40 euro all’ora, ma sono tra le ‘fortunate’, perché adesso vogliono togliere il pagamento orario e introdurre il cottimo. Questo vuol dire che i nuovi arrivati verranno pagati a consegna, e che per tutto il tempo passato in strada ad aspettare nuovi ordini non avranno diritto a nessun compenso. Peccato che nel frattempo, oltre a rimanere a disposizione dell’azienda, gli garantiscano anche un bel guadagno in termini di pubblicità grazie alla pettorina che siamo tutti obbligati a indossare.
CCW. Ad aprile il tribunale di Torino ha respinto il ricorso di sei riders di Foodora che chiedevano il riconoscimento dello status di lavoratore dipendente, ribadendo che i fattorini sono invece da considerarsi lavoratori autonomi. Come si riflette questa decisione sui vostri diritti e sulle vostre condizioni di lavoro?
Laura. In quanto lavoratori autonomi non abbiamo nessun diritto, se facciamo le consegne veniamo pagati altrimenti non ci spetta niente. Non abbiamo diritto a malattie né ferie pagate, tutti diritti per cui invece continueremo a lottare, perché un fattorino che lavora 40 e più ore a settimana, in media (ma c’è anche chi arriva ad 80 ore) per un’azienda non è un lavoratore autonomo, è evidentemente una persona che ha grosse difficoltà economiche e per necessità impegna il proprio tempo rendendosi disponibile in attesa di effettuare consegne. È un lavoratore che pedala da una parte all’altra della città, anche nelle condizioni climatiche più avverse, per portare a casa un compenso dignitoso. Per questo motivo, ha diritto ad avere ferie pagate, malattie pagate e tutte le altre tutele che spettano agli altri lavoratori.
CCW. Nonostante il vostro lavoro generi centinaia di milioni di euro per i colossi del cibo come Deli-veroo, Foodora e Just-eat, viene definito come un lavoretto, un hobby per chi ama andare in bicicletta. Un ‘passatempo’ che però si è rivelato molto rischioso, come dimostra il gravissimo incidente subito a Milano nei giorni scorsi da un fattorino di Glovo. Quanto pesa l’assenza di tutele anche sul fronte della sicurezza dei lavoratori?
Laura. L’assenza di un’assicurazione in caso di infortuni sul lavoro pesa tantissimo ed è una delle nostre principali battaglie. Il pagamento a cottimo rende questo lavoro ancora più pericoloso perché ti costringe a pedalare il più veloce possibile per garantirti il maggior numero di consegne e guadagnare di più. Per non parlare del sistema del rating, basato su statistiche di affidabilità che calano se rifiuti di lavorare nel week end o quando nevica. Un mio amico, dopo aver fatto un incidente durante un turno in bici, è dovuto restare a casa per un mese e mezzo. Oltre al danno di non aver avuto la malattia pagata, c’è stata anche la beffa. Il suo rating è sceso ed è stato ‘fatto fuori’, non riuscendo più a visualizzare i turni per prenotarsi.
CCW. Come forma di protesta contro questa nuova forma di sfruttamento, che affida la possibilità e la quantità di lavoro a un algoritmo, qualche settimana fa avete interrotto una conferenza tenuta a Milano in cui era stato invitato a parlare Matteo Sarzana, amministratore delegato di Delive-roo, esponendo uno striscione su cui appariva scritto il vostro algoritmo: “If cottimo, then sfruttamento”. Ci spieghi nella pratica come avviene l’assegnazione dei turni e come si determina la schiavitù dei riders da un algoritmo?
Laura. I turni settimanali si possono chiedere a partire dalle 11.00 di lunedi. Ma se il tuo rating cala perché hai rifiutato di lavorare un’ora e quindi sei meno ‘affidabile’, l’orario in cui puoi visualizzare i turni slitta sempre di più, finché se arrivi alle 17.00 ti restano solo le fasce peggiori. Tramite l’app, Deliveroo tiene traccia della tua disponibilità o meno a lavorare nei week end o nelle fasce in cui la domanda è più alta, cosa che accade tipicamente quando c’è maltempo. In questo modo, sarà un algoritmo a decidere se e quanto lavorerai e l’azienda seleziona di fatto i più veloci e disponibili, ovvero quelli che per maggiore necessità economica sono più costretti a subire questo ricatto.
CCW. Oggi, in concomitanza con lo sciopero del primo maggio, molti di voi hanno ricevuto un sms da Deliveroo, di che si tratta?
Laura. Abbiamo ricevuto prima un messaggio tramite l’app, che ci offriva un bonus di un euro se avessimo accettato di lavorare il primo maggio. Poi successivamente molti di noi hanno ricevuto direttamente un sms con l’offerta di un bonus di ben 3 euro per coprire i turni serali. È una prassi che usano spesso: quando ci sono scioperi o nevica, quindi soprattutto in situazioni insostenibili, loro ci offrono dei bonus che io ritengo ridicoli, perché vorrebbero che per pochi euro la gente rischiasse la vita o saltasse uno sciopero che invece è importante. Ma evidentemente oggi non ha funzionato, qui siamo tantissimi a non aver ceduto al ricatto dei bonus!
Note
1) Anche con conseguenze gravi, come il fattorino di Just Eat che ha perso una gamba il 17 maggio a Milano, schiacciato fra due tram
2) M. Bardesono, Sciopero dei ragazzi di Foodora «Noi che vi portiamo la cena in bicicletta, sfruttati e sottopagati», Corriere della sera, 8 ottobre 2016
3) Cfr. Collettivo Clash City Workers, Salari da fame, orari da pazzi: i nuovi contratti nazionali, Paginauno n. 46/2016
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