ROMA (WSI) – Congelare la spesa corrente primaria nominale, che significa blocco per i prossimi 3 anni delle uscite della Pa a quota 727,7 miliardi di euro.
Questo il progetto del ministro dell’economia Giovanni Tria come rende noto oggi Il Messaggero. Un progetto draconiano lo definisce il quotidiano con una intenzione netta.
“Bloccare del tutto la spesa corrente, dando fiato a quella per gli investimenti, fino ad oggi penalizzata nelle politiche di bilancio”.
I tagli ipotizzati ammonterebbero a 33 miliardi di euro in tre anni che farebbero risparmiare allo Stato già nel prossimo anno 10 miliardi di euro. Soldi necessari se si pensa all’introduzione di misure come la flat tax o il reddito di cittadinanza.
Ma quali sono queste voci che rientrano nella spesa corrente che dovranno essere penalizzate negli intenti di Tria al fine di pareggiare i conti?
In primis gli stipendi dei dipendenti pubblici. Solo nel 2018 lo Stato dovrà spendere 171 miliardi di euro che però negli anni seguenti è destinata a scendere. Tuttavia da sciogliere c’è il nodo aumento che dovrebbe scattare proprio nel 2019. Poi c’è il capitolo pensione la cui spesa, tra il 2018 e il 2021 a conti fatti, aumenterà di circa 23 miliardi di euro. Qualcosa qui si può fare, guardando il contratto di governo giallo-verde, solo sulle pensioni d’oro ma le barricate si sono già alzate.
Altro dossier che rientra nelle spesa corrente da sforbiciare è la spesa sanitaria quindi bloccare gli aumenti previsti, cosa che però stride con le promesse fatte in campagna elettorale da Lega e Cinque Stelle.
Allora dove si può intervenire? Sicuramente un fronte da maneggiare con cautela può essere quello della spesa per beni e servizi a cui hanno attinto anche i governi precedenti ma sarà difficile trovare solo lì quei 30 miliardi previsti dal ministro Tria.
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